mercoledì 8 giugno 2011

è tempo di chiudere bottega

La piccola bottega degli orrori mi ha tenuto compagnia per parecchio tempo, ma è ora di fare un po' di reductio.

Questo blog non sarà aggiornato, tutta la politica et cetera passerà di là sul blog di Bergen, così come gli avvertimenti di miei nuovi pezzi sul Bile o altri luoghi.

Il messaggio che volevo lanciare ormai quei dieci lettori che ho già lo conoscono; e probabilmente non serviva neanche lanciarlo a loro. Per cui basta accumulare una lista infinita di miserie e di sconcezze, che conosciamo purtroppo già a sufficienza. Non credo ce ne sia più bisogno. Lascerò il blog aperto ancora qualche giorno per consentirvi di prendere nota della sua chiusura.

Grazie a tutti per aver partecipato; ma non cambia nulla, ci sentiamo di là.

PS: Qualcuno conosce un modo facile di fare un backup di questo sito?

giovedì 2 giugno 2011

l'illusione della rete

Condivido questa riflessione di Zucconi: vediamo anche se si raggiungerà o meno il quorum, prima di dire che la rete conta davvero qualcosa.

"Quanto ha pesato, e quanto peserà, la Rete italiana nella disfatta del Pdl alle amministrative, nel referendum e nel futuro della politica italiana, oltre il caso del Movimento di Grillo? Visto che la debacle dei candidati berlusconi è stata frutto più dello “sciopero” degli elettori della Destra che della mobilitazione degli oppositori, e l’elettorato forzaleghista frequenta, secondo i rilevamenti, Internet meno dei simpatizzanti della Sinistra o degli antipatizzanti di Berlusconi, la Rete ha contato sì, no, quanto? Il mio timore è sempre lo stesso: che la autorefenzialità di blog, aggregatori, siti, cyberfanzine, newsite, social nwork ci ci porti a crederci più importanti di quello che siamo."

(Vittorio Zucconi)

mercoledì 25 maggio 2011

alleati probabili che si odiano inutilmente

Contrariamente a ciò che il Potere vorrebbe farci credere, non viviamo in un mondo liberista, né i governi organici al Sistema, di destra o di sinistra, si stanno adoperando per diminuire la presenza dello Stato nel regolamentare la vita dei cittadini. In realtà c'è un interventismo statale molto forte, pressante e in continua crescita – il fatto è che questo interventismo si muove a continua tutela delle classi privilegiate (si pensi ai soldi spesi per "salvare le banche" durante la crisi – una frazione di quei soldi basterebbe a risolvere crisi ecologiche o sfamare i poveri del mondo, ma per loro non c'è mai urgenza o necessità di azione).

La democrazia rappresentativa è stata svuotata dei suoi contenuti tramite il controllo dei partiti sulle istituzioni; a questo punto, il consociativismo fra partiti e soggetti forti (multinazionali, sindacati, banche, grandi capitali) ha fatto il resto, ricreando una società che punta a ritornare a un modello precedente a quello della Rivoluzione Francese, in cui il "popolo" o i "cittadini" costituiscono un nuovo Quarto Stato totalmente soggetto ai capricci e alle necessità del Sistema di autoconservarsi e dei Potenti di mantenerne il controllo.

Qui non si tratta più di un problema di destra o sinistra: il Capitalismo Consumista, come nota brillantemente il filosofo sloveno Slavoj Zizek, è riuscito a porsi in termini post-ideologici nonostante il fatto che sia una ideologia fortissima. In questo modo, esso si rappresenta come qualcosa di naturale e inevitabile, costringendo tutti gli attori politici, consapevolmente o meno, a elaborare soluzioni ai suoi problemi sempre lavorando dall'interno di esso; mentre abbiamo un disperato bisogno di uno sguardo da fuori, di una alternativa. Non ci sono motivi per cui uno strenuo difensore dell'ultraliberismo liberale e libertario debba disperarsi meno, per il modo in cui è governata e strutturata l'umanità, di un radicale di sinistra. Perché questo non è un mondo liberista, ma un mondo piagato da monopoli, lobby, patti di potere, in cui protezionismo e concorrenza sleale dominano ovunque, sempre per favorire i "soliti noti".

La differenza fra il pensatore progressista di sinistra e il pensatore liberale di destra, in questo senso, non è sui diritti fondamentali dell'uomo, ma sul modo di creare una alternativa. Il pensatore progressista di sinistra vuole cambiare la forma di controllo dello Stato sul Sistema (e non sui cittadini – perché lo Stato dovrebbero essere i cittadini – e qui sta la differenza fra la sinistra progressista, anche radicale, e la sinistra totalitaria); il pensatore liberale di destra vuole smantellare il più possibile il controllo dello Stato sul Sistema (tranne dove sia necessario per garantire i diritti fondamentali che precedono naturalmente, nel senso filosofico del termine, le libertà individuali).

Non ci vuole molto a capire che un mondo sinceramente liberista di destra, espresso in questi termini, sarebbe di gran lunga preferibile alla situazione attuale. E le mie posizioni socialiste radicali dovrebbero mettermi al di sopra di ogni sospetto quando faccio questa affermazione.

domenica 22 maggio 2011

Violenza su 13enne al parco, arrestato studente universitario

(da qui)

ENNA - Uno studente universitario nisseno è stato arrestato a Enna dagli uomini della Squadra mobile con l'accusa di avere violentato una ragazzina di 13 anni. La violenza è avvenuta ieri mattina alla villa comunale della Torre di Federico, a Enna. La ragazzina e un'amica avevano deciso di marinare la scuola e trascorrere la mattinata ai giardini pubblici. Avevano acquistato bevande alcoliche ed erano state raggiunte da due ventenni. Uno dei giovani si era allontanato quasi subito mentre F. B., 23 anni, di Caltanissetta, studente universitario a Enna, era rimasto con le ragazze, ormai evidentemente ubriache. La vittima era ormai in condizioni tali da non reggersi in piedi e il giovane, approfittando anche del fatto che all'ora di pranzo la villa era deserta, avrebbe cominciato un approccio sessuale abbastanza violento, al quale la tredicenne avrebbe reagito mentre l'amica guardava senza intervenire. Proprio a questo punto è arrivata la madre della vittima che, preoccupata per il ritardo della figlia, aveva contattato diverse compagne della ragazzina scoprendo che probabilmente era alla villa Torre Federico.

La donna ha trovato sua figlia stesa a terra, con il giovane che le aveva già abbassato i pantaloni e l'altra ragazza poco distante. F. B. vedendo sopraggiungere la donna è fuggito. La ragazza è stata portata all'ospedale Umberto I di Enna in ambulanza e qui è stato possibile ricostruire la vicenda. Gli uomini della Squadra mobile hanno rintracciato poco dopo lo studente che è stato portato in questura dove è stato riconosciuto dalla vittima e dalla madre di questa. Il giovane è stato rinchiuso nel carcere di Enna con l'accusa di violenza sessuale aggravata su minore di 14 anni.

(21 maggio 2011)

venerdì 6 maggio 2011

Nasconde il coltello nella vagina: presa

TALLAHASSEE – Nella sua vagina aveva nascosto un coltello e alcune pillole. Protagonista della vicenda è una ventottenne della Florida, Gloria Esther Perez: nel suo corpo ‘custodiva’ droghe e piccole armi. A scoprirlo gli agenti che avevano preso in custodia la donna dopo una lite avvenuta a Fort Myers.

La donna, che pesa circa 81 chili, è stata accompagnata nell’ufficio del vice sceriffo, ed era molto nervosa: “Continuava a mettere le mani in tasca e vicino alle sue parti intime come se stesse cercando di nascondere qualcosa”, hanno raccontato gli agenti. Poco dopo è emerso che la donna era in possesso di centinaia di pillole per le quali non aveva alcuna prescrizione.

Successivamente, sono stati i medici del Gulf Coast Hospital ad accorgersi dell’oggetto contundente nascosto nella vagina. Gloria aveva anche un altro coltello nel suo corpo, nascosto in un rotolo di grasso nello stomaco.

Gli esami dei medici hanno poi evidenziato la presenza di una “bottiglia di pillole” nel suo grasso corporeo. Ora la giovane è in manette e la sua cauzione è di 25mila dollari. L’accusa a suo carico è possesso illegale di armi e stupefacenti.

giovedì 5 maggio 2011

Picchiano disabile e gli tatuano un insulto sulla fronte

OKLAHOMA CITY - Prima lo hanno preso a calci e pugni, poi gli hanno stampato in fronte un insulto: violentatore. E' successo a un disabile con difficoltà di apprendimento, il 18enne Stetson Johnson. Secondo gli aggressori, il disabile li avrebbe molestati, facendo loro delle avances. Così, dopo averlo malmenato, hanno tatuato a fuoco sulla sua fronte 'Rapest', tra l'altro con un errore di ortografia. Ora sulla sua testa, per coprire l'altro, è tatuato una sorta di codice a barre.

Le forze dell'ordine intanto hanno ritenuto “senza alcuna prova” la loro versione dell'approccio sessuale e i 4 responsabili sono nelle loro mani, in attesa di conoscere la condanna. Le due donne e i due uomini sono stati accusati inoltre di aver fulminato i genitali del disabile con una pistola shock prima di picchiarlo fino a farlo svenire con una mazza da baseball. Uno degli accusati ha raccontato alla polizia di aver colpito Johnson perchè aveva cercato di fare sesso con uno di loro. Ma gli investigatori non hanno trovato prove delle loro accuse. Il ragazzo ha raccontato di conoscere tutti e quattro, ma di non aver mai provato a disturbarli. Inoltre, mentre Johnson veniva tenuto fermo da tre degli aggressori, sul torace del ragazzo è stato scritto a fuoco “mi piacciono i ragazzi”. Poi gli aggressori hanno messo il disabile in macchina e l’hanno trasportato al Lago Eagle a Del City, dove è stato picchiato con una mazza da baseball: per una ferita in testa ha avuto bisogno di 18 punti di sutura. Johnson ha raccontato di essere rimasto senza coscienza e poi di aver cercato aiuto al suo risveglio.

mercoledì 20 aprile 2011

Uccide un amico, con il cadavere prepara dei ravioli e li vende

(da qui)

SIBERIA – Cinghiz Bubeiev, trentenne contadino del luogo, è finito alla sbarra perché il 22 febbraio scorso ha ucciso un amico durante una violenta rissa scoppiata dopo una bevuta. Con l’aiuto di un altro amico, Bubeiev ha fatto a pezzi il morto. E’ riuscito a vendere una consistente quantità del cadavere ai vicini, spacciandola per carne di cavallo. Ma la tragica vicenda non è finita qui. Ha poi tritato le parti più tenere e le ha usate per la preparazione dei pelmeni,deliziosa versione russa degli italianissimi ravioli. Dopo il pasto ha donato quelli avanzati alla mensa della parrocchia del paese.

Il piatto, nonostante il disgustoso ripieno, è stato assaggiato da un ristoratore locale che, ignaro dell’ingrediente “inusuale”, ma stupito dalla bontà e dal sapore di quei ravioli, ha prontamente proposto un incarico da chef nel proprio ristorante a Cinghiz Bubeiev. L’uomo, dopo un’iniziale indecisione, ha rifiutato la proposta affermando che ”il piatto era una specialità della sua famiglia da anni, la nonna gli aveva rivelato l’ingrediente segreto e non intendeva renderlo pubblico.“ ( tratto dalla testimonianza del ristoratore )

mercoledì 13 aprile 2011

Tredicenne violentato in gita da sette compagni di scuola

(da qui)

I suoi aguzzini sono i compagni di classe. Quelli con cui studia e gioca, con i quali va a fare la gita scolastica di fine anno. Tredicenni come lui. L'occasione è un viaggio in Puglia. Due giorni e due notti da incubo. Seviziato da sette compagni che lo usano per rapporti orali. Che lo minacciano, gli dicono di non dire niente a nessuno. E quando uno dei sette aguzzini ha un ripensamento, dice agli altri che è finalmente ora di smetterla, viene minacciato anche lui. Due notti da incubo nell'albergo in Puglia, lo stesso dove alloggiano i professori che hanno accompagnato in gita la terza media.

e che dovrebbero sorvegliarli. Sono loro i responsabili dei minorenni, ben otto docenti. La vittima racconta tutto ai genitori quando torna a casa. E loro, distrutti dal dolore, fanno una denuncia dettagliata alla preside, nero su bianco. Ma una settimana dopo le forze dell'ordine non sanno ancora nulla di quella violenza di gruppo. Saranno i carabinieri a cercare i genitori del ragazzo, grazie alle informazioni ricevute da conoscenti.

Sevizie di bambini su bambini. Tutti lo sanno ma nessuno parla per una settimana. Ma questo non è un ghetto di chissà quale luogo abbandonato dalla civiltà. È Posillipo e i sette aggressori come la vittima sono rampolli di famiglie bene, genitori professionisti. Tutti iscritti alla terza media della scuola Marechiaro, ultimo anno e nessuno che ha ancora compiuto quattordici anni. Tant'è che i carabinieri del luogotenente Tommaso Fiorentino, dopo aver raccolto la denuncia dei genitori, non hanno potuto far altro che consegnare al tribunale dei minori il fascicolo con i sette nomi. Ragazzi che non sono imputabili ma che ora andranno attentamente seguiti. La vittima non è per ora andata più a scuola, mentre lo stesso istituto dovrà necessariamente prendere dei provvedimenti.

Storia raccapricciante accaduta una settimana fa. L'anno scolastico è alla fine, e come sempre c'è una gita per gli alunni della terza media. La partenza per la Puglia e il ritorno sono la fotografia di una scolaresca festosa e scalmanata. Ma in questo caso i sette non pensano a giocare. Fanno sul serio. Il prescelto è il più debole del gruppo, il più mingherlino, quello che ha proprio l'aspetto di un bambino. Durante la prima notte in albergo chi dorme con lui apre la porta agli altri. Lo scuotono nel sonno, anche fin qui sembra un gioco. La vittima teme che i compagni abbiano intenzione di buttarlo sotto l'acqua gelida della doccia, oppure di spingerlo fuori dalla stanza nudo. Ma è molto peggio. Lo bloccano, lo tengono fermo a letto. In sei tutti intorno a lui, e il settimo a turno che lo costringe a un rapporto mentre gli altri lo sbeffeggiano. Inutile dibattersi, cercare di gridare. Quando l'incubo finisce la vittima viene avvertita: "Ora taci altrimenti ti facciamo passare un guaio".

La giornata dedicata alla gita sembra non finire mai, per il ragazzino violentato. Vuole solo tornare a casa, ma non parla con nessuno. Muto a testa bassa, pensa con terrore alla nuova notte che si avvicina. E puntualmente la scena si ripete. Il tredicenne esplode solo quando si ritrova di fronte i genitori, nella sua casa di Posillipo.

Racconta tutto, nei dettagli. E papà e mamma, insieme, si presentano a scuola con il tremendo racconto di quanto è successo al loro ragazzo. Si sparge la voce. Tutti sanno che è successo qualcosa di grave, ma nessuno sa esattamente cosa. È a questo punto che qualcosa si spezza. I genitori si rivolgono all'istituzione scuola, dicono tutto senza remore. Ma la denuncia dettagliata resta in un cassetto. Solo sette giorni dopo i carabinieri si presenteranno a scuola per chiedere spiegazioni. Le ottengono grazie alla divisa. Così il luogotenente Tommaso Fiorentino, con pazienza e delicatezza, contatta la famiglia del ragazzo. Si rifà tutto daccapo, una nuova denuncia che questa volta arriva sul tavolo del magistrato dei minori.

Ucciso mentre difende il figlio: quattro fermati

(da qui)

VENTIMIGLIA (IMPERIA) - Un idraulico di 53 anni, Walter Allavena di Ventimiglia è intervenuto per difendere il figlio da un'aggressione ed è stato ucciso a calci e pugni. L'omicidio è avvenuto nella notte in località Torri, a pochi chilometri da Ventimiglia. Con l'accusa di omicidio preterintenzionale sono stati fermati quattro romeni.

Secondo una prima ricostruzione, tutto è iniziato quando il figlio ventenne della vittima, che si trovava in compagnia di alcuni amici, ha avuto una discussione in un locale della zona - sembra a causa di un cane - con alcuni giovani romeni. Tra i ragazzi ci sarebbe stata una piccola rissa, ma poi si sarebbero allontanati. Una decina di cittadini romeni invece sono tornati indietro fino a pochi metri da casa di Allavena e hanno aggredito il ragazzo picchiandolo. Il padre del giovane, sentendo le urla, è uscito dall'abitazione ed è intervenuto per sedare il pestaggio. A quel punto gli aggressori si sarebbero accaniti contro il cinquatatreenne.

"Sono arrivati in gruppo mentre eravamo ad una festa di paese". All'uscita dal commissariato a parlare è Luigi, uno degli amici di Claudio Allavena, il figlio di Walter. "Volevano attaccar briga. - racconta Luigi - Erano ubriachi. Volevano toccare il nostro cane che si è spaventato e per questo uno di noi lo ha preso in braccio. Poi hanno iniziato a picchiarci. Ce l'avevano soprattutto con Claudio, il figlio di Walter". Poi il pestaggio, senza pietà. "Il papà di Claudio è sceso e allora sono andati addosso a lui e lo hanno picchiato".

Un parente della vittima, Sergio Cortese, racconta gli ultimi attimi: "Ho sentito le urla e mi sono precipitato per vedere cosa fosse successo, ma quando sono arrivato il corpo di mio cognato era già steso a terra". Forse nei giorni precedenti si erano verificati altri alterchi. "Erano ubriachi - dice Cortese - e non sono del paese. Ho saputo che già la settimana scorsa dei romeni avrebbero avuto dei battibecchi con mio nipote Claudio e Walter stanotte era intervenuto per portarlo via".

Tra le altre voci anche quella di Flavio Dario, intervenuto più volte per cercare di sedare la rissa "ho visto che picchiavano selvaggiamente Walter con calci e pugni. Non si fermavano. Walter è caduto a terra. Ho chiamato il 118 ed ho cercato di rianimarlo seguendo le loro indicazioni, ma non c'è stato niente da fare".

Intanto tra gli abitanti di Torri, un borgo medievale di duecento anime, c'è sgomento per quanto accaduto. In molti stamani sono arrivati davanti all'"Osteria del nonno", il locale dove era in corso la festa e fuori dal quale è iniziata l'aggressione che si è conclusa ad un centinaio di metri, sotto l'abitazione degli Allavena.

Polizia e carabinieri stanno interrogando dieci stranieri e cinque italiani, che potrebbero essere coinvolti nel pestaggio. In commissariato, anche il figlio della vittima, visibilmente sotto shock e con un occhio pesto.

I fermati sono Ciprian Marius Meuret, 32 anni; Bordano Andrei Mihut, 23; Aredelean Mihai, 19; e Sebastian Aureliano Mereut, 37, tutti residenti nella zona di Ventimiglia.
Ora, sarà l'esito dell'autopsia, che verrà fissata domani dal pm marco Zocco, a chiarire le cause del decesso.

martedì 12 aprile 2011

Botte ai bimbi e furti di merendine: a giudizio una maestra d'asilo

Lesioni personali aggravate, violenza privata e furto di merendine ai danni dei piccoli allievi della scuola materna Barsento di Fasano. Sono queste le accuse per le quali una maestra 63enne di Fasano, A. R. M., è stata rinviata a giudizio dal giudice per l'udienza preliminare del tribunale di Brindisi Giuseppe Licci. Il gup ha accolto la richiesta formulata dal pubblico ministero Pierpaolo Montinaro al termine delle indagini, concluse quindici giorni fa. Parte integrante dell'inchiesta i filmati registrati in aula da una microcamera piazzata dai carabinieri dietro al crocifisso alle spalle della scrivania, in cui pare che la maestra compaia più volte mentre inveisce contro i bambini: "Sporchi albanesi, lavatevi".

L'incredibile vicenda giudiziaria ha inizio nell'autunno dello scorso anno. I bimbi della scuola materna fasanese si rifiutano di andare a scuola, "la maestra ci da le botte e ci mette in castigo", raccontano ai genitori fino a quando mamme e papà, preoccupati e increduli, non pretendono di vederci chiaro. Parlano con la maestra che nega indignata ogni accusa, dopodiché chiedono l'intervento del dirigente scolastico.

La situazione rimane invariata, tanto quanto il rifiuto dei bimbi di tornare a scuola, fino a quando un gruppo di genitori non decide di denunciare chiedendo di verificare se i bambini mentano oppure no. E' a questo punto che il pm decide di piazzare in aula una microcamera nel più insospettabile dei posti, esattamente dietro il crocifisso. Le immagini ritratte dalla telecamera per quarantacinque giorni consecutivi, dall'inizio di ottobre fino a metà settembre dello scorso anno, a quanto pare non solo confermano i racconti dei bambini, ma aggravano ulteriormente l'impianto accusatorio fino a svelare le invettive razziste e gli incredibili furti di merendine.

(da qui)

Secondo l'accusa dopo aver messo in castigo i bimbi, rubava le brioche custodite nelle cartelle e le mangiava in aula sotto gli occhi degli scolaretti digiuni. Episodi ripetuti che avvenivano anche quando la 63enne imputata era in aula in compagnia di una collega. La maestra aveva messo a punto una vera e propria tecnica per sottrarre le merendine ai piccoli e ci riusciva senza far notare la cosa all'altra insegnante. Peccato veniale di fronte agli strattoni, pizzicotti e schiaffi, inflitti ai bimbi.
Ce n'è quanto basta per chiedere la sospensione d'urgenza della docente, richiesta formulata a fine novembre dal pm Montinaro, accolta senza indugio dal giudice per le indagini preliminari. Da allora la maestra 63enne a scuola non ci è mai più tornata.

I genitori denuncianti hanno annunciato nell'udienza preliminare di questa mattina che si costituiranno parte civile nel processo che verrà, al fianco dei legali Francesco Gentile e Nicola Matarrese. Il dibattimento inizia a settembre.

lunedì 11 aprile 2011

Tredicenne presa a sassate: in coma - l'ha colpita il fidanzato di 17 anni

(da qui)

REGGIO CALABRIA - Dramma dopo un litigio tra giovanissimi. Una ragazzina di 13 anni è ricoverata in stato di coma nell'ospedale di Reggio Calabria dopo essere stata presa a sassate alla testa dal fidanzato di 17 anni al termine di una lite per motivi sentimentali, avvenuta ieri pomeriggio all'inizio della Strada Gallico - Gambarie, dove i due ragazzi si erano recati in sella a uno scooter. La tredicenne, nel corso della notte è stata operata. Le sue condizioni sono definite molto gravi.

La ragazzina è stata portata in ospedale dal padre, nel tardo pomeriggio di ieri. I genitori della tredicenne hanno informato la squadra mobile che la figlia aveva avuto un incontro col ragazzo. Gli agenti si sono messi alla ricerca del minorenne e lo hanno rintracciato in tarda serata in un casolare lungo la strada che conduce a Gambarie nelle vicinanze della sua abitazione. Portato in Questura è stato interrogato per tutta la notte ed alla fine è stato arrestato con l'accusa di tentato omicidio.

Secondo quanto accertato dalla polizia, il ragazzo ha colpito violentemente con una pietra alla testa la ragazza, quindi le ha messo sopra una lastra di pietra per nascondere il corpo oppure, è una delle ipotesi della polizia, per farle ancora più male o per simulare una piccola frana e quindi un incidente.

La polizia ha definito il giovane un ragazzo "problematico". Era già noto alle forze dell'ordine per piccoli reati e per questo motivo ha trascorso alcuni periodi della sua vita in
alcune comunità. Attualmente vive con la famiglia.
Anche il padre è noto alla polizia, anche lui per piccoli fatti. Gli investigatori hanno comunque escluso che la famiglia del ragazzo, così come quella della tredicenne, sia legata ad ambienti della criminalità. Tramite una delle comunità presso le quali ha vissuto, il ragazzo aveva ottenuto anche un contratto alla Fiat come apprendista.

La tredicenne ed il ragazzo vivono entrambi a Gallico, una frazione a nord di Reggio Calabria. L'aggressione è avvenuta nella stessa zona, lungo la strada che da Gallico porta a Gambarie d'Aspromonte, in un'altra frazione chiamata Pettogallico che i due ragazzi hanno raggiunto a bordo di uno scooter. Le famiglie dei due ragazzi sono definite normali dagli investigatori, che hanno evidenziato come l'accaduto non sia avvenuto in un ambiente degradato.

domenica 10 aprile 2011

Morto in cella dopo il pestaggio: l'ipotesi è di istigazione al suicidio

(da qui)

È morto poco dopo le 13 dopo una lunga agonia Carlo Saturno, il giovane detenuto trovato appeso a un lenzuolo dagli agenti del carcere di Bari. La Procura di Bari vuole sapere con certezza quello che è accaduto in cella: nel fascicolo coordinato dai pm Isabella Ginefra e Pasquale Drago, c'è anche un episodio avvenuto il giorno prima della tragedia e relativo a un pestaggio da parte della polizia penitenziaria.

Nel pomeriggio di oggi sono scattate le perquisizioni nel carcere di Bari da parte della polizia giudiziaria su disposizione della Procura. La polizia giudiziaria sta acquisendo fascicoli e documentazione utili a ricostruire i giorni precedenti a quello che sembra essere un suicidio. Dopo la morte, la Procura ha modificato l'iscrizione del fascicolo d'inchiesta che fino a ieri era a "modello 45", cioè senza indagati nè ipotesi di reato. L'ipotesi di reato ora è per istigazione al suicidio contro ignoti. E' stata disposta l'autopsia e nelle prossime ore sarà affidato l'incarico ad un medico legale.

Da fonti giudiziarie si apprende, inoltre, che il giorno precedente al presunto suicidio, Saturno era stato arrestato in carcere, dove era detenuto per furto, in seguito ad una colluttazione con alcuni agenti di polizia penitenziaria. Nei giorni successivi, durante il coma, l'arresto era stato convalidato dal gip per i reati di resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale.

Nei giorni scorsi, i medici che lo stavano seguendo nel reparto di Rianimazione del Policlinico di Bari hanno manifestato qualche dubbio sul fatto che Carlo sia morto per asfissia dovuta al cappio del lenzuolo, da lui stesso annodato. Ma una perizia disposta dalla Procura ed eseguita dal medico legale Francesco Introna, ha stabilito che i segni intorno al collo sarebbero compatibili sia con un salto nel vuoto che con un eventuale strangolamento da parte di altri.

Le indagini non tralasciano alcun elemento, come l'episodio avvenuto il 29 marzo, quando il giovane reagì male alla comunicazione del cambio di padiglione, aggredendo un agente e ferendolo a una mano, e venendo a sua volta picchiato. A seguito di quella lite, Carlo fu messo in cella di isolamento, dove il 30 marzo si è impiccato.

A seguire il suo caso sarà ora l'avvocato Tania Rizzo, del foro di Lecce, che ha già assistito la famiglia Saturno nel processo contro nove agenti di polizia penitenziaria accusati di lesioni all'interno del carcere minorile di Lecce quando Carlo Saturno aveva solo 16 anni. "Adesso verificheremo quanto accaduto", annuncia, ma non si sbilancia in ipotesi e accuse. "Provvederemo subito a chiedere esternazioni ufficiali alla direzione del carcere di Bari e ci costituiremo nel procedimento che la Procura ha già aperto per poter seguire meglio le indagini".

L'associazione Antigone per i diritti dei detenuti intanto ieri ha fatto sapere alla famiglia Saturno che sosterrà a livello nazionale il caso. Il presidente Patrizio Gonnella aveva chiesto negli scorsi giorni un'inchiesta amministrativa e giudiziaria per accertare "quali siano state le cause del suicidio, se vi siano responsabilità dirette o indirette da parte di coloro che lo avevano in custodia, se vi è un nesso con il processo a Lecce".

Oggi intanto il caso sta suscitando numerose reazioni. Un'interrogazione parlamentare è stata rivolta al ministro della Giustizia Alfano dal parlamentare del Pd Dario Ginefra "perché vengano chiarite tutte le circostanze ed ogni eventuali responsabilità delle autorità competenti". Annunciano un'interrogazione anche i senatori del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante: "Vogliamo chiarezza, vogliamo sapere cosa succede all'interno delle carceri italiane. Non è possibile assistere impotenti ogni giorno al suicidio di detenuti, spesso giovani, che avvengono in circostanze poco chiare. Chiediamo che sia avviata un'indagine amministrativa e giudiziaria che chiarisca le cause del suicidio e accerti le responsabilità di quanti avevano in custodia Carlo Saturno".

sabato 9 aprile 2011

Razzismo, a Como: sputi e insulti su una cestista di colore del Sesto

Sputi, insulti, cori razzisti rivolti all'indirizzo di una giocatrice italiana di origine nigeriane. L'episodio ieri sera nel corso di Comense-Geas Sesto San Giovanni, gara di cartello per la serie A femminile di basket. Durante l'incontro un gruppo di tifosi della squadra locale ha preso di mira Abiola Wabara, 29enne ragazza di colore che indossa anche la maglia azzurra. Ogni volta che il pallone era nelle sue mani, dagli spalti arrivavano fischi ululati. Più volte il presidente della Geas, Mario Mazzoleni, ha chiesto all'arbitro di sospendere la partita, come è previsto dal regolamento, ma la gara è proseguita fino al termine.

Alla fine del match, quando le squadre stavano tornando negli spogliatoi, il gruppo di tifosi ha avvicinato l'ala bersagliandola con una raffica di sputi. Solo grazie all'intervento dei dirigenti delle due squadre la situazione non è sfociata in qualcosa di peggio. “Sono dispiaciuta per quanto accaduto, ma sono una sportiva e penso a giocare. Quanto è successo appartiene già al passato”, si limita a dire Wabara. “E' un peccato che una bella partita sia rovinata dalla presenza di gente così becera, che con lo sport non c'entra nulla. La partita andava sospesa. Non farlo è stato un errore”, ribadisce il presidente della squadra milanese.

Per il momento l'episodio è stato segnalato alla giustizia sportiva, ma presto il fascicolo potrebbe finire sulla scrivania della magistratura ordinaria. Nel frattempo sono in corso accertamenti da parte delle forze dell'ordine per individuare il gruppo composto da 15 persone che ha pesantemente insultato la giocatrice e ha poi cercato anche lo scontro fisico.

giovedì 7 aprile 2011

Dodicenne partorisce alla gita scolastica: era incinta di suo padre

(di Elmar Burchia, da qui)

Aveva destato grande scalpore in Olanda la vicenda di una ragazzina di appena dodici anni che due settimane fa ha partorito mentre era con i compagni in gita scolastica. Né la giovane studentessa e neppure i genitori si erano resi conto della gravidanza. Ora la rivelazione choc: la ragazzina è stata messa incinta da suo padre.

ANALISI DEL DNA - La ragazzina di Groningen aveva cominciato ad accusare forti dolori al ventre durante una gita con gli insegnati e i compagni di scuola il 22 marzo scorso. Era stata trasportata nell'edificio più vicino dove aveva dato alla luce una bambina. Tra l'incredulità generale. I genitori avevano spiegato di non «essersi resi conto che la figlia era incinta, e che non c'erano segni esterni che evidenziassero la gravidanza». Non se n'era accorta neppure la dodicenne o i suoi amici. La ragazzina aveva appena 11 anni quando è rimasta incinta, avevano comunicato i Servizi locali per la salute pubblica in Olanda. Ora però, la storia si arricchisce di particolari inquietanti: la ragazza, iscritta alla scuola primaria, sarebbe stata messa incinta dal padre.

IN MANETTE - Il 52enne è stato arrestato con l'accusa di abuso sessuale, ha comunicato la procura. È stata infatti un'analisi del Dna sull'uomo a provare che è lui il padre del neonato. Secondo il giornale online elsevier.nl l'uomo viene ora descritto dai vicini di casa come «un alcolizzato» che «ha già avuto figli da altre donne». In passato era stato peraltro condannato per un crimine sessuale. Ora rischia una pena di almeno 12 anni di reclusione. La dodicenne è stata nel frattempo affidata a una nuova famiglia.

domenica 3 aprile 2011

Violenza sessuale a figlia: la vittima gira video col telefonino

(da qui)

Per essere creduta dalla madre ha girato con il telefonino un video nel quale riprendeva il padre che commetteva atti sessuali su di lei. Così, oltre a essere creduta dalla madre, una ragazzina di 14 anni ha spedito il genitore in carcere con l'accusa di violenza sessuale su minori. La vicenda è accaduta in un paese della provincia di Reggio Emilia.

La ragazzina avrebbe subito le attenzioni del padre da quando aveva 12 anni. Ne aveva parlato con la madre, ma senza essere creduta, e così avrebbe deciso di fornirle la prova, nascondendo il telefonino nel luogo dove si consumavano le molestie e riprendendo l'atto del padre. A quel punto la madre ha lasciato la casa portando con sè la ragazzina e un'altra figlia e si è trasferita in una città del centro Italia. Il padre ha vagato alcuni giorni per la provincia, cercando anche il modo di farla finita (così almeno avrebbe raccontato agli inquirenti), fino a quando è andato a denunciare la scomparsa di moglie e figlie dai carabinieri. Il suo racconto molto confusionario ha insospettito però gli investigatori.

Nel frattempo la moglie aveva presentato una denuncia in un commissariato di polizia. Le indagini sulla presunta violenza sono quindi partite dalla Squadra mobile di Roma. Quando i carabinieri reggiani sono riusciti a ritracciare a loro volta la donna, hanno appreso il motivo del suo allontanamento. Il pm Maria Rita Pantani ha così ottenuto la misura restrittiva nei confronti del padre, che da ieri si trova nel carcere di Reggio Emilia. Oggi si è svolto l'interrogatorio di garanzia. ( L'uomo, 44 anni, è comparso davanti al giudice per le indagini preliminari Antonella Siri Bentivoglio, al tribunale di Reggio Emilia, assistito dall' avvocato Domenico Noris Bucchi. Ha risposto alle domande del giudice, collaborando, e mostrandosi molto provato. I legali non hanno chiesto la revoca della misura cautelare in carcere.

Carabiniere uccide la moglie con un martello e le forbici

(da qui)

Un carabiniere ha ucciso la moglie nella tarda mattinata di oggi a Baricella, in provincia di Bologna. L'omicidio è avvenuto in un'abitazione di via Savena vecchia. 'appuntato Claudio Bertazzoli, da 25 anni nell'Arma, ha ucciso la convivente Camilla Auciello colpendola ripetutamente con un martello alla testa e al volto. Il corpo della donna, trovato accanto al letto in una pozza di sangue, presentava anche diverse ferite da arma da taglio al torace e all'addome. Accanto al corpo, oltre al martello, c'era un paio di forbici.

Un matrimonio in crisi. La storia tra i due era in crisi da circa tre mesi. Erano anche stati da un avvocato per decidere l'affidamento della figlia di 3 anni. Secondo i vicini la vittima, che lavorava per una ditta di catering, ultimamente era depressa e in difficoltà nella gestione della bambina.

Il delitto. Verso le 6, dopo l'ennesimo litigio, Claudio Bertazzoli, 45 anni, appuntato dell'Arma dei carabinieri, originario di Riolo Terme (Ravenna), in servizio presso l'ufficio comando di Bologna, negli uffici vettovagliamento di via Agucchi, ha ucciso la compagna Camilla Auciello, 35 anni originaria di Acquaviva delle Fonti (Bari), impiegata nella mensa Camst della Rai di Bologna. Dopo averla colpita con un martello ha continuato ad infierire sul corpo di lei con un paio di forbici. Le due armi sono state trovate accanto al cadavere steso per terra in camera da letto al primo piano dell'abitazione. Nella
villetta, ad un primo sopralluogo, non sono state trovate lettere o messaggi.

La fuga. Dopo il delitto Bertazzoli è salito sulla Bmw della compagna e si è allontanato con la bambina che al momento della tragedia dormiva nella sua stanzetta. L'ha consegnata ai suoi genitori e poi si è costituito al commissariato di Faenza (Ravenna) confessando l'omicidio. Sul posto per i rilievi del caso sono giunti i carabinieri del Sis del reparto operativo e i colleghi della stazione di Baricella. Per potere entrare nell'abitazione i militari hanno dovuto sfondare la porta-vetrata d'ingresso. Poco dopo sul posto sono giunte anche la pm di turno Maria Gabriella Tavano e il medico legale.

venerdì 1 aprile 2011

il ministro-diavolo sniffa e poi sbuffa

“Al presidente della Camera si chiude la vena. Interrompe la seduta e, a microfoni spenti, urla all’ex amico La Russa: ‘Sei un cocainomane’. Poi infila l’uscita seguito dai deputati Fli. È trasfigurato dalla rabbia: ‘Ditegli che si deve curare, curatelo’”.
Salvatore Dama, Libero

“Fini, furibondo, è uscito dall’aula commentando ad alta voce: ‘Fatelo curare’. Poco più in là il finiano Fabio Granata parlottava con alcuni colleghi del Pd che avevano appena bollato La Russa come ‘un vero fascista’: ‘Macchè, ha solo cambiato pusher’”.
Sara Nicoli, Il Fatto Quotidiano

“Fini e La Russa si guardano negli occhi prima di uscire dall’Aula. ‘Non ti permetto… io non ti permetto’ sibila Fini puntando il dito. Poi uscendo ai suoi dice in maniera che tutti sentano: ‘Curatelo’”.
Paola Di Caro, Corriere della Sera

“Il numero uno della Camera, andandosene, aggiunge: ‘Fatelo curare’”.
Anna Maria Greco, Il Giornale

“In Transatlantico fischiano accuse senza rete. Fabio Granata del Fli, alludendo a La Russa, si infila in un terreno scivoloso: ‘Ha cambiato pusher’”.
Ugo Magri, La Stampa

“Nel Pdl c’è chi sostiene di aver sentito dire a Fini anche altro contro il ministro. Ma sono in molti a far riferimento esplicitamente a uno stato alterato di La Russa e all’uso di stupefacenti”.
Francesco Bei, Repubblica

giovedì 31 marzo 2011

Costringevano bambine a prostituirsi: otto arresti in provincia di Cosenza

CORIGLIANO CALABRO - Bambine di dodici anni per incontri con uomini ricchi di età compresa tra i 50 e i 70 anni. Dopo un anno di indagini, sono otto gli arresti che i carabinieri del comando provinciale di Cosenza, hanno effettuato a Corigliano Calabro con l'accusa di induzione, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione minorile.

Due delle cinque bambine coinvolte e vittime del giro scoperto dai carabinieri con l'operazione 'Flash market', avevano un ruolo attivo nell'attività illegale gestita dagli arrestati, facendo prostituire anche le sorelle minori. Le tariffe applicate dagli organizzatori del giro di prostituzione erano più alte nel caso di incontri con minori senza alcuna esperienza sessuale.

Non è escluso, secondo quanto sta emergendo dalle indagini, che le minori fatte prostituire siano più delle cinque accertate. Il giro di prostituzione durava da dieci anni e alcune delle vittime nel tempo sono diuventate maggiorenni. Gli incontri avvenivano o in casa delle persone che pagavano gli organizzatori del giro, o in automobile. I genitori delle bambine che venivano fatte prostituire, stando a quanto riferito dai carabinieri, non erano a conoscenza di quanto facevano le figlie.

E' stato anche accertato che uno dei destinatari del provvedimento procacciava a una vasta clientela prostitute anche non minorenni, e in uno degli appuntamenti utilizzati avrebbe, con un terzo soggetto, sequestrato e violentato una delle vittime. Gli arresti sono stati fatti in esecuzione di ordinanze di
custodia cautelare emesse dal gip del tribunale di Rossano su richieste dei sostituti procuratori, Maria Vallefuoco e Vincenzo Quaranta.

martedì 29 marzo 2011

Venezia. Detenuto si toglie la vita in cella Ci aveva già provato un mese fa

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VENEZIA. Ancora un suicidio nel carcere veneziano di Santa Maria Maggiore. Si è impiccato domenica sera nella sua cella un detenuto romeno di 29 anni. Era entrato in carcere a febbraio e dopo pochi giorni aveva già compiuto un gesto di autolesionismo, che aveva costretto gli agenti della Polizia penitenziaria a trasferirlo per alcuni giorni in ospedale per le cure. Dopo il suo ritorno in cella era tenuto d'occhio, ma gli organici a Santa Maria Maggiore sono davvero risicati e in questi giorni i detenuti sono 370. Il giovane rumeno si è impiccato appendendosi alle sbarre.

Nel 2009 sono stati ben tre i suicidi a Santa Maria Maggiore, un altro lo scorso anno e proprio tre giorni fa, da Roma, la Uil aveva segnalato che il carcere venziano nei primi tre mesi del 2011 aveva conquistato il triste primato dei tentati suicidi tra i detenuti: sono stati ben dieci, quasi tutti sventati. In Italia si tratta del quindicesimo suicidio in carcere dall'inizio dell'anno.

lunedì 28 marzo 2011

Giù dal balcone con la figlia in braccio

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Prima l'ha accoltellata tra il petto e il collo, poi l'ha buttata giù dalla finestra. E, alla fine, si è gettata nel vuoto pure lei. Per sua figlia di appena 8 anni, non c'è stato niente da fare. Quando sono arrivati i soccorsi, era già morta. Mentre lei, la madre, professoressa di educazione fisica di 46 anni, è stata ricoverata in gravi condizioni all'ospedale Sant'Eugenio di Roma dopo un volo dal quarto piano. Ma è deceduta intorno a mezzanotte e trenta. Inutile il tentativo di salvarle la vita con un intervento chirurgico.

La tragedia si è consumata nella periferia sud di Roma, in zona Fonte Laurentina. Nel cortile interno della bella palazzina in cui mamma e figlia vivevano. Loro, il convivente della madre e altri due bambini, figli di lui, un maschio e una femmina di 10 e 12 anni. Il resto della famiglia era fuori quando l'insegnante ha perso la testa, accoltellando la sua bambina, avuta da un matrimonio finito male, prima di gettarla nel vuoto. E poi seguirla. Erano circa le sei e mezzo, stando ai racconti dei testimoni, quando dall'appartamento si sono iniziati a sentire rumori. Urla, sbattere di porte, piatti che cadono e a terra e finiscono in mille pezzi. Poi un tonfo. Sordo. E, subito dopo, un altro. I due corpi, quello piccolissimo avvolto in un pigiama rosso, e quello della madre, sono sull'asfalto del cortile interno del palazzo in una pozza di sangue. "Quando ho sentito il rumore - dice Giuseppe che vive al piano terra dello stesso stabile - mi sono precipitato fuori, la bimba respirava ancora. È stato terribile, ho fatto di tutto, ma non sono riuscito a salvarla".

I carabinieri sono al lavoro per cercare di chiarire i motivi di questo gesto. La donna, che soffriva da anni di depressione, era in cura da uno psichiatra, ma nulla faceva pensare a una situazione tanto grave: tutte le mattine continuava ad andare a scuola e ad occuparsi dei suoi alunni. Sconvolto il compagno di lei, un impiegato, che era fuori con i suoi figli: "Sono distrutto, è stato un fulmine a ciel sereno", ha detto ai carabinieri, "è vero soffriva di depressione, ma era in cura, non mi sarei mai aspettato una cosa simile". Sulla dinamica dell'evento non sembrano esserci dubbi: in casa è stato trovato un coltello da cucina sporco di sangue, quello con cui la bambina sarebbe stata colpita. E sul muro dell'edificio, proprio sotto alla finestra del quarto piano, c'è una macchia di sangue. Quello della piccola.

Sospeso dal lavoro si uccide lanciandosi dalla sede dell'azienda

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Un operaio di un'impresa di pulizia di 50 anni si è suicidato lanciandosi da un balcone dell'azienda per la quale lavorava. La società si trova al secondo piano di un palazzo nel lungomare Ognina di Catania.

Secondo una prima ipotesi, l'uomo si sarebbe tolto la vita dopo avere ricevuto un provvedimento di sospensione dal lavoro nell'ambito di un'inchiesta interna su dei furti in azienda. Soccorso da personale del 118 l'uomo è stato trasportato all'ospedale Cannizzaro, ma era già morto.

sabato 26 marzo 2011

Rumena rapita e violentata da gruppo armato a Torino, abbandonata su una spiaggia di Metaponto

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Per una ragazza romena 26enne doveva essere una serata tranquilla a Torino in compagnia di amici e invece si è trasformata in un incubo: rapita da tre uomini, drogata e tenuta chiusa in un appartamento da altri quattro che per due giorni l'hanno minacciata con armi, picchiata, seviziata, drogata e violentata abbandonandola infine su una spiaggia di Metaponto (Matera), dove è stata trovata e soccorsa dai carabinieri che hanno avviato le indagini.

Oggi i carabinieri del nucleo investigativo di Napoli hanno rintracciato i quattro aguzzini, sottoposti a fermo per violenza sessuale di gruppo, sequestro di persona e per detenzione e porto illegali di armi da fuoco aggravati dal metodo mafioso. Il provvedimento di fermo riguarda Giuseppe Borrata, 27 anni, figlio di Francesco, affiliato ai Casalesi; Mario Grimaldi, 55 anni, pensionato; Fabio Marotta, ragioniere 26 enne; e Carmine Timpanelli, 32 anni, guardia giurata. Identificato anche un alt complice, cui non è stato possibile eseguire il provvedimento di fermo perchè detenuto.

I carabinieri di Napoli oltre a cercare di identificare gli altri tre aggressori stanno approfondendo le indagini perchè ritengono che i fermati possano essere autori di reati ancor più gravi.

giovedì 24 marzo 2011

Uomo spara alla compagna e la uccide davanti ai figli

TERNI - Tragedia in un appartamento di Terni. Un uomo ha ucciso la compagna con un colpo di fucile. Al momento dell'omicidio erano in casa anche i due figli di tre e sette anni. La vittima aveva 35 anni. Dopo l'omicidio, l'uomo si è consegnato alla polizia.

Parini, troppi insulti dai genitori. E cinque professori se ne vanno

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Non vogliono più avere a che fare con le mamme degli studenti del Parini e per questo hanno chiesto il trasferimento in altre scuole. Alla fine, dopo una lunga lotta, i professori hanno gettato la spugna. Due professori hanno già presentato la domanda per insegnare altrove da settembre, altri tre valutano se farlo ora, pur fuori tempo massimo. «Questa scuola è un incubo — dice una delle prof transfughe — ci sono madri, non tutte per fortuna, che passano le loro giornate a insegnarci come si fa il nostro mestiere. E se i figli prendono voti bassi ci insultano».

Per difendersi dalle pressioni dei genitori, in una decina di classi i docenti hanno deciso di fare le riunioni dei consigli di classe in “formula chiusa”: non sono ammessi tutti i papà e le mamme, ma solo due loro rappresentanti. Questa mossa, conforme alla legge, ha scaldato ulteriormente gli animi dei genitori più agguerriti nel volere seguire la vita scolastica dei figli. Ed è fallito il tentativo di mediazione del preside Carlo Pedretti, che due mesi fa ha pubblicato sul sito web della scuola questa circolare: «I genitori che per qualsiasi ragione (personale) abbiano motivi di critica nei confronti di un docente — si legge — non devono avere atteggiamenti aggressivi od offensivi». Ma l’invito è caduto nel vuoto. Il Parini, intanto, perde iscritti.

La circolare del preside

Le sezioni dove in almeno una classe si è deciso di chiudere ai genitori le riunioni del consiglio sono la E, la B e la A, dove insegnano alcuni dei professori che ora hanno capitolato. Nella lettera di dimissioni un’insegnante parla di «insulti, accuse e parole pesanti» che le sarebbero state rivolte da alcuni genitori «anche via email». Un altro docente riferisce di «insulti personali e pesantissimi» che gli sarebbero stati fatti dai genitori di uno studente che andava male a scuola. Gli insegnanti lamentano anche il fatto che il preside in realtà non li abbia difesi, anzi. «Mi ha detto che con le famiglie contro non potevo insegnare, mi ha consigliato di chiedere il trasferimento e intanto mettermi in malattia, già che avevo qualche problema di salute», racconta un’insegnante. Un’accusa pesante, che la docente si dice pronta a ripetere «in ogni sede». Identico racconto fa un altro docente: «Mi ha detto di mettermi in malattia».

Ai docenti nel mirino arrivano gli attestati di stima di molti genitori e studenti. In particolare di quelli dell’ultimo anno, che temono di trovarsi con nuovi insegnanti alla maturità. Ma i rappresentanti dei genitori sono fermi nel condannare l’atteggiamento dei docenti. Raffaella Castellani, presidente del consiglio d’istituto, dice: «La scelta di non accettare i genitori ai consigli di classe ha messo le famiglie in una condizione di forte disagio. È vero che c’è una minoranza di madri e padri che difende i figli a oltranza, ma questo non può essere un motivo sufficiente a escludere le famiglie dalle riunioni in cui si decide la vita scolastica dei loro figli».

mercoledì 23 marzo 2011

Investe bimbo e lo crede morto, si suicida lanciandosi da un ponte

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Non ha retto all'idea di aver ucciso un bambino, e delle conseguenze che ciò avrebbe potuto comportare. E ha deciso di togliersi la vita, lanciandosi da un ponte. Una vicenda che ricorda quella, simile, di Daniel Busetti, il ventenne fuggito dopo un incidente d'auto nel torinese, alla fine di febbraio, perché convinto di aver provocato vittime (le persone coinvolte rimasero invece illese) e ritrovato poi morto all'inizio di marzo. Protagonista della tragedia è, in questo caso, un ventunenne che ha investito un ragazzino di dieci anni.

L'incidente è avvenuto intorno alle 19 nel quartiere Mezzo Monreale. Il giovane, dopo aver travolto il bambino, non si è fermato a soccorrerlo e ha proseguito la sua corsa "in preda a un raptus di colpa", come hanno spiegato i carabinieri che hanno ricostruito la dinamica di quanto accaduto. E' arrivato in via Regione Siciliana, dove si è gettato dal ponte Corleone, sul fiume Oreto. Alcuni passanti che hanno assistito alla scena hanno chiamato i soccorsi, ma per il ragazzo non c'è stato niente da fare.

Il bambino, ferito, è stato trasportato all'ospedale Di Gristina, dove ora è ricoverato in prognosi riservata ma non risulta in pericolo di vita. Per il recupero della salma del 21enne sono intervenute squadre speciali dei vigili del fuoco. L'auto, rimasta parcheggiata, è stata posta sotto sequestro.

Uccide la moglie a coltellate - la figlia era in casa

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Cinque coltellate alla moglie, mentre la figlia di soli nove anni è in casa. Così D.S., 41 anni, ha ucciso la moglie G.C., 45, nella loro casa di via Lama a Carpi, nel Modenese. La piccola non si è accorta di nulla.

Intorno alle 6.30 l'uomo avrebbe assalito la moglie, sferrandole cinque coltellate. E' probabile che all'origine del gesto ci siano motivi sentimentali, ma saranno le indagini della polizia a chiarirlo. Sul posto il sostituto procuratore Marco Niccolini, la bimba nel frattempo è stata affidata ai nonni.

martedì 22 marzo 2011

Ucciso a coltellate per 10 euro, fermato il presunto responsabile

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Un uomo italiano di 38 anni è morto durante il trasferimento in ospedale a causa di numerose coltellate. E' successo intorno alle 16.30 in via Amleto Palermi a Vigne Nuove. La polizia ha fermato poco dopo il presunto aggressore. A quanto si apprende, la vittima è stata ferita con diverse coltellate alla schiena, al costato, al collo e alla mandibola.

Gli agenti della squadra mobile hanno fermato poco dopo il presunto responsabile che si troverebbe ora negli uffici della questura. A quanto si apprende si tratterebbe di un italiano di circa 55 anni, forse tossicodipende.

E' stato ucciso per un debito di 10 euro l'uomo, di 38 anni, accoltellato questo pomeriggio in strada, alla periferia di Roma, da un tossicodipendente di 52 anni. La vittima aveva disagi psichici e secondo una prima ricostruzione aveva litigato con il suo assassino, il quale voleva che gli fossero restituiti i 10 euro che alcuni giorni fa gli aveva dato in prestito.

I due hanno avuto una prima colluttazione all'interno dell'appartamento dell'omicida, anch'egli rimasto ferito. Poi in strada il cinquantaduenne lo ha colpito con diverse coltellate, prima di pentirsi e cercare di soccorrerlo chiamando il 113.

lunedì 21 marzo 2011

Uccisa donna 91enne, forse stupro movente

PIACENZA - I carabinieri hanno fermato il presunto assassino della novantunenne trovata in un canale a Castelvetro Piacentino. Si tratta di un vicino di casa, Giovanni Badalotti, 42 anni, pregiudicato per violenza sessuale anche a danni di minorenni. Secondo i carabinieri di Piacenza, la violenza sessuale dovrebbe essere il movente del delitto: l'uomo sarebbe salito dal secondo al terzo piano dell'abitazione popolare dove vive, entrando a casa della vittima, Stella Paroni, 91 anni, originaria di Cremona, per violentarla. C'é stata una violentissima colluttazione, poi la donna è stata gettata dalla finestra, ed è morta sul colpo.

Il delitto è avvenuto alle 4 del mattino in un quartiere degradato di Castelvetro Piacentino, l"Aldo Moro': i carabinieri hanno avuto difficoltà a trovare testimonianze, anche se diverse persone hanno di fatto saputo che era successo qualcosa di terribile. Badalotti, secondo una prima ricostruzione dei carabinieri, è sceso in strada, ha caricato il cadavere completamente nudo su una carriola e con questa l'ha portato nel canale dove verso le 9 una donna a passeggio col cane l'ha notato. Era piena di graffi e aveva la testa rotta. Due testimoni, più tardi, hanno ammesso ai militari di avere visto l'uomo che portava un corpo su una carriola, ma che avevano pensato a una bambola gonfiabile. Quando si è sparsa la voce del ritrovamento di un cadavere, in tanti sono andati sul canale per vedere o sapere qualcosa: tra questi anche il presunto assassino, notato nel capannello di curiosi. Intanto una figlia della donna morta era giunta da Cremona per farle visita e, entrando in casa, aveva notato tracce di sangue, dando a sua volta l'allarme. Badalotti è stato fermato dai carabinieri mentre stava rientrando a casa: gli inquirenti stanno per decidere una eventuale misura di custodia cautelare. Non avrebbero dubbi che si tratti proprio dell'assassino e, in attesa di un esame del cadavere, sospettano che il movente possa essere stata la violenza sessuale, anche se non si è in grado di dire che sia stata consumata. I precedenti specifici comunque parlerebbero chiaro.

IL FERMATO NEGA LA VIOLENZA SESSUALE - Avrebbe fatto parziali ammissioni sul delitto, ma avrebbe negato la violenza sessuale Giovanni Badalotti, fermato per l'omicidio e sospettato di stupro di Stella Paroni, 91 anni. E' quanto filtra dall'interrogatorio, prima dei Carabinieri e poi anche del Pm di turno Antonio Colonna nella caserma di Monticelli d'Ongina. Il magistrato e' giunto nel pomeriggio sul luogo del ritrovamento del cadavere, un canale che costeggia la discarica di Castelvetro Piacentino, e a quel punto la salma e' stata portata all'ospedale di Piacenza, dove domani dovrebbe essere eseguita l'autopsia, alla ricerca di prove dell'eventuale violenza sessuale e anche di eventuali tracce dell'assassino, magari tracce di pelle che potrebbero essere rimaste sotto le unghie della vittima.

TESTIMONI CONFERMEREBBERO TENTATO STUPRO - Al termine dell'interrogatorio il Pm Antonio Colonna ha firmato il decreto di fermo di Giovanni Badalotti per l'omicidio di Stella Paroni. L'uomo, a quanto si è appreso, avrebbe fatto parziali ammissioni sul'omicidio ma avrebbe negato la violenza sessuale. Nel fascicolo ci sarebbero però alcune testimonianze sulle urla sentite nella notte che renderebbero plausibile quanto meno il tentativo dello stupro.

martedì 15 marzo 2011

Marchia a fuoco la compagna: le sue iniziali sul corpo

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Ammanettata a una panca da body building e marchiata a fuoco con un ferro a forma della iniziale del suo nome. E' stato questo l'epilogo di una storia di stalking subita da una donna di 33 anni, lo scorso febbraio nel corso di uno degli ennesimi episodi di vessazioni e violenze da parte del suo compagno. Pochi giorni fa gli agenti del commissariato Monteverde, diretto da Mario Viola, dopo un'indagine "lampo", hanno messo fine alle angherie subite dalla donna, arrestando l'uomo, un romano 43enne.

Nel corso della perquisizione presso la sua abitazione, gli agenti hanno trovato tutte le conferme alle indagini svolte e delle testimonianze rese dalle persone ascoltate. All'interno dell'abitazione, infatti, hanno trovato la panca da body building, ma anche il ferro utilizzato per la marchiatura e una videocassetta sulla quale l'uomo aveva addirittura registrato il suo gesto.

Alla base delle violenze sembra vi fosse un'ossessione dell'uomo, che obbligava la sua compagna ad avvisarlo telefonicamente di ogni suo movimento, anche sul lavoro e che la accusava di relazioni con altri uomini, da cui avevano poi origine le violenze subite.

Le indagini sono scattate dal referto dei sanitari che hanno visitato la donna a metà febbraio, diagnosticando lesioni con una prognosi di oltre 30 giorni. L'uomo è stato rintracciato poche sere fa al rientro presso la sua abitazione. La relazione, iniziata nel maggio del 2010, si è protratta fino al febbraio scorso, con una interruzione di circa due mesi. Tra i pretesti delle violenze anche l'accusa di portare sfortuna, rivolta in alcune circostanze alla donna. Adesso l'uomo, con esperienze da attore, è in carcere e dovrà rispondere all'autorità giudiziaria del reato di atti persecutori.

lunedì 14 marzo 2011

Muore studente in gita: mix di coca, alcol ed eroina

Droghe micidiali e tanto alcol. Questo - secondo chi indaga - ha ucciso il giovane Samuele Tofanelli, studente della provincia di Viareggio (Torre del Lago), che si trovava a Napoli per una gita scolastica assieme ai compagni di classe.

Ma non c'è solo questo grave risvolto nella vicenda giudiziaria che si è aperta dopo la morte di Samuele.

Gli inquirenti hanno ascoltato due compagni del giovane in gita scolastica. E secondo una prima ricostruzione emerge che l'allarme sarebbe stato lanciato tardivamente. Samuele, insomma, non sarebbe stato subito soccorso da chi si trovava con lui. E non può escludersi che si sarebbe potuto salvare.

Vicenda ancora da chiarire in molti dei suoi inquietanti contorni. La droga, ad esempio, dove è stata acquistata? Gli investigatori ritengono che cocaina e eroina siano state comprate a Scampia, nel micidiale supermarket napoletano dei narcotici. In una delle piazze gestite dalla camorra, padrona del narcotraffico nella periferia nord della città.

sabato 12 marzo 2011

"Negro torna al tuo paese, puzzi" E i colleghi lo picchiano all'uscita

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Un'aggressione razzista punitiva. La vittima è un congolese di 24 anni, rifugiato politico in Italia dal 2006, brutalmente picchiato da quattro uomini, appena varcato il cancello della ditta in cui lavora, la Terdeca di Cernusco sul Naviglio. Sabato scorso l'operaio, che sta studiando per laurearsi, finito il turno è rientrato nello spogliatoio per cambiarsi sporcando il pavimento con le scarpe dopo aver lavorato a un macchinario che perdeva olio. Da qui la violenta reazione dell'addetto alle pulizie, un italiano di 50 anni.

"Mi ha detto negro, torna al tuo paese, puzzi come tutti quelli della tua razza", racconta il giovane. Il lunedì successivo, in pausa pranzo, il 50enne lo ha atteso con altre quattro persone, tra cui il figlio, all'uscita della ditta. È stato preso a calci e pugni anche quando era a terra ed è stato minacciato di morte se avesse denunciato l'accaduto. Soccorso dal titolare dell'azienda metalmeccanica, il giovane ha comunque presentato denuncia al commissariato di Monza, dove vive, solo il giorno dopo il pestaggio. Per il 24enne la prognosi è di sette giorni, ma i medici hanno riscontrato anche un profondo stato di choc. L'addetto alle pulizie è stato allontanato dall'azienda.

venerdì 11 marzo 2011

Strage in famiglia nel viterbese: uccide moglie e figlio, poi si taglia le vene

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ACQUAPENDENTE (VITERBO) - Li ha colpiti più volte mentre erano a letto, nel sonno, con una piccozza. Così Imo Seri, 40 anni, ha ucciso la moglie, Tamara Sperandini, e il figlio Francesco di quattro anni. Subito dopo l'efferato omicidio, il suicidio. Seri si è tagliato le vene e, poi si è sdraiato accanto ai cadaveri. Infine, si è inferto il colpo di grazia alla gola. La tragedia è avvenuta intorno alle 7.40 in località La Sbarra, nella periferia di Acquapendente, in provincia di Viterbo. Sul posto sono accorsi i carabinieri della compagnia di Montefiascone, chiamati dai vicini di casa allertati da urla provenienti dalla casa. L'uomo era titolare di un bar pizzeria.

Sembra che oltre all'oggetto contundente, il 40enne abbia usato anche un arma da taglio per uccidere la donna e il bambino. A trovare i corpi è stato un cognato, che ha raggiunto l'appartamento dopo che Seri non si era presentato al bar-pizzeria di cui era titolare insieme al padre e dove lavorava anche la moglie.

Dopo avere chiamato prima al telefono e poi a lungo al citofono senza ricevere risposta, il cognato ha sfondato una finestra, è entrato e ha trovato i corpi. L'uomo si è messo ad urlare, è allora che i vicini di casa, spaventati, hanno chiamato il 112. Nell'appartamento, oltre alla polizia scientifica, in mattinata sono arrivati anche il sindaco di Acquapendente, Alberto Bambini, e numerosi amici della famiglia distrutta.

Una famiglia unita che non avrebbe avuto alcun problema economico. E' quanto raccontano i molti amici di Imo Seri, l'autore della strage. "Il bar-pizzeria di cui erano titolari - racconta un conoscente - andava bene. Tanto che la mattina, con il passaggio degli alunni delle vicine scuole elementari, il padre di lui li aiutava a servire". In effetti, la coppia, oltre a possedere la casa in cui abitava in una zona residenziale, stava costruendo un'altra villetta.

E su eventuali problemi nella coppia, sia gli amici sia i vicini di casa affermano di non aver mai avuto sentore di nulla. "A noi - dice una signora che abita a poca distanza - è sempre sembrata una coppia unita. Erano due lavoratori e non li abbiamo mai sentiti litigare". Tamara e Imo, sempre da quanto raccontano alcuni amici, stavano insieme da circa 20 anni, da quando erano studenti. Lei era originaria di San Lorenzo Nuovo, un paese distante pochi chilometri da Acquapendente, dove era nato e viveva il marito. Li hanno visti l'ultima volta insieme l'altro ieri pomeriggio, quando hanno accompagnato il figlio Francesco ad assistere alla sfilata delle maschere di Carnevale.

Secondo la prima ricostruzione, Imo Seri non ha lasciato messaggi scritti per spiegare le ragioni che lo hanno spinto ad uccidere moglie e figlio e poi a suicidarsi.

Al termine dei rilievi i corpi saranno trasportati nell'obitorio per l'esecuzione dell'autopsia disposta dalla procura della Repubblica. Nelle prossime ore verranno ascoltati i parenti delle vittime per cercare di ricostruire il motivo che ha spinto l'uomo a compiere l'omicidio.

"Mi hanno portato via Francesco. Perché? Perché è avvenuta questa tragedia?". Urlando queste parole, la madre di Tamara Sperandini, la donna uccisa insieme con il figlio di quattro anni dal marito, è entrata nella villetta teatro della strage. "Ho visto Francesco domenica scorsa - ha detto tra i singhiozzi la donna, titolare di un negozio a Bolsena - mi ha raccontato quello che avrebbe fatto per Carnevale. Ora sta in Paradiso ma io non lo vedrò più. Perché?".

Aggressione razziale contro italo-somala, denunciati due giovani di sedici anni

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Prima la insultano con frasi a sfondo razziale, poi la aggrediscono umiliandola e infine le offrono 50 euro per comprare il suo silenzio. Protagonisti due minorenni napoletani di 16 anni denunciati dai carabinieri per aggressione a sfondo razziale nei confronti di una donna italiana di origini somale. E' successo a Napoli.

La donna, una quarantacinquenne, la notte del 7 marzo scorso è stata notata da una pattuglia di carabinieri della stazione di Pianura mentre si aggirava in cerca di aiuto in stato di shock. Soccorsa e fatta visitare al pronto soccorso dell'ospedale San Paolo, le è stato riscontrato un trauma contusivo alla regione lombare guaribile in tre giorni.

Successivamente le indagini dei militari hanno consentito di ricostruire quanto accaduto prima che la vittima si decidesse a raccontare il fatto: erano circa le 2 del mattino quando la donna, che si trovava in piazza San Giorgio in attesa di un bus, è stata avvicinata dai due minori che prima l'hanno apostrofata, poi aggredita fisicamente (tenuta bloccata da uno e picchiata dall'altro) e infine umiliata (uno dei due aggressori le ha anche urinato addosso).Nei giorni successivi all'aggressione, i due giovani hanno fatto contattare la donna per evitare che sporgesse denuncia offrendole 50 euro in cambio del suo silenzio.

giovedì 10 marzo 2011

Bordighera, infiltrazioni mafiose: sciolto il consiglio comunale

(di Massimo Calandri, da qui)

BORDIGHERA - Assessori eletti con i voti della 'ndrangheta. Appalti più che sospetti. Ricatti e minacce di morte ai consiglieri comunali. Un agguato mortale ai carabinieri sventato appena in tempo. E poi armi, aggressioni, il racket della prostituzione e quello del gioco d'azzardo. Il Comune di Bordighera, una delle perle liguri della Riviera dei Fiori, è stato ufficialmente sciolto per "infiltrazioni mafiose" dal Consiglio dei Ministri, che ha accolto la proposta presentata dal ministro dell'Interno, Roberto Maroni. Commissariato, così come accaduto con Desio nel novembre passato.

L'allarme era stato lanciato nove mesi fa dai carabinieri del nucleo operativo di Imperia con una clamorosa e dettagliata relazione. Alle stesse conclusioni era giunta la commissione prefettizia che per quattro mesi aveva messo le tende negli uffici pubblici della cittadina imperiese, concentrando la propria attenzione su di una mezza dozzina di appalti sospetti, in particolare legati al ripascimento delle spiagge e agli interventi successivi all'alluvione che aveva devastato le coste liguri nel 2006. Sono lavori più o meno direttamente gestiti dalla ditta facente capo alla famiglia calabrese dei Pellegrino, attualmente sotto processo per una brutta storia di estorsioni. Il clan avrebbe garantito l'elezione di alcuni stretti collaboratori del sindaco, secondo quanto emerso anche da una parallela indagine penale. Gli investigatori avevano puntato l'indice anche sulle facilità con cui un night di Bordighera - gestito dalla famiglia Pellegrino- avrebbe ottenuto dagli amministratori pubblici l'affiliazione ad associazioni sportive e culturali per superare garbugli burocratici e fiscali. Ma nel conto ci sono naturalmente anche le confessioni fatte dagli stessi eletti agli inquirenti. E le notti trascorse da questi con la pistola sotto il cuscino, per la paura di ritorsioni. Le minacce e i ricatti provati, le pistolettate per chi decideva a chi affidare i riempimenti dei cantieri.

Una cittadina bellissima e tormentata, Bordighera, da troppo tempo intossicata da un'aria pesante. La mafia nella Riviera dei Fiori è purtroppo storia vecchia, legata all'insediamento - a partire dagli anni Sessanta - di alcuni esponenti della 'ndrangheta mandati al confino. All'inizio dell'anno erano stati arrestati Michele ed Alessandro Macrì, calabresi, trovati in possesso di una pistola calibro 6.35 con matricola abrasa: "Quelli devono morire", li avevano sentiti ringhiare al telefono. Dove 'quellì stava per i carabinieri, 'colpevolì di aver redatto la relazione con cui già a giugno chiedevano lo scioglimento del Comune. Nell'autunno erano stati fermati altri quattro calabresi con una pistola. Volevano uccidere, avevano spiegato gli investigatori. L'obiettivo è rimasto sconosciuto, ma il loro avvocato no: Marco Bosio, lo stesso della famiglia Pellegrino. Bosio è anche il cognome del sindaco Pdl, l'architetto Giovanni: "Sono stanco di difendere quest'amministrazione dalle voci maligne. Dopo la denuncia dei carabinieri abbiamo cambiato la giunta. Il resto sono chiacchiere", ha ripetuto per mesi il primo cittadino. Chiacchiere come l'amicizia su facebook di uno dei rampolli dei Pellegrino, Giovanni, con gli assessori di Bordighera, con il consigliere regionale Eugenio Minasso e con il deputato Alessio Saso. Chiacchiere? Donatella Albano, consigliera comunale d'opposizione, l'ha sempre pensata diversamente. Mesi fa si era opposta all'apertura di una sala-giochi farcita di slot machines, naturalmente gestita dai Pellegrino. Da allora ha ricevuto solo minacce. Le avevano spedito un santino bruciacchiato di San Michele Arcangelo. Quello usato nelle affiliazione della 'ndrangheta. Adesso finalmente può respirare. "Forse è davvero finita", commenta.

giovedì 3 marzo 2011

Milano: infermiere abusava di pazienti in rianimazione

(da qui)

MILANO - Rinviato a giudizio un infermiere accusato di aver molestato tre pazienti mentre erano ricoverate nel reparto di rianimazione dell'ospedale San Raffaele tra l'11 dicembre 2005 e il 31 gennaio 2006. Il processo è stato disposto dal giudice per l'udienza preliminare Nicola Clivio, davanti al quale le presunte vittime hanno citato il San Raffaele come responsabile civile. Nel procedimento erano inizialmente coinvolti due infermieri con l'accusa di violenza sessuale aggravata dall'aver approfittato dello stato di semi incoscienza delle pazienti, una delle quali è ipovedente. Nel novembre 2009 il pubblico ministero Laura Amato aveva chiesto l'archiviazione per entrambi, ma il gip Micaela Curami aveva ordinato l'imputazione coatta per uno dei due. Il dibattimento comincerà il 27 aprile davanti ai giudici della nona sezione penale.

L'inchiesta era stata avviata nei primi mesi del 2006, dopo la denuncia di una delle tre pazienti, una sudamericana e due italiane tra i 40 e i 50 anni. In base a quanto ricostruito, sarebbero state tutte molestate mentre si trovavano in terapia intensiva in seguito a degli incidenti stradali. Secondo quanto denunciato, un infermiere le avrebbe palpeggiate, mentre si trovavano immobilizzate a letto per le fratture riportate e in stato di semi incoscienza per le terapie farmacologiche a cui erano state sottoposte. In particolare, una di loro ha riferito di essere stata molestata nel dicembre 2005, nei due giorni trascorsi in terapia intensiva con il bacino fratturato, da un infermiere che prima l'ha toccata con la scusa di cambiarla e poi si è masturbato. La donna ha detto agli investigatori che l'uomo ha minacciato di chiuderle l'ossigeno se non avesse collaborato e che se invece si fosse rilassata, poi le avrebbe dato uno yogurt e del succo di frutta. Un'altra delle presunte vittime ha raccontato invece che l'aggressore avrebbe sollevato le lenzuola del suo letto e che l'avrebbe molestata mentre veniva lavata.

Il fatto che le tre donne, al momento degli stupri, fossero sedate, secondo il difensore ha reso controverso il riconoscimento del suo assistito, un uomo sposato di 34 anni che si è sempre dichiarato «totalmente estraneo ai fatti» e che oggi non lavora più al San Raffaele. Se le presunte vittime si sono mostrate certe sulla sua identità - una sostiene di averne letto il nome sulla targhetta del camice e la donna ipovedente ne ha riconosciuto la voce - si sono tuttavia mostrate imprecise in alcuni dettagli, per esempio sul colore del camice indossato dall'aggressore, differente da quello in uso in ospedale.

L'udienza preliminare a carico del 34enne è durata in ogni caso più di un anno, di rinvio in rinvio perché le parti offese stavano trattando un eventuale risarcimento con l'ospedale. Il difensore dell'imputato, l'avvocato Eleonora Ferrillo, si è detta «molto amareggiata» per l'esito dell'udienza preliminare, ma «convinta di ottenere l'assoluzione a dibattimento». «Non abbiamo scelto l'abbreviato perché il mio assistito è innocente - ha detto -. Il pm ne aveva chiesto l'archiviazione con un provvedimento molto articolato e non mi spiego come il gip ne abbia potuto disporre l'imputazione coattiva. Oggi io non ci contavo, perché dopo un'imputazione coattiva non succede mai, ma lui sperava in un proscioglimento. Ora lui è distrutto così come la sua famiglia. A questo punto faremo una consulenza per verificare se i farmaci con cui erano trattate le pazienti possano aver alterato le loro percezioni».

martedì 1 marzo 2011

Trovato morto nel Chiusella il ventenne bergamasco scomparso

(da qui)

E' stato ritrovato il cadavere di Daniel Busetti, il ragazzo di 20 anni scomparso 10 giorni fa da Martinengo, nel Bergamasco, dopo esser rimasto coinvolto in un incidente stradale. Il corpo del giovane è stato trovato dalle unita cinofile dei vigili del fuoco nel torrente Chiusella, a Baldissero Canavese, su segnalazione di un pescatore.

Secondo le prime informazioni, il corpo del giovane si troverebbe ad appena 500 metri da dove nei giorni scorsi erano state rinvenute le sue scarpe. Già da questa mattina i volontari stavano battendo palmo a palmo la zona dove nel pomeriggio è stato ritrovato il ragazzo. Per recuperare il cadavere, al momento, non si esclude l'impiego di un elicottero, poichè il giovane si troverebbe in un luogo impervio. Daniel è scalzo e senza giubbotto. Sul posto - si è saputo dai Carabinieri - si stanno recando il papà Pasquale (nella foto) e il fratello minore del ragazzo. Da alcuni giorni i due si erano trasferiti nella sede della Federazione dei Damanhur, a Vidracco, proprio per seguire da vicino le operazioni di ricerca del ragazzo al quale avevano lanciato più volte appelli a tornare a casa. Il papà, inoltre, aveva acquistato bottigliette d'acqua e panini e li aveva lasciati nelle campagna e nei boschi del Canavese nella speranza di poter aiutare il figlio a sopravvivere. Pasquale Busetti e il figlio sono accompagnati dal comandante della Compagnia dei Carabinieri di Ivrea, Simone Martano.

Secondo i primi accertamenti, il ventenne bergamasco sarebbe morto per assideramento. Sul corpo non c'erano tracce di violenza e anche la posizione in cui è stato scoperto, piuttosto riparata, lascia pensare che abbia cercato di difendersi dal freddo di questi giorni. Il vescovo di Ivrea, Arrigo Miglio, ha raggiunto il luogo in cui è stato trovato Daniel per benedire la salma.


La scomparsa. "Ho fatto un incidente megagalattico. Ti amo. Addio": con questo sms, inviato alle 21,46 di sabato 19 febbraio a un'amica, era sparito Daniel Busetti, il ventenne muratore di Martinengo il cui corpo è stato trovato oggi pomeriggio nelle acque del torrente Chiusella, nel Canavese. Poco prima, mentre andava in auto a una festa con un amico, si era scontrato con un'altra vettura a Cavernago. Le auto erano andate distrutte ma il suo amico e le tre donne sull'altro mezzo avevano riportato solo lievi lesioni. Gli amici, arrivati subito dopo, lo avevano trovato molto scosso, difficile da calmare.

Dopo quel messaggio, Daniel era sparito nel nulla. Da subito erano cominciate le ricerche in tutta la Bassa Bergamasca, proseguite anche il giorno dopo solo per scoprire che, usando l'autostop e i pochi soldi che aveva addosso, Daniel era arrivato a Ivrea. La mattina successiva alla scomparsa si era infatti presentato all'ospedale della città piemontese e si era fatto curare una ferita alla testa, dichiarando le sue vere generalità. Una volta medicato era stato dimesso.
Il padre Pasquale, gli zii e il fratello David si erano subito spostati in Piemonte per partecipare alle ricerche. Si è scoperto così che Daniel aveva chiesto all'autista di un autobus dove trovare la comunità spirituale Damanhur. Lì ha parlato con una persona, le ha raccontato della sua fuga e ha detto "Voglio tornare a casa". Poi però è scappato. Il ragazzo ha cominciato a gironzolare nei dintorni di Baldissero Canavese. I carabinieri lo hanno visto ma lui è fuggito prima che riuscissero a fermarlo.

venerdì 25 febbraio 2011

il ritorno di fiamma

(di Vittorio Zucconi, da qui)

Allo stolto governo che finge di governarci, e a chi gli regge il moccolo, preoccupato di evitare la minaccia (reale) del fondamentalismo religioso in luogo dei pestiferi regimi arabi, varrebbe la pena di rammentare che tra i non secondari progenitori di questo pericolo ci siamo noi, l’Occidente dispensatore di libertà e di civilissimi governi.

Il cosiddetto Medio Oriente, o Vicino Oriente come altri lo chiamano, forzando appena un pochino la geografia visto che la Mezzaluna araba comincia dall’Oceano Atlantico e dal Marocco che si trova sulla longitudine dell’Irlanda, non proprio in Oriente, è stato per decenni il retrobottega dei giochi di potere e degli interessi europei che hanno creato e disfatto colonie, riserve di caccia, regimi e governi marionetta, primo fra tutti quella della famiglia Saud, sulle rovine dell’Impero Turco.

Il “trono del Pavone” in Iran fu costruito dai servizi anglo americani per liberarsi dello scomodo Mossadeq, presidente eletto, ma colpevole di avere nazionalizzato la Anglo-Iranian Oil Company: poi sarebbe stato un po’ difficile aspettarsi che le piazze in rivolta contro Rheza Palhavi si fossero scoperte filo americane o filo inglesi. E forse qualcuno ricorderà che l’insurrezione e la guerriglia dei Mujahidin in Afghanistan, Osama incluso, fu generosamente finanziata e aiutata da Washington in funzione anti sovietica, nel grande gioco della Guerra Fredda condotto sullo “scacchiere” mondiale.

In gergo spionistico americano questo si chiama “blow back”, il ritorno di fiamma che colpisce chi ha appiccato l’incendo. La furia pan islamica e anti occidentale dell’estremismo nei panni religiosi, diretta contro dittatori e despoti puntellati e finanziati da noi, non nasce perchè una mattina un fanatico si sveglia e comincia a sbraitare agitando il Quran, non essendoci mai stata scarsità di fanatici predicatori e profeti da quelle parti e non da ieri.

Tutto questo non rende meno pericoloso il fondamentalismo jihadista nè assolve i massacratori . Ma può aiutarci a capire che occorre fare molta attenzione e pesare le parole prima di sparare formule e slogan faciloni da Leghisti in libera uscita, da ministro che non sa quel che si dice o da teste urlanti per talk show televisivi, ma hanno ben altro suono quando vengono ascoltati da chi sta cercando di evitare i proiettili di assassini a pagamento, magari arrivati dalla cristianissima Europa, come si dice in Libia.

Mentre qualcuno ancora evoca la battaglia di Lepanto (1571) appena 70 anni or sono, quando tanti dei nostri dirigenti politici erano già nati o grandicelli, armate tedesche, inglesi, italiane se le suonavano di santa ragione a carrarmatate in casa loro, lungo le coste del Nord Africa, per contendersi territori che non appartenevano nè a tedeschi, nè a inglesi, nè a italiani. In “Medio Oriente” noi europei e americani abbiamo una lunga e poco gloriosa tradizione nel metterci sempre dalla parte sbagliata della storia per interessi nostri. E poi di lamentarci quando movimenti nazionalisti o integralisti, guarda caso, si alzano e ce l’hanno con noi.

E’ oggi, in queste ore, che si stanno creando i rapporti futuri fra noi e chi prenderà il posto dei Mubarak e dei Gheddafi. E non saranno i Ghedini, i Longo, gli Alfano e gli azzeccarbugli a salvarci se ci metteremo ancora una volta dalla parte sbagliata.

giovedì 24 febbraio 2011

Minorenne molestata sulla metro tra l'indifferenza dei passeggeri



Nel video l'intervista alla ragazza minorenne che lunedì sera, intorno alle 19, è stata molestata da un quarantenne italiano sulla linea A della metropolitana, fra l'indifferenza dei numerosi presenti.

IL RACCONTO. Ieri sera, alle 19.10, una guardia giurata in servizio presso la stazione Subaugusta ha fermato un quarantenne italiano che inseguiva una ragazza appena scesa da un convoglio. L'agente ha notato che tra i due era in corso un'accesa discussione.

In particolare, la donna accusava l'uomo di averla molestata mentre si trovava a bordo del treno. Scesa dal convoglio, è stata seguita dall'uomo che ha cominciato a toccarla e a insultarla. L'uomo potrebbe essere lo stesso che ha tentato di violentare, sempre in una stazione del metrò, una quindicenne.

La guardia giurata è intervenuta a difesa della passeggera e l'ha condotta, insieme col presunto molestatore, al box dell'operatore di stazione da dove ha chiamato il 113. La volante intervenuta sul posto, dopo aver sentito la ragazza, ha portato via l'uomo.

(22 febbraio 2011)

Gita vietata a studente down, ma i compagni si ribellano

(da qui)

CATANZARO - Uno studente di scuola media affetto dalla sindrome di Down, una gita scolastica, e una dirigente dell'istituto che nega al ragazzo l'autorizzazione a partecipare ad una gita. Tre elementi che sommati danno un risultato: la classe non ci sta, protesta e non va in gita.
E' Ida Mendicino, responsabile del coordinamento regionale per l'integrazione, a raccontare la vicenda: "In un primo momento la dirigente della scuola si era rifiutata di far partecipare lo studente alla gita". I genitori hanno interessato del fatto la Polizia, perchè c'è una norma che riconosce le gite scolastiche come "un'opportunità fondamentale per la promozione dello sviluppo relazionale e formativo di ciascun alunno". E anche per "l'attuazione del processo di integrazione scolastica dello studente diversamente abile, nel pieno esercizio del diritto allo studio".
Ma nonostante la normativa, la dirigente continua ad opporsi. Prosegue Mendicino: "La dirigente ha espresso ai docenti l'intenzione di non autorizzare in futuro alcuna uscita dello studente affetto da sindrome di Down. Ha anche chiesto ai compagni di classe di non portare a conoscenza del ragazzo le date delle gite in programmazione". Con quale motivazione? La "Scarsa capacità dello stesso ad apprendere a causa della sua infermità genetica". L'invito è stato immediatamente declinato dai compagni, ragazzi di terza media, i quali hanno dichiarato che avrebbero preferito rinunciare "tutti alle gite,
pur di non veder discriminato il loro compagno"
.
Mendicino dice di raccontare volentieri l'episodio occorso in quanto "Segnale importante di cambiamento in una generazione spesso tacciata di eccesso di individualismo e di scarso senso di solidarietà. Un plauso ai ragazzi dell'Istituto Comprensivo di Catanzaro - conclude - che si sono dimostrati vera speranza di maturazione del tessuto sociale rispetto agli esempi che spesso provengono dal mondo dei grandi".

mercoledì 23 febbraio 2011

Trashabile 2011, quarta puntata

Ok, con questa:


http://scaricabile.it/2011/02/trashabile-2011-quarta-puntata/


siamo alla quarta puntata della mia rubrica bisettimanale sul nuovo sito di Scaricabile.

Oggi il tema è: l'Asia sudorientale.

Buona lettura!

lunedì 21 febbraio 2011

Una sentenza condanna Alitalia e fa sperare la Fiom

(da Il Fatto Quotidiano del 12 febbraio 2011)

“Il giudice dichiara l’antisindacalità della condotta e ordina” ad Alitalia-Cai “di riconoscere le rappresentanze aziendali del sindacato Unione Sindacale di Base e di riconoscere loro l’esercizio del diritto di assemblea”. Sono le ultime righe del decreto firmato da Francesco Colella, giudice del lavoro del Tribunale di Civitavecchia. Sette pagine pesanti, e non soltanto per i rapporti sindacali all’interno di Alitalia. La decisione del magistrato infatti potrebbe in futuro pesare anche nella vicenda Fiat di Pomigliano d’Arco e Mirafiori.

Il succo della questione: se un sindacato rifiuta di siglare il contratto, l’azienda deve riconoscergli la rappresentanza quando, in un secondo tempo, decida di firmare. Nella sentenza c’è una frase che potrebbe segnare i futuri rapporti tra sindacati e imprese: “La rappresentatività del sindacato non deriva da un riconoscimento del datore di lavoro”.

Ma andiamo con ordine: siamo nel 2008, le polemiche legate alle trattativa Alitalia sono al calor bianco. I sindacati inizialmente respingono il contratto proposto dai nuovi azionisti. Interviene il Governo che si impegna a garantire il rispetto dei patti. Alla fine la maggior parte delle sigle mettono la firma. Sdl però rifiuta di aderire al contratto. Non si tratta di una decisione da poco: Sdl raccoglie una fetta consistente dei dipendenti soprattutto tra gli assistenti di volo. Riccardo Faranda, avvocato del sindacato, spiega: “Una situazione simile a quella che si è verificata alla Fiat, dove un sindacato chiave come la Fiom ha deciso di non sottoscrivere il contratto”.
Riassume il decreto: “Con una lettera dell’aprile 2010 il sindacato (che nel frattempo è diventato Usb) comunica ad Alitalia la propria decisione di sottoscrivere il contratto collettivo aziendale del 2008 e chiede inutilmente alla compagnia aerea di poter ottenere i locali per le proprie assemblee”.

Ecco il nodo: “Alitalia – racconta Francesco Staccioli, responsabile assistenti di volo Usb – sosteneva che non avendo firmato da subito il contratto non avevamo diritto alla rappresentanza sindacale”. E di nuovo viene in mente la situazione della Fiat, dove in ambienti della Cgil c’è chi ha proposto una firma tecnica della Fiom che consenta al sindacato di maggioranza relativa di non essere tagliato fuori. La decisione del giudice del lavoro di Civitavecchia potrà essere invocata dalla Fiom qualora volesse firmare in un secondo tempo il contratto collettivo. Il decreto lascia pochi dubbi: “Il sindacato ha chiesto al giudice che sia dichiarata l’antisindacalità della condotta (di Alitalia, ndr) e che sia ordinato alla società di riconoscere le rappresentanze di Usb consentendo loro l’esercizio del diritto di godere dei permessi sindacali, di convocare le assemblee e di fruire dei locali idonei a svolgere la propria attività” ricevendo anche “i contributi dei propri iscritti con trattenuta sulla busta paga”.

Secondo Alitalia-Cai, è scritto nel decreto, “il sindacato non potrebbe esercitare il diritto di assemblea perché non è firmatario del contratto collettivo aziendale e quindi è privo di rappresentanza”. Questo anche se la compagnia aerea, come ricorda il decreto, “ha ribadito l’invito ai sindacati (esclusi dalla firma, ndr) ad aderire agli accordi sottoscritti”.

Esistono delle condizioni, come ricorda il magistrato: “Per essere considerato firmatario di un contratto collettivo è necessario che il sindacato abbia preso effettivamente parte alle trattative”. Ma Usb ha partecipato alle trattative e quindi può firmare. Anche in un secondo tempo. Di nuovo un discorso che potrebbe non essere applicato soltanto al contratto Alitalia. È la legge, lo statuto dei lavoratori, che definisce chi può firmare un contratto. Non l’impresa.

Alla fine la decisione: il magistrato “dichiara l’antisindacalità della condotta consistita nel diniego del diritto di assemblea opposta alla richiesta di Usb e ordina ad Alitalia di riconoscere le rappresentanze sindacali aziendali appartenenti al sindacato e di consentire loro l’esercizio del diritto di assemblea”.

Insomma, l’Usb rientra in Alitalia anche se dopo i tagli e dopo due anni fuori dall’azienda i suoi iscritti sono passati da duemila a circa cinquecento. Andrea Cavola, segretario nazionale responsabile per il trasporto aereo di Usb, non ha dubbi: “E’ un precedente storico. L’azienda sarà costretta a convocarci agli incontri con i sindacati e potremo impugnare loro eventuali decisioni prese senza un preventivo confronto con noi”.

sabato 19 febbraio 2011

Libero e il Riformista: Angelucci dovrà restituire i soldi pubblici

(da Il Fatto Quotidiano dell’11 febbraio 2011)

Grossi guai in vista per Libero. Il quotidiano diretto dalla coppia Feltri-Belpietro è stato pescato dall’Autorità Garante per le Comunicazioni con le mani nella marmellata mentre attingeva dalle casse pubbliche finanziamenti che non gli spettavano. Il giornale caro ai leghisti si trova in una situazione davvero imbarazzante. Come una qualsiasi impresa meridionale scoperta dalla Guardia di finanza a truccare i requisiti per accedere a una legge di agevolazione, dovrà restituire il maltolto. Secondo l’interpretazione dell’Agcom, Libero ha incassato 12 milioni di euro e chiesto altri 6 milioni di euro alla Presidenza del Consiglio che non gli spettavano e su quei soldi ha fatto affidamento per chiudere in pareggio i bilanci degli scorsi anni.

Il 9 febbraio scorso l’editore di Libero, il deputato del Pdl Antonio Angelucci, proprietario del gruppo di cliniche private Tosinvest, si è visto comminare una multa di 108 mila euro e presto potrebbe trovarsi costretto a mettere mano al portafoglio. Il provvedimento dell’Autorità Garante delle Comunicazioni è frutto di una lunga istruttoria durata un anno e mezzo, avviata in tandem con Dipartimento editoria della presidenza, diretto da Elisa Grande. La delibera colpisce anche la società editrice del quotidiano Il Riformista, diretto da poche settimane da Stefano Cappellini. Entrambi i quotidiani – a differenza del Fatto Quotidiano – ogni anno attingono all’apposito fondo della presidenza del Consiglio dichiarando di appartenere a enti (una fondazione e una cooperativa) non collegate.

L’Agcom contesta quei finanziamenti perché i due giornali, al di là delle qualifiche formali, sono controllati entrambi dal gruppo di Antonio Angelucci. La delibera dell’Agcom è stata presa sulla base della relazione favorevole alla ‘condanna’ di Angelucci del commissario Sebastiano Sortino che è riuscito a convincere il presidente Corrado Calabrò (nominato da Silvio Berlusconi) e a strappare l’astensione di un altro membro dell’Agcom in quota Pdl, Stefano Mannoni. Un buon segnale per questa Autorità che finora aveva fatto parlare di sé solo per gli scandali seguiti alle intercettazioni di Trani.

Gli effetti della delibera potrebbero essere devastanti per i conti dei due giornali che – se la Presidenza del Consiglio applicherà la delibera Agcom – rischiano di saltare. Una pessima notizia anche per Vittorio Feltri e Maurizio Belpietro che sono entrati con una quota del 10 per cento a testa nella società editrice per rilanciarla.

Libero dovrà restituire i 7,7 milioni incassati nel dicembre 2008, con riferimento ai conti del 2007. Non solo: non potrà incassare nemmeno i 6 milioni di euro iscritti a bilancio nel 2009 né potrà chiederne altrettanti per il 2010. Anche una parte del contributo del 2006 dovrà essere restituito. Nel marzo del 2006 Angelucci ha comprato da Claudio Velardi, ex spin doctor di Massimo D’Alema, la maggioranza del Riformista. E quindi da quel momento, secondo l’Agcom, si è verificata la situazione di incompatibilità con il finanziamento. Anche per Il Riformista, che incassa 2,5 milioni di euro all’anno, nonostante venda in edicola poco più di 3 mila copie, gli effetti della delibera dell’Agcom saranno devastanti.

Secondo l’Agcom ci sono almeno quattro buone ragioni per ritenere che – al di là della forma – sia Libero che Il Riformista sono di proprietà di Tonino Angelucci. Innanzitutto il gruppo ha contribuito con molti milioni di euro ogni anno ai due giornali stipulando dei contratti di “valorizzazione della testata” che in realtà celerebbero una forma di finanziamento all’impresa. In secondo ruolo le riunioni degli organi delle società editoriali si tengono nei medesimi uffici del gruppo Angelucci. Inoltre gli amministratori spesso sono gli stessi e infine c’è una strana cessione di credito che somiglia molto a un finanziamento. Per il 2006 Libero ha incassato 7.953.436,26 euro (parzialmente da restituire). Per il 2007 invece 7.794.367,53, che dovrebbero essere integralmente restituiti. A questi bisogna aggiungere i 6 più 6 milioni che verranno a mancare per i bilancio già chiuso del 2009 e per quello del 2010. Per capire l’effetto di questa mazzata bisogna rileggere quello che ha scritto la società di revisione BDO, prima di certificare il bilancio: “L’equilibrio economico e finanziario della società è strettamente legato all’ottenimento dei contributi suddetti”.

Le conseguenze pratiche della delibera Agcom ora dipenderanno dall’interpretazione che ne darà il Dipartimento dell’Editoria. Se Libero avesse dichiarato subito di appartenere allo stesso gruppo del Riformista, solo quest’ultimo avrebbe perso il contributo. Ma il fatto di avere nascosto questa situazione agli uffici dovrebbe comportare la perdita del contributo per entrambi i giornali. Per non parlare poi dei possibili effetti penali. Potrebbero esserci dei riverberi anche per il personale. Nel 2008 tutti i 98 dipendenti (compresi 83 giornalisti) di Libero sono stati pagati con i soldi dello Stato. Soldi ai quali il giornale nemico degli sprechi non aveva diritto.

Gramsci a Sanremo

venerdì 18 febbraio 2011

Cocaina a professionisti e imprenditori - scoperta banda di pusher: dieci in cella

(di Antonio di Costanzo, da qui)

C'era il vertice dell'associazione, pusher legati ai clan Mazzarella e Di Biase. Poi c'era un gruppo di incensurati che lavorava per conto dei primi e veniva pagato con dosi di droga, come il portiere di uno stabile di Posillipo che la nascondeva in mezzo al pane. E, infine, c'erano loro: i clienti assidui, oltre cinquanta persone. Tutti esponenti di quella "Napoli bene" che cercava lo sballo nella cocaina e che per evitare il disturbo e i rischi di andarla a cercare in strada si faceva portare la "polvere" direttamente a casa o, persino, nella clinica medica dove un noto ginecologo, tra un paziente e l'altro, riceveva anche gli spacciatori prima di operare. Questo e altro racconta l'ordinanza emessa dal gip Luisa Toscano su richiesta del pm della Dda Michele Del Prete.

Oltre mille pagine che descrivono uno spaccato di Napoli inquietante dove avvocati, commercialisti, medici e imprenditori di Posillipo, Vomero e Chiaia sborsavano 90 euro a dose per la cocaina che veniva acquistata sia per l'uso giornaliero che in occasione speciali, ovvero quando si organizzavano cene e feste in casa. Un'indagine basata su trecento episodi accertati avviata nel 2009 quando, nel corso di un'inchiesta su un tentativo di estorsione, i carabinieri della stazione di Posillipo, diretta dal comandante Tommaso Fiorentino, intercettarono casualmente alcune telefonate su un giro di droga nella "Napoli bene". Da qui l'indagine che ha portato alla luce un business che fruttava all'organizzazione oltre 100mila euro al mese.

In mattinata il blitz dei militari della compagnia di Bagnoli, guidata dal capitano Federico Scarabello, che ha portato all'arresto di dieci persone (FOTO). Due provvedimenti sono stati notificati in carcere, quattro gli incensurati. All'appello manca uno skipper caprese che, come emerge dalle intercettazioni, consegnava la droga ai clienti all'interno di un noto ristorante dell'isola. Tra gli indagati figurano due coniugi di Posillipo, imprenditori, per i quali il gip ha respinto la richiesta di arresto: avrebbero finanziato l'acquisto di una partita di stupefacenti.

Secondo quanto emerso dall'indagine, tra i più assidui consumatori di cocaina c'era il ginecologo, che ordinava lo stupefacente e se lo faceva portare nella clinica in cui lavora anche due o tre volte al giorno. Il medico, così come gli altri consumatori, non è indagato. Finiscono in carcere Luciano, Gabriele e Vincenzo Vastolo, Antonio Iamboglia, Francesco Plancqueel, Maria Amendola, Rosario Balsamo e Vincenzo Basile. Mario Luongo e Salvatore Testa, invece, hanno ottenuto il beneficio dei domiciliari. Tutti sono accusati di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Nel corso dell'operazione i militari hanno scoperto anche un terreno in via Petrarca a Posillipo, trasformato in serra per la coltivazione di marijuana.

Blitz antidroga ai danni di un clan partenopeo anche in Abruzzo. Diciotto ordinanze di custodia cautelare in carcere per traffico e spaccio di droga, una delle quali nei confronti di Salvatore Puccinelli, alias "Totore straccetta", 55enne capo dell'omonimo clan camorristico del Rione Traiano, sono state eseguite dai carabinieri a Pescara. Puccinelli dal 2009 era sottoposto al regime di sorveglianza speciale con obbligo di dimora a Montesilvano, dove aveva trasferito la residenza insieme a moglie e figlio. Aveva messo su un'organizzazione con capi e gregari incaricati di reperimento, detenzione, trasporto e cessione di grandi quantità di cocaina, acquistata a Napoli e destinata a tossicodipendenti delle province di Pescara e Teramo.
 
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