giovedì 31 marzo 2011

Costringevano bambine a prostituirsi: otto arresti in provincia di Cosenza

CORIGLIANO CALABRO - Bambine di dodici anni per incontri con uomini ricchi di età compresa tra i 50 e i 70 anni. Dopo un anno di indagini, sono otto gli arresti che i carabinieri del comando provinciale di Cosenza, hanno effettuato a Corigliano Calabro con l'accusa di induzione, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione minorile.

Due delle cinque bambine coinvolte e vittime del giro scoperto dai carabinieri con l'operazione 'Flash market', avevano un ruolo attivo nell'attività illegale gestita dagli arrestati, facendo prostituire anche le sorelle minori. Le tariffe applicate dagli organizzatori del giro di prostituzione erano più alte nel caso di incontri con minori senza alcuna esperienza sessuale.

Non è escluso, secondo quanto sta emergendo dalle indagini, che le minori fatte prostituire siano più delle cinque accertate. Il giro di prostituzione durava da dieci anni e alcune delle vittime nel tempo sono diuventate maggiorenni. Gli incontri avvenivano o in casa delle persone che pagavano gli organizzatori del giro, o in automobile. I genitori delle bambine che venivano fatte prostituire, stando a quanto riferito dai carabinieri, non erano a conoscenza di quanto facevano le figlie.

E' stato anche accertato che uno dei destinatari del provvedimento procacciava a una vasta clientela prostitute anche non minorenni, e in uno degli appuntamenti utilizzati avrebbe, con un terzo soggetto, sequestrato e violentato una delle vittime. Gli arresti sono stati fatti in esecuzione di ordinanze di
custodia cautelare emesse dal gip del tribunale di Rossano su richieste dei sostituti procuratori, Maria Vallefuoco e Vincenzo Quaranta.

martedì 29 marzo 2011

Venezia. Detenuto si toglie la vita in cella Ci aveva già provato un mese fa

(da qui)

VENEZIA. Ancora un suicidio nel carcere veneziano di Santa Maria Maggiore. Si è impiccato domenica sera nella sua cella un detenuto romeno di 29 anni. Era entrato in carcere a febbraio e dopo pochi giorni aveva già compiuto un gesto di autolesionismo, che aveva costretto gli agenti della Polizia penitenziaria a trasferirlo per alcuni giorni in ospedale per le cure. Dopo il suo ritorno in cella era tenuto d'occhio, ma gli organici a Santa Maria Maggiore sono davvero risicati e in questi giorni i detenuti sono 370. Il giovane rumeno si è impiccato appendendosi alle sbarre.

Nel 2009 sono stati ben tre i suicidi a Santa Maria Maggiore, un altro lo scorso anno e proprio tre giorni fa, da Roma, la Uil aveva segnalato che il carcere venziano nei primi tre mesi del 2011 aveva conquistato il triste primato dei tentati suicidi tra i detenuti: sono stati ben dieci, quasi tutti sventati. In Italia si tratta del quindicesimo suicidio in carcere dall'inizio dell'anno.

lunedì 28 marzo 2011

Giù dal balcone con la figlia in braccio

(da qui)

Prima l'ha accoltellata tra il petto e il collo, poi l'ha buttata giù dalla finestra. E, alla fine, si è gettata nel vuoto pure lei. Per sua figlia di appena 8 anni, non c'è stato niente da fare. Quando sono arrivati i soccorsi, era già morta. Mentre lei, la madre, professoressa di educazione fisica di 46 anni, è stata ricoverata in gravi condizioni all'ospedale Sant'Eugenio di Roma dopo un volo dal quarto piano. Ma è deceduta intorno a mezzanotte e trenta. Inutile il tentativo di salvarle la vita con un intervento chirurgico.

La tragedia si è consumata nella periferia sud di Roma, in zona Fonte Laurentina. Nel cortile interno della bella palazzina in cui mamma e figlia vivevano. Loro, il convivente della madre e altri due bambini, figli di lui, un maschio e una femmina di 10 e 12 anni. Il resto della famiglia era fuori quando l'insegnante ha perso la testa, accoltellando la sua bambina, avuta da un matrimonio finito male, prima di gettarla nel vuoto. E poi seguirla. Erano circa le sei e mezzo, stando ai racconti dei testimoni, quando dall'appartamento si sono iniziati a sentire rumori. Urla, sbattere di porte, piatti che cadono e a terra e finiscono in mille pezzi. Poi un tonfo. Sordo. E, subito dopo, un altro. I due corpi, quello piccolissimo avvolto in un pigiama rosso, e quello della madre, sono sull'asfalto del cortile interno del palazzo in una pozza di sangue. "Quando ho sentito il rumore - dice Giuseppe che vive al piano terra dello stesso stabile - mi sono precipitato fuori, la bimba respirava ancora. È stato terribile, ho fatto di tutto, ma non sono riuscito a salvarla".

I carabinieri sono al lavoro per cercare di chiarire i motivi di questo gesto. La donna, che soffriva da anni di depressione, era in cura da uno psichiatra, ma nulla faceva pensare a una situazione tanto grave: tutte le mattine continuava ad andare a scuola e ad occuparsi dei suoi alunni. Sconvolto il compagno di lei, un impiegato, che era fuori con i suoi figli: "Sono distrutto, è stato un fulmine a ciel sereno", ha detto ai carabinieri, "è vero soffriva di depressione, ma era in cura, non mi sarei mai aspettato una cosa simile". Sulla dinamica dell'evento non sembrano esserci dubbi: in casa è stato trovato un coltello da cucina sporco di sangue, quello con cui la bambina sarebbe stata colpita. E sul muro dell'edificio, proprio sotto alla finestra del quarto piano, c'è una macchia di sangue. Quello della piccola.

Sospeso dal lavoro si uccide lanciandosi dalla sede dell'azienda

(da qui)

Un operaio di un'impresa di pulizia di 50 anni si è suicidato lanciandosi da un balcone dell'azienda per la quale lavorava. La società si trova al secondo piano di un palazzo nel lungomare Ognina di Catania.

Secondo una prima ipotesi, l'uomo si sarebbe tolto la vita dopo avere ricevuto un provvedimento di sospensione dal lavoro nell'ambito di un'inchiesta interna su dei furti in azienda. Soccorso da personale del 118 l'uomo è stato trasportato all'ospedale Cannizzaro, ma era già morto.

sabato 26 marzo 2011

Rumena rapita e violentata da gruppo armato a Torino, abbandonata su una spiaggia di Metaponto

(da qui)

Per una ragazza romena 26enne doveva essere una serata tranquilla a Torino in compagnia di amici e invece si è trasformata in un incubo: rapita da tre uomini, drogata e tenuta chiusa in un appartamento da altri quattro che per due giorni l'hanno minacciata con armi, picchiata, seviziata, drogata e violentata abbandonandola infine su una spiaggia di Metaponto (Matera), dove è stata trovata e soccorsa dai carabinieri che hanno avviato le indagini.

Oggi i carabinieri del nucleo investigativo di Napoli hanno rintracciato i quattro aguzzini, sottoposti a fermo per violenza sessuale di gruppo, sequestro di persona e per detenzione e porto illegali di armi da fuoco aggravati dal metodo mafioso. Il provvedimento di fermo riguarda Giuseppe Borrata, 27 anni, figlio di Francesco, affiliato ai Casalesi; Mario Grimaldi, 55 anni, pensionato; Fabio Marotta, ragioniere 26 enne; e Carmine Timpanelli, 32 anni, guardia giurata. Identificato anche un alt complice, cui non è stato possibile eseguire il provvedimento di fermo perchè detenuto.

I carabinieri di Napoli oltre a cercare di identificare gli altri tre aggressori stanno approfondendo le indagini perchè ritengono che i fermati possano essere autori di reati ancor più gravi.

giovedì 24 marzo 2011

Uomo spara alla compagna e la uccide davanti ai figli

TERNI - Tragedia in un appartamento di Terni. Un uomo ha ucciso la compagna con un colpo di fucile. Al momento dell'omicidio erano in casa anche i due figli di tre e sette anni. La vittima aveva 35 anni. Dopo l'omicidio, l'uomo si è consegnato alla polizia.

Parini, troppi insulti dai genitori. E cinque professori se ne vanno

(da qui)

Non vogliono più avere a che fare con le mamme degli studenti del Parini e per questo hanno chiesto il trasferimento in altre scuole. Alla fine, dopo una lunga lotta, i professori hanno gettato la spugna. Due professori hanno già presentato la domanda per insegnare altrove da settembre, altri tre valutano se farlo ora, pur fuori tempo massimo. «Questa scuola è un incubo — dice una delle prof transfughe — ci sono madri, non tutte per fortuna, che passano le loro giornate a insegnarci come si fa il nostro mestiere. E se i figli prendono voti bassi ci insultano».

Per difendersi dalle pressioni dei genitori, in una decina di classi i docenti hanno deciso di fare le riunioni dei consigli di classe in “formula chiusa”: non sono ammessi tutti i papà e le mamme, ma solo due loro rappresentanti. Questa mossa, conforme alla legge, ha scaldato ulteriormente gli animi dei genitori più agguerriti nel volere seguire la vita scolastica dei figli. Ed è fallito il tentativo di mediazione del preside Carlo Pedretti, che due mesi fa ha pubblicato sul sito web della scuola questa circolare: «I genitori che per qualsiasi ragione (personale) abbiano motivi di critica nei confronti di un docente — si legge — non devono avere atteggiamenti aggressivi od offensivi». Ma l’invito è caduto nel vuoto. Il Parini, intanto, perde iscritti.

La circolare del preside

Le sezioni dove in almeno una classe si è deciso di chiudere ai genitori le riunioni del consiglio sono la E, la B e la A, dove insegnano alcuni dei professori che ora hanno capitolato. Nella lettera di dimissioni un’insegnante parla di «insulti, accuse e parole pesanti» che le sarebbero state rivolte da alcuni genitori «anche via email». Un altro docente riferisce di «insulti personali e pesantissimi» che gli sarebbero stati fatti dai genitori di uno studente che andava male a scuola. Gli insegnanti lamentano anche il fatto che il preside in realtà non li abbia difesi, anzi. «Mi ha detto che con le famiglie contro non potevo insegnare, mi ha consigliato di chiedere il trasferimento e intanto mettermi in malattia, già che avevo qualche problema di salute», racconta un’insegnante. Un’accusa pesante, che la docente si dice pronta a ripetere «in ogni sede». Identico racconto fa un altro docente: «Mi ha detto di mettermi in malattia».

Ai docenti nel mirino arrivano gli attestati di stima di molti genitori e studenti. In particolare di quelli dell’ultimo anno, che temono di trovarsi con nuovi insegnanti alla maturità. Ma i rappresentanti dei genitori sono fermi nel condannare l’atteggiamento dei docenti. Raffaella Castellani, presidente del consiglio d’istituto, dice: «La scelta di non accettare i genitori ai consigli di classe ha messo le famiglie in una condizione di forte disagio. È vero che c’è una minoranza di madri e padri che difende i figli a oltranza, ma questo non può essere un motivo sufficiente a escludere le famiglie dalle riunioni in cui si decide la vita scolastica dei loro figli».

mercoledì 23 marzo 2011

Investe bimbo e lo crede morto, si suicida lanciandosi da un ponte

(da qui)

Non ha retto all'idea di aver ucciso un bambino, e delle conseguenze che ciò avrebbe potuto comportare. E ha deciso di togliersi la vita, lanciandosi da un ponte. Una vicenda che ricorda quella, simile, di Daniel Busetti, il ventenne fuggito dopo un incidente d'auto nel torinese, alla fine di febbraio, perché convinto di aver provocato vittime (le persone coinvolte rimasero invece illese) e ritrovato poi morto all'inizio di marzo. Protagonista della tragedia è, in questo caso, un ventunenne che ha investito un ragazzino di dieci anni.

L'incidente è avvenuto intorno alle 19 nel quartiere Mezzo Monreale. Il giovane, dopo aver travolto il bambino, non si è fermato a soccorrerlo e ha proseguito la sua corsa "in preda a un raptus di colpa", come hanno spiegato i carabinieri che hanno ricostruito la dinamica di quanto accaduto. E' arrivato in via Regione Siciliana, dove si è gettato dal ponte Corleone, sul fiume Oreto. Alcuni passanti che hanno assistito alla scena hanno chiamato i soccorsi, ma per il ragazzo non c'è stato niente da fare.

Il bambino, ferito, è stato trasportato all'ospedale Di Gristina, dove ora è ricoverato in prognosi riservata ma non risulta in pericolo di vita. Per il recupero della salma del 21enne sono intervenute squadre speciali dei vigili del fuoco. L'auto, rimasta parcheggiata, è stata posta sotto sequestro.

Uccide la moglie a coltellate - la figlia era in casa

(da qui)

Cinque coltellate alla moglie, mentre la figlia di soli nove anni è in casa. Così D.S., 41 anni, ha ucciso la moglie G.C., 45, nella loro casa di via Lama a Carpi, nel Modenese. La piccola non si è accorta di nulla.

Intorno alle 6.30 l'uomo avrebbe assalito la moglie, sferrandole cinque coltellate. E' probabile che all'origine del gesto ci siano motivi sentimentali, ma saranno le indagini della polizia a chiarirlo. Sul posto il sostituto procuratore Marco Niccolini, la bimba nel frattempo è stata affidata ai nonni.

martedì 22 marzo 2011

Ucciso a coltellate per 10 euro, fermato il presunto responsabile

(da qui)

Un uomo italiano di 38 anni è morto durante il trasferimento in ospedale a causa di numerose coltellate. E' successo intorno alle 16.30 in via Amleto Palermi a Vigne Nuove. La polizia ha fermato poco dopo il presunto aggressore. A quanto si apprende, la vittima è stata ferita con diverse coltellate alla schiena, al costato, al collo e alla mandibola.

Gli agenti della squadra mobile hanno fermato poco dopo il presunto responsabile che si troverebbe ora negli uffici della questura. A quanto si apprende si tratterebbe di un italiano di circa 55 anni, forse tossicodipende.

E' stato ucciso per un debito di 10 euro l'uomo, di 38 anni, accoltellato questo pomeriggio in strada, alla periferia di Roma, da un tossicodipendente di 52 anni. La vittima aveva disagi psichici e secondo una prima ricostruzione aveva litigato con il suo assassino, il quale voleva che gli fossero restituiti i 10 euro che alcuni giorni fa gli aveva dato in prestito.

I due hanno avuto una prima colluttazione all'interno dell'appartamento dell'omicida, anch'egli rimasto ferito. Poi in strada il cinquantaduenne lo ha colpito con diverse coltellate, prima di pentirsi e cercare di soccorrerlo chiamando il 113.

lunedì 21 marzo 2011

Uccisa donna 91enne, forse stupro movente

PIACENZA - I carabinieri hanno fermato il presunto assassino della novantunenne trovata in un canale a Castelvetro Piacentino. Si tratta di un vicino di casa, Giovanni Badalotti, 42 anni, pregiudicato per violenza sessuale anche a danni di minorenni. Secondo i carabinieri di Piacenza, la violenza sessuale dovrebbe essere il movente del delitto: l'uomo sarebbe salito dal secondo al terzo piano dell'abitazione popolare dove vive, entrando a casa della vittima, Stella Paroni, 91 anni, originaria di Cremona, per violentarla. C'é stata una violentissima colluttazione, poi la donna è stata gettata dalla finestra, ed è morta sul colpo.

Il delitto è avvenuto alle 4 del mattino in un quartiere degradato di Castelvetro Piacentino, l"Aldo Moro': i carabinieri hanno avuto difficoltà a trovare testimonianze, anche se diverse persone hanno di fatto saputo che era successo qualcosa di terribile. Badalotti, secondo una prima ricostruzione dei carabinieri, è sceso in strada, ha caricato il cadavere completamente nudo su una carriola e con questa l'ha portato nel canale dove verso le 9 una donna a passeggio col cane l'ha notato. Era piena di graffi e aveva la testa rotta. Due testimoni, più tardi, hanno ammesso ai militari di avere visto l'uomo che portava un corpo su una carriola, ma che avevano pensato a una bambola gonfiabile. Quando si è sparsa la voce del ritrovamento di un cadavere, in tanti sono andati sul canale per vedere o sapere qualcosa: tra questi anche il presunto assassino, notato nel capannello di curiosi. Intanto una figlia della donna morta era giunta da Cremona per farle visita e, entrando in casa, aveva notato tracce di sangue, dando a sua volta l'allarme. Badalotti è stato fermato dai carabinieri mentre stava rientrando a casa: gli inquirenti stanno per decidere una eventuale misura di custodia cautelare. Non avrebbero dubbi che si tratti proprio dell'assassino e, in attesa di un esame del cadavere, sospettano che il movente possa essere stata la violenza sessuale, anche se non si è in grado di dire che sia stata consumata. I precedenti specifici comunque parlerebbero chiaro.

IL FERMATO NEGA LA VIOLENZA SESSUALE - Avrebbe fatto parziali ammissioni sul delitto, ma avrebbe negato la violenza sessuale Giovanni Badalotti, fermato per l'omicidio e sospettato di stupro di Stella Paroni, 91 anni. E' quanto filtra dall'interrogatorio, prima dei Carabinieri e poi anche del Pm di turno Antonio Colonna nella caserma di Monticelli d'Ongina. Il magistrato e' giunto nel pomeriggio sul luogo del ritrovamento del cadavere, un canale che costeggia la discarica di Castelvetro Piacentino, e a quel punto la salma e' stata portata all'ospedale di Piacenza, dove domani dovrebbe essere eseguita l'autopsia, alla ricerca di prove dell'eventuale violenza sessuale e anche di eventuali tracce dell'assassino, magari tracce di pelle che potrebbero essere rimaste sotto le unghie della vittima.

TESTIMONI CONFERMEREBBERO TENTATO STUPRO - Al termine dell'interrogatorio il Pm Antonio Colonna ha firmato il decreto di fermo di Giovanni Badalotti per l'omicidio di Stella Paroni. L'uomo, a quanto si è appreso, avrebbe fatto parziali ammissioni sul'omicidio ma avrebbe negato la violenza sessuale. Nel fascicolo ci sarebbero però alcune testimonianze sulle urla sentite nella notte che renderebbero plausibile quanto meno il tentativo dello stupro.

martedì 15 marzo 2011

Marchia a fuoco la compagna: le sue iniziali sul corpo

(da qui)

Ammanettata a una panca da body building e marchiata a fuoco con un ferro a forma della iniziale del suo nome. E' stato questo l'epilogo di una storia di stalking subita da una donna di 33 anni, lo scorso febbraio nel corso di uno degli ennesimi episodi di vessazioni e violenze da parte del suo compagno. Pochi giorni fa gli agenti del commissariato Monteverde, diretto da Mario Viola, dopo un'indagine "lampo", hanno messo fine alle angherie subite dalla donna, arrestando l'uomo, un romano 43enne.

Nel corso della perquisizione presso la sua abitazione, gli agenti hanno trovato tutte le conferme alle indagini svolte e delle testimonianze rese dalle persone ascoltate. All'interno dell'abitazione, infatti, hanno trovato la panca da body building, ma anche il ferro utilizzato per la marchiatura e una videocassetta sulla quale l'uomo aveva addirittura registrato il suo gesto.

Alla base delle violenze sembra vi fosse un'ossessione dell'uomo, che obbligava la sua compagna ad avvisarlo telefonicamente di ogni suo movimento, anche sul lavoro e che la accusava di relazioni con altri uomini, da cui avevano poi origine le violenze subite.

Le indagini sono scattate dal referto dei sanitari che hanno visitato la donna a metà febbraio, diagnosticando lesioni con una prognosi di oltre 30 giorni. L'uomo è stato rintracciato poche sere fa al rientro presso la sua abitazione. La relazione, iniziata nel maggio del 2010, si è protratta fino al febbraio scorso, con una interruzione di circa due mesi. Tra i pretesti delle violenze anche l'accusa di portare sfortuna, rivolta in alcune circostanze alla donna. Adesso l'uomo, con esperienze da attore, è in carcere e dovrà rispondere all'autorità giudiziaria del reato di atti persecutori.

lunedì 14 marzo 2011

Muore studente in gita: mix di coca, alcol ed eroina

Droghe micidiali e tanto alcol. Questo - secondo chi indaga - ha ucciso il giovane Samuele Tofanelli, studente della provincia di Viareggio (Torre del Lago), che si trovava a Napoli per una gita scolastica assieme ai compagni di classe.

Ma non c'è solo questo grave risvolto nella vicenda giudiziaria che si è aperta dopo la morte di Samuele.

Gli inquirenti hanno ascoltato due compagni del giovane in gita scolastica. E secondo una prima ricostruzione emerge che l'allarme sarebbe stato lanciato tardivamente. Samuele, insomma, non sarebbe stato subito soccorso da chi si trovava con lui. E non può escludersi che si sarebbe potuto salvare.

Vicenda ancora da chiarire in molti dei suoi inquietanti contorni. La droga, ad esempio, dove è stata acquistata? Gli investigatori ritengono che cocaina e eroina siano state comprate a Scampia, nel micidiale supermarket napoletano dei narcotici. In una delle piazze gestite dalla camorra, padrona del narcotraffico nella periferia nord della città.

sabato 12 marzo 2011

"Negro torna al tuo paese, puzzi" E i colleghi lo picchiano all'uscita

(da qui)

Un'aggressione razzista punitiva. La vittima è un congolese di 24 anni, rifugiato politico in Italia dal 2006, brutalmente picchiato da quattro uomini, appena varcato il cancello della ditta in cui lavora, la Terdeca di Cernusco sul Naviglio. Sabato scorso l'operaio, che sta studiando per laurearsi, finito il turno è rientrato nello spogliatoio per cambiarsi sporcando il pavimento con le scarpe dopo aver lavorato a un macchinario che perdeva olio. Da qui la violenta reazione dell'addetto alle pulizie, un italiano di 50 anni.

"Mi ha detto negro, torna al tuo paese, puzzi come tutti quelli della tua razza", racconta il giovane. Il lunedì successivo, in pausa pranzo, il 50enne lo ha atteso con altre quattro persone, tra cui il figlio, all'uscita della ditta. È stato preso a calci e pugni anche quando era a terra ed è stato minacciato di morte se avesse denunciato l'accaduto. Soccorso dal titolare dell'azienda metalmeccanica, il giovane ha comunque presentato denuncia al commissariato di Monza, dove vive, solo il giorno dopo il pestaggio. Per il 24enne la prognosi è di sette giorni, ma i medici hanno riscontrato anche un profondo stato di choc. L'addetto alle pulizie è stato allontanato dall'azienda.

venerdì 11 marzo 2011

Strage in famiglia nel viterbese: uccide moglie e figlio, poi si taglia le vene

(da qui)

ACQUAPENDENTE (VITERBO) - Li ha colpiti più volte mentre erano a letto, nel sonno, con una piccozza. Così Imo Seri, 40 anni, ha ucciso la moglie, Tamara Sperandini, e il figlio Francesco di quattro anni. Subito dopo l'efferato omicidio, il suicidio. Seri si è tagliato le vene e, poi si è sdraiato accanto ai cadaveri. Infine, si è inferto il colpo di grazia alla gola. La tragedia è avvenuta intorno alle 7.40 in località La Sbarra, nella periferia di Acquapendente, in provincia di Viterbo. Sul posto sono accorsi i carabinieri della compagnia di Montefiascone, chiamati dai vicini di casa allertati da urla provenienti dalla casa. L'uomo era titolare di un bar pizzeria.

Sembra che oltre all'oggetto contundente, il 40enne abbia usato anche un arma da taglio per uccidere la donna e il bambino. A trovare i corpi è stato un cognato, che ha raggiunto l'appartamento dopo che Seri non si era presentato al bar-pizzeria di cui era titolare insieme al padre e dove lavorava anche la moglie.

Dopo avere chiamato prima al telefono e poi a lungo al citofono senza ricevere risposta, il cognato ha sfondato una finestra, è entrato e ha trovato i corpi. L'uomo si è messo ad urlare, è allora che i vicini di casa, spaventati, hanno chiamato il 112. Nell'appartamento, oltre alla polizia scientifica, in mattinata sono arrivati anche il sindaco di Acquapendente, Alberto Bambini, e numerosi amici della famiglia distrutta.

Una famiglia unita che non avrebbe avuto alcun problema economico. E' quanto raccontano i molti amici di Imo Seri, l'autore della strage. "Il bar-pizzeria di cui erano titolari - racconta un conoscente - andava bene. Tanto che la mattina, con il passaggio degli alunni delle vicine scuole elementari, il padre di lui li aiutava a servire". In effetti, la coppia, oltre a possedere la casa in cui abitava in una zona residenziale, stava costruendo un'altra villetta.

E su eventuali problemi nella coppia, sia gli amici sia i vicini di casa affermano di non aver mai avuto sentore di nulla. "A noi - dice una signora che abita a poca distanza - è sempre sembrata una coppia unita. Erano due lavoratori e non li abbiamo mai sentiti litigare". Tamara e Imo, sempre da quanto raccontano alcuni amici, stavano insieme da circa 20 anni, da quando erano studenti. Lei era originaria di San Lorenzo Nuovo, un paese distante pochi chilometri da Acquapendente, dove era nato e viveva il marito. Li hanno visti l'ultima volta insieme l'altro ieri pomeriggio, quando hanno accompagnato il figlio Francesco ad assistere alla sfilata delle maschere di Carnevale.

Secondo la prima ricostruzione, Imo Seri non ha lasciato messaggi scritti per spiegare le ragioni che lo hanno spinto ad uccidere moglie e figlio e poi a suicidarsi.

Al termine dei rilievi i corpi saranno trasportati nell'obitorio per l'esecuzione dell'autopsia disposta dalla procura della Repubblica. Nelle prossime ore verranno ascoltati i parenti delle vittime per cercare di ricostruire il motivo che ha spinto l'uomo a compiere l'omicidio.

"Mi hanno portato via Francesco. Perché? Perché è avvenuta questa tragedia?". Urlando queste parole, la madre di Tamara Sperandini, la donna uccisa insieme con il figlio di quattro anni dal marito, è entrata nella villetta teatro della strage. "Ho visto Francesco domenica scorsa - ha detto tra i singhiozzi la donna, titolare di un negozio a Bolsena - mi ha raccontato quello che avrebbe fatto per Carnevale. Ora sta in Paradiso ma io non lo vedrò più. Perché?".

Aggressione razziale contro italo-somala, denunciati due giovani di sedici anni

(da qui)

Prima la insultano con frasi a sfondo razziale, poi la aggrediscono umiliandola e infine le offrono 50 euro per comprare il suo silenzio. Protagonisti due minorenni napoletani di 16 anni denunciati dai carabinieri per aggressione a sfondo razziale nei confronti di una donna italiana di origini somale. E' successo a Napoli.

La donna, una quarantacinquenne, la notte del 7 marzo scorso è stata notata da una pattuglia di carabinieri della stazione di Pianura mentre si aggirava in cerca di aiuto in stato di shock. Soccorsa e fatta visitare al pronto soccorso dell'ospedale San Paolo, le è stato riscontrato un trauma contusivo alla regione lombare guaribile in tre giorni.

Successivamente le indagini dei militari hanno consentito di ricostruire quanto accaduto prima che la vittima si decidesse a raccontare il fatto: erano circa le 2 del mattino quando la donna, che si trovava in piazza San Giorgio in attesa di un bus, è stata avvicinata dai due minori che prima l'hanno apostrofata, poi aggredita fisicamente (tenuta bloccata da uno e picchiata dall'altro) e infine umiliata (uno dei due aggressori le ha anche urinato addosso).Nei giorni successivi all'aggressione, i due giovani hanno fatto contattare la donna per evitare che sporgesse denuncia offrendole 50 euro in cambio del suo silenzio.

giovedì 10 marzo 2011

Bordighera, infiltrazioni mafiose: sciolto il consiglio comunale

(di Massimo Calandri, da qui)

BORDIGHERA - Assessori eletti con i voti della 'ndrangheta. Appalti più che sospetti. Ricatti e minacce di morte ai consiglieri comunali. Un agguato mortale ai carabinieri sventato appena in tempo. E poi armi, aggressioni, il racket della prostituzione e quello del gioco d'azzardo. Il Comune di Bordighera, una delle perle liguri della Riviera dei Fiori, è stato ufficialmente sciolto per "infiltrazioni mafiose" dal Consiglio dei Ministri, che ha accolto la proposta presentata dal ministro dell'Interno, Roberto Maroni. Commissariato, così come accaduto con Desio nel novembre passato.

L'allarme era stato lanciato nove mesi fa dai carabinieri del nucleo operativo di Imperia con una clamorosa e dettagliata relazione. Alle stesse conclusioni era giunta la commissione prefettizia che per quattro mesi aveva messo le tende negli uffici pubblici della cittadina imperiese, concentrando la propria attenzione su di una mezza dozzina di appalti sospetti, in particolare legati al ripascimento delle spiagge e agli interventi successivi all'alluvione che aveva devastato le coste liguri nel 2006. Sono lavori più o meno direttamente gestiti dalla ditta facente capo alla famiglia calabrese dei Pellegrino, attualmente sotto processo per una brutta storia di estorsioni. Il clan avrebbe garantito l'elezione di alcuni stretti collaboratori del sindaco, secondo quanto emerso anche da una parallela indagine penale. Gli investigatori avevano puntato l'indice anche sulle facilità con cui un night di Bordighera - gestito dalla famiglia Pellegrino- avrebbe ottenuto dagli amministratori pubblici l'affiliazione ad associazioni sportive e culturali per superare garbugli burocratici e fiscali. Ma nel conto ci sono naturalmente anche le confessioni fatte dagli stessi eletti agli inquirenti. E le notti trascorse da questi con la pistola sotto il cuscino, per la paura di ritorsioni. Le minacce e i ricatti provati, le pistolettate per chi decideva a chi affidare i riempimenti dei cantieri.

Una cittadina bellissima e tormentata, Bordighera, da troppo tempo intossicata da un'aria pesante. La mafia nella Riviera dei Fiori è purtroppo storia vecchia, legata all'insediamento - a partire dagli anni Sessanta - di alcuni esponenti della 'ndrangheta mandati al confino. All'inizio dell'anno erano stati arrestati Michele ed Alessandro Macrì, calabresi, trovati in possesso di una pistola calibro 6.35 con matricola abrasa: "Quelli devono morire", li avevano sentiti ringhiare al telefono. Dove 'quellì stava per i carabinieri, 'colpevolì di aver redatto la relazione con cui già a giugno chiedevano lo scioglimento del Comune. Nell'autunno erano stati fermati altri quattro calabresi con una pistola. Volevano uccidere, avevano spiegato gli investigatori. L'obiettivo è rimasto sconosciuto, ma il loro avvocato no: Marco Bosio, lo stesso della famiglia Pellegrino. Bosio è anche il cognome del sindaco Pdl, l'architetto Giovanni: "Sono stanco di difendere quest'amministrazione dalle voci maligne. Dopo la denuncia dei carabinieri abbiamo cambiato la giunta. Il resto sono chiacchiere", ha ripetuto per mesi il primo cittadino. Chiacchiere come l'amicizia su facebook di uno dei rampolli dei Pellegrino, Giovanni, con gli assessori di Bordighera, con il consigliere regionale Eugenio Minasso e con il deputato Alessio Saso. Chiacchiere? Donatella Albano, consigliera comunale d'opposizione, l'ha sempre pensata diversamente. Mesi fa si era opposta all'apertura di una sala-giochi farcita di slot machines, naturalmente gestita dai Pellegrino. Da allora ha ricevuto solo minacce. Le avevano spedito un santino bruciacchiato di San Michele Arcangelo. Quello usato nelle affiliazione della 'ndrangheta. Adesso finalmente può respirare. "Forse è davvero finita", commenta.

giovedì 3 marzo 2011

Milano: infermiere abusava di pazienti in rianimazione

(da qui)

MILANO - Rinviato a giudizio un infermiere accusato di aver molestato tre pazienti mentre erano ricoverate nel reparto di rianimazione dell'ospedale San Raffaele tra l'11 dicembre 2005 e il 31 gennaio 2006. Il processo è stato disposto dal giudice per l'udienza preliminare Nicola Clivio, davanti al quale le presunte vittime hanno citato il San Raffaele come responsabile civile. Nel procedimento erano inizialmente coinvolti due infermieri con l'accusa di violenza sessuale aggravata dall'aver approfittato dello stato di semi incoscienza delle pazienti, una delle quali è ipovedente. Nel novembre 2009 il pubblico ministero Laura Amato aveva chiesto l'archiviazione per entrambi, ma il gip Micaela Curami aveva ordinato l'imputazione coatta per uno dei due. Il dibattimento comincerà il 27 aprile davanti ai giudici della nona sezione penale.

L'inchiesta era stata avviata nei primi mesi del 2006, dopo la denuncia di una delle tre pazienti, una sudamericana e due italiane tra i 40 e i 50 anni. In base a quanto ricostruito, sarebbero state tutte molestate mentre si trovavano in terapia intensiva in seguito a degli incidenti stradali. Secondo quanto denunciato, un infermiere le avrebbe palpeggiate, mentre si trovavano immobilizzate a letto per le fratture riportate e in stato di semi incoscienza per le terapie farmacologiche a cui erano state sottoposte. In particolare, una di loro ha riferito di essere stata molestata nel dicembre 2005, nei due giorni trascorsi in terapia intensiva con il bacino fratturato, da un infermiere che prima l'ha toccata con la scusa di cambiarla e poi si è masturbato. La donna ha detto agli investigatori che l'uomo ha minacciato di chiuderle l'ossigeno se non avesse collaborato e che se invece si fosse rilassata, poi le avrebbe dato uno yogurt e del succo di frutta. Un'altra delle presunte vittime ha raccontato invece che l'aggressore avrebbe sollevato le lenzuola del suo letto e che l'avrebbe molestata mentre veniva lavata.

Il fatto che le tre donne, al momento degli stupri, fossero sedate, secondo il difensore ha reso controverso il riconoscimento del suo assistito, un uomo sposato di 34 anni che si è sempre dichiarato «totalmente estraneo ai fatti» e che oggi non lavora più al San Raffaele. Se le presunte vittime si sono mostrate certe sulla sua identità - una sostiene di averne letto il nome sulla targhetta del camice e la donna ipovedente ne ha riconosciuto la voce - si sono tuttavia mostrate imprecise in alcuni dettagli, per esempio sul colore del camice indossato dall'aggressore, differente da quello in uso in ospedale.

L'udienza preliminare a carico del 34enne è durata in ogni caso più di un anno, di rinvio in rinvio perché le parti offese stavano trattando un eventuale risarcimento con l'ospedale. Il difensore dell'imputato, l'avvocato Eleonora Ferrillo, si è detta «molto amareggiata» per l'esito dell'udienza preliminare, ma «convinta di ottenere l'assoluzione a dibattimento». «Non abbiamo scelto l'abbreviato perché il mio assistito è innocente - ha detto -. Il pm ne aveva chiesto l'archiviazione con un provvedimento molto articolato e non mi spiego come il gip ne abbia potuto disporre l'imputazione coattiva. Oggi io non ci contavo, perché dopo un'imputazione coattiva non succede mai, ma lui sperava in un proscioglimento. Ora lui è distrutto così come la sua famiglia. A questo punto faremo una consulenza per verificare se i farmaci con cui erano trattate le pazienti possano aver alterato le loro percezioni».

martedì 1 marzo 2011

Trovato morto nel Chiusella il ventenne bergamasco scomparso

(da qui)

E' stato ritrovato il cadavere di Daniel Busetti, il ragazzo di 20 anni scomparso 10 giorni fa da Martinengo, nel Bergamasco, dopo esser rimasto coinvolto in un incidente stradale. Il corpo del giovane è stato trovato dalle unita cinofile dei vigili del fuoco nel torrente Chiusella, a Baldissero Canavese, su segnalazione di un pescatore.

Secondo le prime informazioni, il corpo del giovane si troverebbe ad appena 500 metri da dove nei giorni scorsi erano state rinvenute le sue scarpe. Già da questa mattina i volontari stavano battendo palmo a palmo la zona dove nel pomeriggio è stato ritrovato il ragazzo. Per recuperare il cadavere, al momento, non si esclude l'impiego di un elicottero, poichè il giovane si troverebbe in un luogo impervio. Daniel è scalzo e senza giubbotto. Sul posto - si è saputo dai Carabinieri - si stanno recando il papà Pasquale (nella foto) e il fratello minore del ragazzo. Da alcuni giorni i due si erano trasferiti nella sede della Federazione dei Damanhur, a Vidracco, proprio per seguire da vicino le operazioni di ricerca del ragazzo al quale avevano lanciato più volte appelli a tornare a casa. Il papà, inoltre, aveva acquistato bottigliette d'acqua e panini e li aveva lasciati nelle campagna e nei boschi del Canavese nella speranza di poter aiutare il figlio a sopravvivere. Pasquale Busetti e il figlio sono accompagnati dal comandante della Compagnia dei Carabinieri di Ivrea, Simone Martano.

Secondo i primi accertamenti, il ventenne bergamasco sarebbe morto per assideramento. Sul corpo non c'erano tracce di violenza e anche la posizione in cui è stato scoperto, piuttosto riparata, lascia pensare che abbia cercato di difendersi dal freddo di questi giorni. Il vescovo di Ivrea, Arrigo Miglio, ha raggiunto il luogo in cui è stato trovato Daniel per benedire la salma.


La scomparsa. "Ho fatto un incidente megagalattico. Ti amo. Addio": con questo sms, inviato alle 21,46 di sabato 19 febbraio a un'amica, era sparito Daniel Busetti, il ventenne muratore di Martinengo il cui corpo è stato trovato oggi pomeriggio nelle acque del torrente Chiusella, nel Canavese. Poco prima, mentre andava in auto a una festa con un amico, si era scontrato con un'altra vettura a Cavernago. Le auto erano andate distrutte ma il suo amico e le tre donne sull'altro mezzo avevano riportato solo lievi lesioni. Gli amici, arrivati subito dopo, lo avevano trovato molto scosso, difficile da calmare.

Dopo quel messaggio, Daniel era sparito nel nulla. Da subito erano cominciate le ricerche in tutta la Bassa Bergamasca, proseguite anche il giorno dopo solo per scoprire che, usando l'autostop e i pochi soldi che aveva addosso, Daniel era arrivato a Ivrea. La mattina successiva alla scomparsa si era infatti presentato all'ospedale della città piemontese e si era fatto curare una ferita alla testa, dichiarando le sue vere generalità. Una volta medicato era stato dimesso.
Il padre Pasquale, gli zii e il fratello David si erano subito spostati in Piemonte per partecipare alle ricerche. Si è scoperto così che Daniel aveva chiesto all'autista di un autobus dove trovare la comunità spirituale Damanhur. Lì ha parlato con una persona, le ha raccontato della sua fuga e ha detto "Voglio tornare a casa". Poi però è scappato. Il ragazzo ha cominciato a gironzolare nei dintorni di Baldissero Canavese. I carabinieri lo hanno visto ma lui è fuggito prima che riuscissero a fermarlo.
 
Clicky Web Analytics