lunedì 30 agosto 2010

Sequestrato dalla badante: "Voleva che le intestassi la casa"

(di Bruno Persano, da qui)

Sequestrato tre giorni dalla badante e dal fidanzato della ragazza. "Mi hanno picchiato, non mi davano da mangiare. Volevano che gli intestassi la casa". Un ottantenne, ex insegnante di Chiavari, è stato tenuto in ostaggio dalla ragazza incinta che aveva accolto in casa per darle un lavoro, e dal suo ragazzo di 17 anni.

Con la violenza gli avevano estorto un atto di cessione del suo appartamento in via Fiume. Un poliziotto del Commissariato che abita vicino, ha sentito però le urla dell'anziano e ha suonato alla porta della casa. Il pensionato era pallido, dimagrito, sofferente. Sollevato dalla visita dell'agente, ha confessato l'incubo che viveva da tre giorni.

Dovoica Blidariu, nomade romena di 22 anni, incinta al quarto mese, e il suo fidanzato diciassettenne, anch'egli romeno, sono stati fermati per estorsione, lesioni e sequestro di persona. Il giudice ha convalidato l'arresto. L'anziano è stato medicato all'ospedale di Lavagna.

"Quella ragazza - ha raccontato l'ex insegnante - la vedevo spesso sui gradini della chiesa Nostra Signora dell'Orto dove io vado quasi ogni giorno. Chiedeva l'elemosina. Era incinta e volevo aiutarla".

La ventiduenne fa parte di un gruppo di stranieri che è domiciliato a Genova ma ogni mattina giunge a Chiavari per fare la questua.

"Volevo aiutare quella ragazza. Le davo cinque, dieci euro. Ha preso ad accompagnarmi a casa. Mi faceva pena; mi sembrava che non avesse da mangiare. Le ho offerto un pranzo a casa. Quello è stato il mio errore, perché di fatto è tornata anche nei giorni successivi e s'è offerta di farmi da mangiare. Mi faceva un po' da governante anche se io sono abituato a vivere da solo e, a parte qualche problema alle gambe, mi faccio tutto da solo".

Poi, mercoledì il sequestro: "È venuta a casa - ricorda l'anziano - ha lasciato la porta aperta per far entrare anche il suo fidanzato. Insieme mi hanno immobilizzato e picchiato. Volevano che gli regalassi il mio appartamento. Per costringermi a firmare mi hanno tolto cibo e acqua per tre giorni. Per fortuna è arrivata la polizia".

venerdì 27 agosto 2010

Torino, aggredita in strada con l'acido: marocchina 19enne finisce in ospedale

(da qui)

MILANO - Una giovane marocchina di 19 anni è stata aggredita a Torino nella serata di giovedì da un uomo che si è avvicinato in strada e le ha versato dell'acido muriatico addosso. La ragazza è stata ricoverata al Cto per le ustioni. Altre tre persone sono rimaste ferite dagli schizzi: una donna anziana e suo figlio, italiani, e un uomo marocchino. I tre, soccorsi dal 118, sono stati portati in ospedale, ma sono stati dimessi già in nottata. Hanno riportato qualche bruciatura guaribile in un paio di settimane.

L'AGGRESSIONE - Secondo le prime ricostruzioni, la ragazza - regolarmente residente sul territorio italiano - era appena scesa dal bus alla fermata di corso Principe Oddone e stava rincasando. Arrivata all'altezza del bar Lupi è stata avvicinata dall'aggressore che ha agitato una bottiglia contenente l'acido muriatico. In quel momento di fronte al locale si trovavano diverse altre persone. L'aggressore si è poi allontanato a bordo di una vettura di colore scuro. La ragazza marocchina si trova tuttora ricoverata in condizioni gravi, con ustioni su tutta la parte alta del corpo. I carabinieri della compagnia Oltredora che stanno effettuando le indagini su quanto accaduto non escludono nessuna ipotesi, tuttavia quella più accreditata resta quella passionale.

Ragazzini prendono a calci un immigrato "Vattene via". E i genitori ridono

(da qui)

MACERATA - Insultato e preso a calci da un gruppo di ragazzini. La vittima è un immigrato originario del Bangladesh, i piccoli razzisti non un gruppo di bulletti di periferia ma bambini che stavano trascorrendo una giornata in spiaggia, sotto gli occhi divertiti dei genitori. E' successo a Civitanova Marche, in provincia di Macerata. Davanti a numerosi testimoni, fra i quali c'era anche un cronista.

L'immigrato, che lavora come ambulante sulle spiagge marchigiane delle vacanze, al termine del consueto giro tra gli ombrelloni si era fermato a riposare su una sdraio dello stabilimento Golden Beach. Cinque bambini lo hanno circondato intimandogli di allontanarsi a suon di insulti e calci contro la sdraio sulla quale era seduto. "Alzati da qua, vattene, questa è proprietà privata!", hanno detto i ragazzini al giovane immigrato. Poi gli insulti a sfondo razzista: "Amigo vattene, vai a vendere fuori da qua. Questa roba l'hai rubata". Poiché l'immigrato non rispondeva agli insulti, uno dei cinque gli ha sferrato dei calci dietro la sdraio colpendolo alla schiena.

Il tutto si è svolto sotto gli occhi di un gruppo di adulti, molto probabilmente i genitori, seduti a poca distanza sotto l'ombrellone. Non solo non sono intervenuti per fermare i bulletti, ma si sono messi a ridere del loro comportamento. Altri bagnanti non si sono accorti di quanto stava accadendo, o hanno preferito ignorare. Alla fine, l'ambulante si è alzato dalla sdraio e, in un italiano stentato, ha detto "siete stati molto cattivi". E si è allontanato, rifiutando di denunciare l'accaduto alle forze dell'ordine.

giovedì 26 agosto 2010

la metropolitana fantasma di Parma

(di Francesco Alberti, da qui)

PARMA - Basta un clic per salire sulla nuova metropolitana di Parma. Un clic sul sito di «Metroparma spa» e via. Tutti a bordo dell'ultimo gioiello della terra di Maria Luigia: due linee per un totale di 11 chilometri, modernissimi convogli di 30 metri l'uno, utenze da latitudini cinesi («96.700 spostamenti giornalieri - è scritto - per un totale annuo che supera i 24 milioni di passeggeri»). Decisa anche la data d'inizio lavori: estate 2009. L'estate dell'anno scorso. Altro clic. Dissolvenza. E fine della favola. Proprio così. Perché nel frattempo il progetto, già approvato, finanziato e con tanto di vincitori della gara d'appalto, è finito in cantina: non si farà mai, cancellato. Esiste solo sul sito di «Metroparma spa», società ormai in sonno. Un sonno che però ora rischia di generare mostri dato che sulla storia surreale di questa metropolitana fantasma si sono piantate da qualche giorno le unghie della Finanza che, sulla base di un fascicolo aperto dalla Procura di Parma, ha bussato alla porta di «Metroparma spa» e del Comune guidato dalla giunta civico-polista del sindaco Vignali, sequestrando tutte le carte del progetto.

Un progetto decollato nel 2005 grazie al sapiente gioco di squadra tra la giunta di Parma, allora guidata dal sindaco Elvio Ubaldi, e l'allora ministro delle Infrastrutture, il parmense Pietro Lunardi. L'accordo prevedeva: 172 milioni dallo Stato, 96 dal Comune tramite mutuo trentennale e altri 38 milioni per il materiale rotabile. Pareva una marcia inarrestabile. Via libera dal Cipe e appalto vinto da una cordata di imprese quanto mai bipartisan: Pizzarotti assieme alle rosse Coopsette e Ccc. Poi però la cosa si è arenata, i costi sono lievitati, i progetti cambiati, la giunta di Parma ha cominciato a tentennare: qualcuno ha dato la colpa alla recessione, altri ai tagli. Risultato: fondi revocati, niente metro.

Qui è entrata in azione la Finanza. Non ci sono per ora indagati né ipotesi di reato. Ma tante domande e qualche brivido. Il brivido viene da una cifra. Stando ai fascicoli in mano alla Finanza, tra consulenze e progettazioni sarebbero comunque già stati spesi la bellezza di 30 milioni: per un'opera che vedrà mai la luce. La giunta parmense ridimensiona, parla di «meno della metà». Comunque, una bella sommetta. Le domande invece nascono dagli esposti presentati in questi mesi dal comitato «Stopmetro» (cartello di cittadini e associazioni da sempre contrari al progetto) e dall'avvocato Arrigo Allegri, che contro la metro tentò vanamente la strada del referendum abrogativo. Nel progetto si parlava di «24 milioni di potenziali passeggeri». E su questa base il Cipe diede il via libera. Ma una successiva delibera della stessa «Metroparma spa» riconobbe che in realtà i viaggiatori non potevano superare gli 8 milioni e mezzo (parliamo di Parma, 170 mila abitanti, non del Cairo), ridando fiato a chi sosteneva l'inutilità dell'opera. E dopo, in occasione del secondo progetto definitivo (mai approvato), è riaffiorata la storia dei 24 milioni di passeggeri. Un balletto di cifre.

Altro aspetto da chiarire, il ruolo di Ercole Incalza, esperto in sistemi metropolitani, da sempre vicino all'ex ministro Lunardi e il cui nome è comparso di recente nell'inchiesta su Anemone. Afferma l'avvocato Allegri: «Nel 2006, pochi giorni prima che il progetto andasse al Cipe, Incalza, allora consigliere del ministro Lunardi, venne nominato dal sindaco Ubaldi nel cda della società Metro, trovandosi così nel doppio ruolo di esaminatore del progetto e titolare dello stesso. E successivamente, pur restando nel cda della Metro, divenne capo della struttura ministeriale che doveva fare l'istruttoria del progetto». Replica dell'allora sindaco Ubaldi: «Non mi risulta: Incalza non aveva formalmente incarichi quando entrò, tra l'altro senza specifiche deleghe, nel cda della società Metro. E quando ottenne ruoli esecutivi a Roma, si dimise a Parma». Fosse stato per Ubaldi, la metro andava fatta, «e l'inchiesta ora è sacrosanta perché lo spreco di denaro è stato enorme e qualcuno dovrà risponderne». Vignali e la sua giunta hanno comunque di che consolarsi: il governo «amico» ha infatti deciso che darà comunque a Parma il 50% di quei 172 milioni che erano previsti per la metro. «Una mostruosità amministrativa - tuona Ubaldi -: due soggetti che si spartiscono soldi per un'opera finanziata, appaltata e poi annullata...». La regione Emilia-Romagna ha già fatto ricorso alla Corte costituzionale. Tutto per un clic.

le nuove bombe

Una bomba esplode nella notte e distrugge il portone d'ingresso del palazzo in cui abita un magistrato. Siamo in Calabria, non si muove foglia che la 'ndrangheta non voglia. La notizia desta inquietudine e preoccupazione, e segnala una lenta ma chiara evoluzione della strategia intimidatoria della mafia calabrese. Un segnale che significa, pressapoco, "non vi uccidiamo solo perché ancora non sappiamo se la cosa ci faccia comodo o meno". Certo, in momenti di sfacelo di Seconda Repubblica, con il ruolo primario della 'ndrangheta nei contatti politici (probabilmente la mafia siciliana è non sconfitta, ma talmente radicata in parlamento e in regione da non avere bisogno di ammazzatine o minacce di alcun tipo), viene facile tracciare inquietanti parallelismi tra la stagione attuale e quella delle stragi del '92. La notizia più inquietante, però, non è tanto questa, quanto il totale isolamento politico e mediatico a cui sono sottoposti i magistrati, indipendentemente dalle voci di facciata che si levano solidali solo in occasione di questi attacchi estremi.

Quello che mi fanno venire in mente i politici con la loro solidarietà di coccodrillo, sono scene da bullismo di prima media: ragazzini che ti picchiano, poi si presenta il capo a dire, con faccia di bronzo, "oh quanto mi dispiace, speriamo che non succeda di nuovo, se la saranno presa per qualche motivo, è proprio un peccato, mi dispiace, vedrai che magari non succederà più, ci penso io..."

(l'articolo, di Giuseppe Baldessarro, da qui)


REGGIO CALABRIA -
Questa volta il segnale è stato chiarissimo. Non ci sono dubbi sul fatto che nel mirino ci sia il Procuratore Generale di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro. Stanotte, pochi minuti prima delle 2, una bomba è stata fatta esplodere davanti al portone del palazzo in cui vive il magistrato reggino. Un boato che ha divelto il portone d'ingresso, devastato l'atrio e procurato danni ad alcune abitazioni vicine. Solo danni materiali, per fortuna nessun ferito. Di Landro abita tra l'altro in pieno centro, a Parco Caserta, zona residenziale della città dello Stretto. Un dedalo di viuzze molto frequentate a tutte le ore, anche in agosto.

"Contro di me, a partire dall'attentato a gennaio contro la Procura generale, c'é stata una tensione malevola e delittuosa crescente, da parte della criminalità organizzata, che si è personalizzata", ha dichiarato Di Landro, facendo riferimento alla bomba fatta esplodere la scorsa notte contro la sua abitazione. "Vogliono farmela pagare, evidentemente, per il fatto che ho sempre ed in ogni circostanza fatto il mio dovere di magistrato".

"Questo ennesimo grave episodio si inserisce in una lunga scia di intimidazioni e minacce, iniziata lo scorso tre gennaio, nei confronti della magistratura calabrese tutta", ha detto il Procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso. "E' in corso una sfida alle istituzioni culminata", ha ricordato, "nel ritrovamento di una macchina con armi durante la visita a Reggio Calabria del presidente della Repubblica".

Secondo il presidente del senato, Renato Schifani, si è trattato di un "attacco al cuore dello Stato. Un gesto di gravissima violenza criminale che deve essere condannato duramente dalle istituzioni e da tutti gli italiani che credono e si battono per la legalità". E solidarietà ha espresso anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini, che ha condannato "con fermezza questo gravissimo attentato", esprimento al procuratore generale "la più sincera solidarietà e il più vivo ringraziamento per il Suo impegno, a nome mio personale e della Camera dei deputati".

La bomba, confezionata molto probabilmente con del tritolo, è stata collocata sulla soglia del portone d'ingresso allo stabile di sei piani, che si affaccia direttamente sulla strada. Per arrivarvi non è quindi necessario superare alcuna barriera. Un ordigno innescato probabilmente da una miccia a lenta combustione, che ha sradicato il portone, provocato lesioni all'atrio e mandato fuori uso l'ascensore. Il Procuratore Generale della Corte d'Appello, al momento dell'esplosione era in casa con la moglie. I primi rilievi sono stati fatti dalla polizia scientifica e dagli artificieri della polizia, che hanno raccolto sul posto alcuni frammenti della bomba e messo in sicurezza l'area bonificando - per il timore di altri ordigni - l'intera strada. Poche decine di minuti dopo l'allarme a casa Di Landro c'erano il procuratore aggiunto Nicola Gratteri, il magistrato di turno Danilo Riva e il questore di Reggio Calabria Carmelo Casabona con Diego Trotta, uno dei dirigenti della squadra mobile.

Quello di ieri è solo l'ultimo degli episodi che si sono registrati ai danni di magistrati reggini. Dalla giorno della bomba di fronte al portone della Procura Generale 1 (il 2 gennaio scorso) ad oggi l'elenco delle toghe minacciate è particolarmente lungo. Ad inizio anno, una bombola di gas innescata con del tritolo fece tremare l'ingresso degli uffici della Procura generale in via Cimino, a poche decine di metri dal Tribunale nel quale è ospitata la Corte d'Appello di Reggio. Nei mesi successivi sono state intercettate una serie di lettere di minacce con proiettili inviate ai pm Giuseppe Lombardo (due volte) e Antonio Di Bernardo della Dda e una missiva intimidatoria fu indirizzata anche al Procuratore della Repubblica Giuseppe Pignatone. Fino all'auto carica di esplosivo trovata a gennaio sul percorso previsto per la visita di solidarietà del presidente della Repubblica Napolitano 2.

Ci sono poi almeno due sabotaggi ad auto di giudici. Tra giugno e luglio infatti sono state svitati i bulloni delle ruote delle auto di servizio dello stesso Di Landro e del sostituto procuratore generale Adriana Fimiani. Nel caso del Procuratore Generale la ruota si staccò in un momento in cui Di Landro non era a bordo e il suo autista stava andando a velocità ridotta per delle commissioni in città. Un altro episodio inquietante ha visto protagonista ai primi di agosto il Procuratore di Palmi Giuseppe Creazzo. Qualcuno ha infatti lasciato una cartuccia caricata a pallettoni sul parabrezza della sua auto di servizio parcheggiata all'interno del garage nel quale sono custodite tutte le macchine dei magistrati reggini, nel seminterrato del Tribunale. Messaggi mafiosi, con i quali la 'ndrangheta continua a dimostrare che è in grado di colpire chiunque e in qualsiasi posto.

Intanto, il Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica della provincia di Reggio Calabria, riunitosi questa mattina in prefettura, ha deciso di potenziare la scorta al procuratore generale Di Landro. Nel corso del vertice, presieduto dal prefetto di Reggio Calabria Luigi Varratta, al quale hanno patecipato i vertici delle forze dell'ordine e il presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti, è stato anche deciso di attuare la vigilanza fissa dell'abitazione dello stesso magistrato.

mercoledì 25 agosto 2010

la Costituzione dimezzata

Immagino che a molti dei miei lettori esploderebbe il computer qualora aprissero la pagina web di "Famiglia Cristiana", per cui riporto qui sotto l'editoriale di Beppe del Colle di ieri, di cui hanno parlato ampiamente alcuni giornali.

(Lo potete trovare anche qui. Magari il vostro pc non esploderà, in fin dei conti Famiglia Cristiana era odiata da Ruini perché troppo "spregiudicata" in termini di morale e i Paolini furono "commissariati" nel 1999 per le loro posizioni non concordi con i vertici della Chiesa.)

Berlusconi ha detto chiaro e tondo che nel cammino verso le elezioni anticipate – qualora il piano dei “cinque punti” non riceva rapidamente la fiducia del Parlamento – non si farà incantare da nessuno, tantomeno dai “formalismi costituzionali”. Così lo sappiamo dalla sua viva voce: in Italia comanda solo lui, grazie alla “sovranità popolare” che finora lo ha votato.

La Costituzione in realtà dice: «La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». Berlusconi si ferma a metà della frase, il resto non gli interessa, è puro “formalismo”. Quanti italiani avranno saputo di queste parole? Fra quelli che le hanno apprese, quanti le avranno approvate, quanti le avranno criticate, a quanti non sono importate nulla, alle prese come sono con ben altri problemi? Forse una risposta verrà dalle prossime elezioni, se si faranno presto e comunque, come sostiene Umberto Bossi (con la Lega che spera di conseguire il primato nel Nord e, di conseguenza, il solo potere concreto che conta oggi in Italia). Ma più probabilmente non lo sapremo mai. La situazione politica italiana è assolutamente unica in tutte le attuali democrazie, in Paesi dove – almeno da Machiavelli in poi – la questione del potere, attraverso cento passaggi teorici e pratici, è stata trattata in modo che si arrivasse a sistemi bilanciati, in cui nessun potere può arrogarsi il diritto di fare quello che vuole, avendo per di più in mano la grande maggioranza dei mezzi di comunicazione.

Uno dei temi trattati in queste settimane dagli opinionisti è che cosa ci si aspetta dal mondo cattolico, invitato da Gian Enrico Rusconi su La Stampa a fare autocritica. Su che cosa, in particolare? La discesa in campo di Berlusconi ha avuto come risultato quello che nessun politico nel mezzo secolo precedente aveva mai sperato: di spaccare in due il voto cattolico (o, per meglio dire, il voto democristiano). Quale delle due metà deve fare “autocritica”: quella che ha scelto il Cavaliere, o quella che si è divisa fra il Centro e la Sinistra, piena di magoni sui temi “non negoziabili” sui quali la Chiesa insiste in questi anni? A proposito. Ivan Illich, famoso sacerdote, teologo e sociologo critico della modernità, distingueva fra la vie substantive (cioè quella che riassume il concetto di “vita” mettendo insieme, come è giusto, e come risponde all’etica cristiana, tutti i momenti di un’esistenza umana, dalla fase embrionale a quella della morte naturale) e ogni altro aspetto della vita personale o comunitaria, a cui un sistema sociale e politico deve provvedere.

Il berlusconismo sembra averne fatto una regola: se promette alla Chiesa di appassionarsi (soprattutto con i suoi atei-devoti) all’embrione e a tutto il resto, con la vita quotidiana degli altri non ha esitazioni: il “metodo Boffo” (chi dissente va distrutto) è fatto apposta.

lunedì 23 agosto 2010

Detenuto si impicca in carcere: è la 42esima vittima in Italia

(da qui)

Un detenuto italiano, Matteo Carbognani, di circa 30 anni, si è ucciso ieri sera nel carcere di Parma impiccandosi con le lenzuola. Sale così a 42 il numero di suicidi dall'inizio dell'anno nelle carceri italiane. Lo ha reso noto Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del sindacato di polizia penitenziaria Sappe.

Un agente della penitenziaria - ha spiegato Durante - è intervenuto immediatamente, ma non ha potuto salvare il detenuto, ristretto in una sezione detentiva nella quale ci sono altri 50 reclusi. "Si trattava di un detenuto al quale restavano da espiare meno di due anni di reclusione" e, ha aggiunto il dirigente del Sappe, "era seguito attentamente, tant'è che lo psichiatra lo aveva visitato due giorni prima".

"E' un bilancio tristemente grave - afferma il segretario generale della Uil Pa penitenziari Eugenio Sarno- che non può non pesare sulle coscienze di chi non ha saputo dare adeguate risposte alle incivili condizioni di detenzione e di lavoro all'interno delle carceri italiane".

"Alla ripresa dei lavori parlamentari i nostri politici, Alfano in testa, hanno il dovere etico e morale di fornire e favorire soluzioni utili per contenere la barbarie che ogni giorno - conclude Sarno - si afferma all'interno delle nostre prigioni attraverso l'inumanità, l'inciviltà e l'illegalità".

"Probabilmente - aggiunge il Sappe - sarebbe stato opportuno approvare definitivamente il disegno di legge Alfano sulle pene detentive brevi, prima della pausa estiva. Nel solo carcere di Parma ci sono circa venti detenuti che potenzialmente potrebbero usufruire di quella legge, oltre al fatto che il Corpo di polizia penitenziaria potrebbe finalmente avere i duemila agenti di cui si parla ormai da due anni. A Parma ci sono 539 detenuti, a fronte di una capienza di 418 posti detentivi, mentre mancano più di 50 agenti. Bisogna ricordare che nel carcere di Parma ci sono tre sezioni detentive chiuse, le quali non possono essere aperte per mancanza di personale.

In Italia, spiega ancora il sindacato, ci sono circa 6mila posti detentivi inutilizzati per mancanza di agenti. Infatti ne mancano 6.500 dalle piante organiche. "Sarebbe quindi opportuno prevedere l'assunzione di almeno altri tremila agenti di polizia penitenziaria, oltre ai duemila già previsti, in modo da poter aprire tutte le strutture ancora chiuse, come Trento, Ancona, Rieti (aperto solo in parte), il centro clinico di Catanzaro e tanti altri. Solo in Emilia-Romagna, se ci fosse il personale, si potrebbero ricavare a breve oltre mille posti detentivi. A Rimini, per esempio, c'è anche una sezione chiusa per mancanza di agenti, mentre dieci detenuti continuano ad essere ristretti in 12 metri quadrati".

domenica 22 agosto 2010

Putin è il cattivo con la Politovskaja, ma Assange è il cattivo con gli americani?

E credo che il titolo la dica lunga, e non ho bisogno di aggiungere altro.

venerdì 20 agosto 2010

De Benedetti imbratta l'aria di Savona col carbone

Il signor De Benedetti, sponsor del PD e proprietario del gruppo Repubblica-l'Espresso, ha i propri scheletri nell'armadio - o anche fuori dall'armadio.

Una notizia interessante dell'ultimo periodo è questa, rilanciata dal blog del giornalista Oliviero Beha, che riguarda l'ampliamento della centrale a carbone di Savona, centrale che peraltro è sotto l'occhio critico di Comuni e scienziati a causa del grave inquinamento che causa (forse, si sospetta, per vere e proprie mancanze nella messa in regola degli impianti).

Qui potete leggere il documento redatto e presentato dai Comuni del savonese e da numerose associazioni locali.

Con tutte le inchieste di Repubblica o dell'Espresso, questa è una cosa di cui non parleranno mai... Poi dicono dei giornali berlusconiani che non toccano il padrone.

Bosco di Gioia, grandissimi figli di troia

(di Marco Travaglio, da qui)

Ci vorrebbe il candore di un bambino, come nella fiaba del re nudo, per strillare: “Che ce ne frega dell’alloggio di 65 metri quadri a Montecarlo venduto da An e abitato dal fratello della compagna di Fini?”. Non ce ne frega niente perché riguarda una bega privata tra gli eredi della contessa Annamaria Colleoni che lo donò ad An che lo vendette a due off-shore che lo affittarono a Giancarlo Tulliani (da privato a privato a privato a privato). Perchè non investe un solo euro di denaro pubblico. E perchè a menarne scandalo sono il partito e i giornali di un tizio, incidentalmente presidente del Consiglio, indagato per aver minacciato un’organismo pubblico (l’Agcom) affinchè chiudesse trasmissioni a lui sgradite e imputato per gravissimi reati contro l’interesse pubblico: corruzione giudiziaria di un testimone, frode fiscale, falso in bilancio, appropriazione indebita. L’unico pallido motivo d’interesse pubblico nel “caso Fini” è l’accusa, mossa ai vertici di An, di aver tradito le ultime volontà della contessa Colleoni, che aveva lasciato i suoi beni (compreso un gatto) al partito per sostenerne “la buona battaglia”.

La vicenda ricorda, per sommi capi, quella del Bosco di Gioia, la rara e antica area verde sopravvissuta nel Parco Sempione alla cementificazione di Milano e donata nel 1964 da una nobildonna, Giuditta Sommaruga, all’Ospedale Maggiore. Ma a una condizione: che “non venga venduta né data in affitto, ma sia mantenuta fra le proprietà dell'Ospedale Maggiore, non solo ma venga bensì destinata ed adibita a scopi ospitalieri… per lenire le sofferenze dell'umanità”. L’ospedale pubblico, poi divenuto Niguarda, accettò l’eredità, ma poi tradì le ultime volontà della donatrice vendendo i terreni nel 1983 con la complicità della Regione Lombardia. Che in seguito decise di costruirvi un grattacielo di 160 metri, una cosina sobria da 400 milioni destinata a ospitare la sua nuova sede: una moderna piramide non di Cheope, ma di Roberto Formigoni, a imperitura memoria del Celeste governatore del Pdl. Così, per non disturbare il capolavoro, vennero rase al suolo le 200 piante del Bosco di Gioia, 12 mila metri quadri di area verde.

Contro lo scempio ambientale insorsero 15.500 abitanti del quartiere e vari comitati spontanei animati da Verdi, Milly Moratti, Dario Fo, Beppe Grillo e Rocco Tanica (il tastierista del gruppo Elio e le storie tese che ha dedicato al fattaccio la canzone- invettiva Parco Sempione). Ma fu tutto inutile.Oggi al posto degli alberi c’è un gigantesco cantiere, l’ennesima colata di cemento. Ma nessuno, a parte Report, ha mai denunciato lo scandalo su scala nazionale. Forse perché questo, diversamente dall’eredità Colleoni, riguarda denari, poteri, enti e interessi pubblici.O forse perché Formigoni è amico di Berlusconi. O forse perché gli alberi non posseggono tv né giornali. O forse perché non c’è di mezzo Fini. O forse per tutti questi motivi insieme.

mercoledì 18 agosto 2010

"Mai più morire come Stefano Cucchi": nuove regole per i detenuti ricoverati

(da qui)

Non devono più ripetersi vicende come quelle di Stefano Cucchi, morto a 31 anni il 22 ottobre scorso nel reparto detentivo dell'ospedale Sandro Pertini una settimana dopo il suo arresto, senza che i familiari sapessero nulla. D'ora in poi, se le condizioni di un detenuto ricoverato si aggravano, il medico potrà avvertire i parenti senza aspettare l'ok del magistrato di sorveglianza. Ad annunciare la novità il ministro della Giustizia Angelino Alfano, con una lettera al presidente della Commissione d'inchiesta sul servizio sanitario nazionale, Ignazio Marino. L'accordo tra il provveditorato delle carceri del Lazio e l'ospedale romano farà da battistrada per gli accordi tra tutti gli istituti di pena e le strutture sanitarie che hanno reparti detentivi. "Sono queste le cose che mi fanno pensare che la nostra battaglia sta avendo un senso. Con le nuove norme Stefano ci avrebbe avuti accanto a lui" ha commentato Ilaria Cucchi, sorella del giovane geometra.

Dunque, si cambia registro. Ed è proprio per le polemiche scatenate da quella morte e per gli sviluppi dell'inchiesta sul comportamento di carabinieri, polizia penitenziaria e medici, che il ministro ha lanciato l'input. "Nessuno potrà restituire Stefano Cucchi alla sua famiglia - spiega Marino - Ma adesso si potrà evitare che altri casi come quello del giovane morto all'ospedale 'Sandro Pertini' di Roma, a una settimana dal suo arresto per possesso di droga, accadano nuovamente". In altre parole, spiega, "se al momento del ricovero di Stefano Cucchi vi era di fatto la proibizione di comunicare con i familiari, in caso di aggravamento di un paziente detenuto, da oggi il medico, di fronte a una persona privata della libertà, potrà fare ciò che ogni medico pratica con ogni paziente: nel momento dell'aggravamento l'assiste e immediatamente dopo informa i familiari delle condizioni cliniche del loro caro. Fino ad oggi per fare questo c'era la necessità di un permesso del magistrato di sorveglianza, richiesto attraverso il carcere. Occorrevano giorni. Ora bastano minuti".

"Sicuramente è un grosso passo avanti - dice ancora Ilaria Cucchi - una umanizzazione, perché quel protocollo era assurdo. Si tratta di strutture detentive ma anche di ospedali, ci sono dentro persone che stanno male". Se le nuove norme fossero state in vigore quando Stefano sarebbe stato ancora vivo. "forse le cose sarebbero andate diversamente. O forse no, ma almeno non se ne sarebbe andato da solo - conclude la ragazza - Ci avrebbe avuti accanto a lui".

Il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria ha sollecitato tutti gli istituti a stabilire accordi con gli ospedali che hanno reparti detentivi per seguire le nuove linee. L' obiettivo è definire un protocollo standard, da sottoporre al ministero della salute e alle Regioni, valido su scala nazionale per le Asl e gli istituti di pena "per armonizzare le esigenze della salute con quelle della sicurezza ma anche evitare che il trattamento di un detenuto possa essere addirittura più restrittivo in ospedale che in carcere".

Gli ospedali che hanno reparti detentivi attrezzati per il ricovero e la sorveglianza di detenuti sono meno di dieci. Una legge del 1993 stabiliva che in ogni capoluogo di provincia dovessero essere creati reparti detentivi ma pochissime regioni si sono uniformate. Nel Lazio, oltre al Pertini di Roma, c'è l' ospedale Belcolle di Viterbo; altri reparti sono a Milano, Palermo e Napoli.

martedì 17 agosto 2010

Lettera di minacce alla vedova Fortugno: "Continuerò il mio impegno politico"

(da qui)

REGGIO CALABRIA - Una busta con all'interno una lettera di minacce e un proiettile è stata spedita al deputato del Pd, Maria Grazia Laganà, vedova di Francesco Fortugno, il vice presidente del Consiglio regionale della Calabria ucciso a Locri il 16 ottobre del 2005. Si tratta della quattordicesima lettera di minacce ricevuta negli ultimi quattro anni dall'onorevole Laganà, che assicura: "Continuerò il mio impegno politico, proseguirò nella battaglia di legalità e verità che mi sono imposta all'indomani della morte di Franco".

La busta è stata rintracciata dal personale del centro di smistamento delle Poste di Lamezia Terme ed è stata sequestrata dalla polizia. Gli investigatori hanno poi informato del ritrovamento l'onorevole Laganà. Esplicite le minacce contenute nella lettera: "E' arrivata la tua ora. La morte arriverà così".

"Si sta facendo terrorismo psicologico nei miei confronti. Non riesco a capire cosa si vuole da me e dalla mia famiglia. Attualmente è in corso in Corte d'Assise d'appello a Reggio Calabria il processo per l'omicidio di mio marito ed io andrò avanti serenamente", commenta ancora Maria Grazia Laganà. La prossima udienza del processo contro i presunti assassini di Fortugno è fissata per il 21 settembre.

Per l'omicidio dell'esponente politico sono imputati Alessandro e Giuseppe Marcianò, padre e figlio, accusati di essere stati i mandanti; Salvatore Ritorto, che sarebbe stato l'esecutore materiale, e Domenico Audino, tutti condannati in primo grado all'ergastolo.

Massacra figlio di sette mesi: arrestata madre 28enne a Bari

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Sta lottando tra la vita e la morte il piccolo di appena sette mesi massacrato di botte dalla madre. Un´agonia che dura da tre giorni quella del neonato, portato mercoledì sera prima al pronto soccorso di Goia del Colle, poi trasferito d´urgenza al reparto di rianimazione dell´ospedale pediatrico Giovanni XXIII e infine ieri pomeriggio operato al Policlinico di Bari al reparto di neurochirugia. «Le sue condizioni sono disperate - ammettono i medici - è difficile che ce la faccia».

Il bambino, quando è arrivato all´ospedale di via Amendola, era già in fin di vita. Costole rotte, fratture multiple, cranio spaccato. Giovedì ha avuto due collassi cardiocircolatori che è però riuscito a superare, ieri invece è stato operato alla testa per cercare di abbassare la pressione intracranica.

Ad eseguire il delicatissimo intervento l´equipe guidata dal professor Antonello Calace che ha dovuto applicare due drenaggi per la presenza di un igroma bilaterale. I sanitari non fanno alcuna previsione, ma tra i corridoi del reparto prevale il pessimismo. Stabili le condizioni cardiache, gravi invece quelle neurologiche per le numerose ecchimosi, il neonato è ora tenuto in coma farmacologico. «Il quadro clinico è gravissimo, solo un miracolo - commentano - può salvare il piccolo».

È stata portata intanto nel carcere di Bari la madre, una 28enne di origini brasiliane ma residente in Italia fin da piccola. La giovane, in stato di shock, ha confessato le violenze davanti agli uomini della squadra mobile di Bari specializzati nei reati contro i minori, ha raccontato di aver sfogato la sua rabbia sul figlio, esasperata dai continui litigi con il compagno, un artigiano di 35 anni. Le torture andavano avanti da almeno due mesi.

La donna deve rispondere adesso dell´accusa di maltrattamenti aggravati da lesioni gravissime. Il padre, che ha dichiarato di non sapere nulla, non è indagato, ma gli inquirenti stanno valutando la sua posizione.«Strano che l´uomo non si fosse mai accorto di nulla - spiegano gli investigatori - abbiamo accertato che anche lui era vittima delle aggressioni della donna, gli abbiamo trovato infatti analoghi morsi sul collo come quelli riportati dal bambino. Una violenza illogica ed inaudita che ha lasciato sconvolti anche noi».
Al vaglio anche le testimonianze dei parenti più stretti per chiarire eventuali altre responsabilità.

giovedì 12 agosto 2010

Baleari: la folle moda del balconing ha già provocato quattro morti

Si chiama balconing, si legge morte. O, se va bene, ferite di varia gravità. Per ingannare la noia estiva alle Baleari si sono inventati un nuova moda. Mortale, però. Il salto dal balcone. Dopo una notte passata a bere numerosi bicchieri di troppo, una volta tornati all'alba al proprio hotel o nella casa presa in affitto, a qualche turista viene in mente all'improvviso di provare una scossa di adrenalina saltando nel vuoto. Nella maggior parte dei casi la caduta provoca solo lievi ferite, in altri problemi più gravi, ma quattro giovani hanno già perso la vita a Maiorca e Ibiza.

CASI - Dall'inizio di giugno sono almeno trenta i casi di salto dal balcone, riporta il quotidiano spagnolo El Pais, di cui tre negli ultimi giorni. Un ventenne britannico è stato ricoverato in ospedale in gravi condizioni dopo essere volato alle 20 di domenica dal secondo piano da un appartamento di Platja d'en Bossa, a Ibiza. I suoi amici hanno ammesso che avevano passato il pomeriggio a bere alcolici mescolati con ecstasy e crystal, una metanfetamina sintetica. Sempre domenica altri due ragazzi di 18 anni si sono lanciati nel vuoto da un hotel a Magaluf, un'autentica colonia giovanile britannica a Maiorca.

BALCONING - Il balconing non è nuovo. Nelle ultime cinque estati si sono registrati almeno una decina di casi all'anno. «Sì è vero, lo vediamo da alcuni anni. Però adesso il fenomeno è aumentato», ha ammesso un adetto alla reception di un hotel di Alcudia. «Arrivano in stanza già ubriachi o drogati, e continuano la baldoria in camera. Se li sorprendi, dicono che hanno perso le chiavi della stanza. La maggioranza delle volte vogliono saltare sui balconi delle stanze delle ragazze o pensano di tuffarsi in piscina». Due anni fa in un residence vicino un giovane ha avuto gravi danni alla colonna vertebrale tuffandosi di testa in una fontanella con l'acqua profonda pochi centimetri che aveva scambiato per una piscina.

CACCIATI - Il moltiplicarsi dei casi, però, ha costretto l'assessore per il Turismo delle Baleari, Joana Barceló, a difendere le isole assicurando che si tratta di «una meta sicura». Molti hotel e residence sono stati costretti ad aumentare la sicurezza aggiungendo ringhiere e pannelli di separazione tra i balconi delle camere. «A noi interessa non essere identificati come il paradiso di ogni sfrenatezza», ha detto il direttore di un residence di Ibiza che aggiunge: «Se i clienti non rispettano le regole che sono ben segnalate dai cartelli e non mantengono un comportamento adeguato, li cacciamo via».

L'Aquila, tesoro da 150mila euro tra le macerie: gli operai lo riconsegnano ai proprietari

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L'AQUILA. Trovano un tesoretto da oltre 150mila euro tra le macerie di una casa crollata nel centro storico dell'Aquila, in cui ha perso la vita una donna. Gli operai della ditta «I Platani» del gruppo Palmerini non ci pensano nemmeno un attimo e consegnano tutto ai carabinieri. Buoni postali, 10 orologi e altri oggetti preziosi sono, ora, nelle mani dei carabinieri che stanno rintracciando i proprietari per la riconsegna.

GUARDA Gli operai e il luogo dove era nascosto il tesoro

Il ritrovamento è avvenuto nel corso dei lavori di puntellamento di un fabbricato su via e Arco del Capro, da pochi giorni liberato dalle macerie. A rivolgersi ai carabinieri per consegnare quanto trovato è stato il capo cantiere, Massimo Colaiuda. «Per noi», ha detto, «è stata una cosa normale riconsegnare quanto trovato ai carabinieri. Non era roba nostra e ora è giusto che torni nelle mani dei legittimi proprietari».

martedì 10 agosto 2010

Stuprata francesina di 17 anni: fermato coetaneo della Napoli-bene

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CAPRI – Era arrivata nell’isola azzurra per una vacanza da sogno. Amelie (la chiameremo così anche se non è questo il suo vero nome), francesina di 17 anni era arrivata giorni fa a Capri con altri tre amici. Un soggiorno con tutti i crismi dell’agiatezza: permanenza al Regina Cristina, un delizioso quattro stelle a pochi passi dalla Piazzetta, mentre gli amici erano scesi al Quisisana, l’albergo dei vip. Per Amelie quella caprese doveva essere una vacanza indimenticabile e, invece, si è trasformata in un incubo che difficilmente riuscirà a scacciare dalla mente e dal corpo. Stuprata al termine di una notte in discoteca ad alto tasso alcolico, dal rampollo coetaneo di una famiglia napoletana molto in vista. Il ragazzo stato fermato.

Sabato mattina poco dopo le 4, un netturbino che spazzava le strade che dalla Piazzetta portano a via Camerelle e via Cerio - il budello dello shopping elegante che in agosto diventa uno “struscio” continuo fino alle due di notte – ha visto accucciato in un angolo il corpo della francesina. “Ho pensato che fosse morta, ho avuto un terribile spavento”, dirà lo spazzino al vicequestore Stefano Iorio. L’uomo ha scrollato la diciassettenne che era in stato confusionale, dovuto a una colossale sbronza. Poi ha chiamato i soccorsi che hanno condotto la ragazza all’ospedale “Capilupi”. I sanitari si sono subito accorti che la ragazza era stata violentata e le hanno applicato cinque punti di sutura. Poi l’hanno ricoverata perché in evidente stato di choc, oltre che ancora sotto gli effetti dell’alcol. Intanto scattavano le indagini per arrivare al responsabile. Gli uomini del commissariato interrogavano gli amici di Amelie, e ricostruivano la notte caprese della francesina. La giovane era andata con il suo gruppetto prima al ristorante, poi ad alcune taverne-bar dove si fa musica fino a notte alta. Qui aveva incontrato un gruppetto di coetanei, italiani, con i quali aveva bevuto numerosi cocktail e tirato tardi. Poco prima delle quattro i due gruppi avevano lasciato il locale.

Amelie, dopo aver salutato gli amici alloggiati al Quisisana, aveva proseguito per il suo albergo, accompagnata dal suo coetaneo. Qui, in un punto buio di via Ignazio Cerio, lontano solo qualche metro dalle luci dei negozi griffati ed eleganti, il ragazzo avrebbe abusato di Amelie. Una aggressione selvaggia nonostante la giovanissima età dell’adolescente che risiede in una delle vile vip di Anacapri. Una violenza resa più inammissibile per le condizioni della ragazza francese, incapace di resistere visto lo stordimento alcolico di cui era preda. I poliziotti hanno visionato i videotape delle telecamere di sicurezza dei negozi, poi le foto scattate nei locali. Infine, nel pomeriggio hanno convocato il ragazzo in commissariato per un interrogatorio insieme ai suoi genitori. Il ragazzo è stato poi fermato: "Non mi sono reso conto di quello che ho fatto, ero ubriaco", ha dichiarato.

L’intenzione era anche di capire se si sia trattato di uno stupro isolato o dell’abuso di un “branco”. Amelie, intanto, lasciava il “Capilupi” dopo aver ricevuto la visita del sindaco Ciro Lembo a cui ha manifestato la propria solidarietà e offerto ospitalità gratuita sull’isola. Ma il primo cittadino non ci sta a far “processare” Capri. “Purtroppo una cosa del genere poteva capitare ovunque perché spesso i ragazzi escono ubriachi dai locali e fanno cose pericolose. Da parte mia mi batterò per estendere la videosorveglianza e la sicurezza sull’isola. In ogni caso, quando questa vicenda sarà chiarita, ci costituiremo parte civile contro lo stupratore”. Come farà anche Federalberghi.

lunedì 9 agosto 2010

Giovane sordomuta violentata stava passeggiando con il cane

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PERNATE (Novara) - Una giovane donna sordomuta è stata aggredita ieri sera a Pernate, vicino Novara. Stava passeggiando col cane, quando un uomo, un tunisino, ha cercato di violentarla. Il nordafricano ha avvicinato la giovane donna e con la forza l'ha costretta, ad entrare nella propria abitazione dove, sempre con la violenza, ha approfittato della ragazza cercando di avere un rapporto completo, senza riuscirci per la reazione della vittima.

La ragazza, maggiorenne, è stata in balia dell'aggressore per circa trenta minuti, dalle 17.30 alle 18, poi è riuscita a fuggire e tornare a casa, raccontando tutto ai genitori. All'ospedale Maggiore di Novara i medici hanno confermato il tentativo di violenza. Immediatamente sono partite le indagini dalla polizia e in poche ore l'uomo è stato arrestato: si tratta di un tunisino di 32 anni, in regola con i permessi di soggiorno, ora in carcere a Novara.

Vescovo austriaco: "Love parade ripugnante, Dio ha punito una generazione perduta"

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SALISBURGO - Partecipare alla "ripugnante" Love Parade è "peccato". Morire alla Love Parade 1 è la "punizione divina". Più chiaro di così, il pensiero del viennese Andreas Laun, vescovo ausiliario di Salisburgo, esperto di teologia morale e autore di saggi su Cattolicesimo e amore in relazione all'omosessualità e al rapporto di coppia, non potrebbe essere. D'altronde, non è un caso se la rubrica che cura sul portale cattolico Kath.net si intitoli Klartext, "parlare chiaro". Così Laun mette nero su bianco la sua convinzione che i 21 morti della terribile ressa scatenatasi alla Love Parade di Duisburg lo scorso 24 luglio, costato la vita anche alla giovane italiana Giulia Minola 2, altro non sia se non il castigo di Dio contro la perdizione di una gioventù impossibile da redimere.

L'articolo del vescovo si intitola "Love Parade, peccato e punizione divina" e si apre con una premessa: "A nessuno è permesso giudicare i morti". Del tutto ignorata nelle righe successive, dove Laun distribuisce verdetti che suonano come incisi sulla dura pietra, usando una terminologia a metà tra l'esorcismo e la medicina legale. "La Love Parade e la partecipazione ad essa - scrive Laun -, a prescindere dalla sua immagine ripugnante, costituiscono una sorta di ribellione contro la Creazione e contro l'ordine divino, sono un peccato e un invito al peccato".

Terrificante il passaggio successivo, in cui il vescovo di Salisburgo invita a riflettere sul fatto che, a prescindere dall'aspetto "patologico" della manifestazione, "ci si rifiuta di ammettere che la Love Parade potrebbe anche avere a che fare con il peccato e, di conseguenza, anche con un Dio che giudica e punisce". Secondo questa visione, dunque, a Duisburg sarebbe andato in scena un sabba infernale, interrotto da un Dio spazientito.

Morire schiacciati dalla folla (LE FOTO 3) per volere del Signore? Come può un cattolico accettare l'idea di un Dio così vendicativo? Per tutta risposta, il candido Andreas Laun definisce "naturale" che Dio punisca e che "non è cattolico" pensare il contrario. Il vescovo ausiliario di Salisburgo precisa che Dio non punisce per vendetta, ma "per amore", poiché la sua intenzione è di "recuperare le persone". Dopo aver precisato che "la condanna morale dei morti è sbagliata", Laun scrive che "sarebbe ormai ora di chiedersi perché oggi tanta gente al concetto di punizione reagisce come se fosse morsa dalla tarantola".

Anziché risultare persuasi dalle parole del vescovo, i lettori di Kath.net hanno scaricato sul portale cattolico una valanga di proteste, costringendo Laun a correggere parzialmente il tiro. Un "chiarimento del chiarimento" in cui il religioso ripete che "nessuno ha il diritto di giudicare gli altri, poiché ciò spetta solo a Dio!", ma poi se la prende con gli "atei", ai quali chiede il perché della loro indignazione, visto che "per voi non esiste il Dio della Bibbia e della Chiesa". Laun se la prende anche con i "critici" della religione in generale, poiché a suo avviso non esiste "nessuna religione che non creda a un Dio che sia anche giudice dell'umanità".

Quasi una minaccia, quella che Laun lancia alla fine, tirando in ballo l'idea di Dio dei musulmani. "Usate la prudenza - ammonisce Laun - poiché il vostro scherno potrebbe colpire anche i musulmani, convinti che Dio punisce e che ai vostri attacchi potrebbero reagire in modo diverso dal mio".

domenica 8 agosto 2010

Turista Usa denuncia uno stupro "Violentata nel bagno di un bar"

(di Federica Angeli, da qui)

Una turista americana di 21 anni ha denunciato di essere stata violentata da due giovani in un bar-discoteca di Roma sul Lungotevere. Una pattuglia dei carabinieri della stazione di San Pietro stamani verso le 5 stava passando nei pressi di Castel Sant'Angelo, quando ha notato delle turiste, una delle quali in lacrime e all'apparenza ubriaca.
A quel punto i militari hanno chiesto alla giovane cosa le fosse accaduto e lei ha raccontato di aver subito violenza da parte di due ragazzi nel bagno di un locale notturno di Lungotevere Castello. A quel punto la giovane è stata accompagna all'ospedale Santo Spirito, dove è stata sottoposto ad una visita.

I carabinieri hanno raccolto la denuncia della ragazza e hanno ascoltando il titolare del locale ed alcuni dipendenti. Secondo le dichiarazioni rese della ragazza, dichiarazioni al momento al vaglio degli inquirenti, la serata sarebbe cominciata senza problemi in uno dei locali della kermesse "Estate romana". La turista ha prima conosciuto un ragazzo italiano vestito in jeans e maglietta bianca con il quale avrebbe cominicato a ballare. Secondo le stesse ammissioni della giovane, poco dopo mezzanotte e dopo aver bevuto 5 birre, la ragazza si sarebbe appartata in uno dei bagni provvisori dove il giovane italiano l'avrebbe costretta ad avere un rapporto sessuale completo. La ragazza sarebbe poi tornata a ballare. Poco dopo il secondo giovane, anche lui italiano e vestito in jeans e maglietta bianca, l'avrebbe violentata sempre nel bagno del locale.

I due giovani, verso le tre del mattino, si sarebbero allontanati. Rimasta sola e ritrovate le amiche, la ragazza si è messa a piangere. Ai medici che l'hanno visitata al Santo Spirito la ragazza avrebbe mostrato un graffio sul ventre, segno della resistenza opposta ad uno dei due aggressori. I carabinieri della stazione San Pietro, coordinati dal capitano Gabriele De Pascalis, stanno ora cercando i due giovani: la ragazza americana non è però stata in grado di dire come si chiamassero e se abitassero a Roma.
 
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