giovedì 30 settembre 2010

lettura di giornali

Secondo l'ultima indagine Audipress, il primo quotidiano d'Italia continua a essere la Gazzetta dello Sport (4.132.000 lettori medi giornalieri) con un incremento di 137mila unità (le variazioni sono calcolate dal primo quadrimestre al secondo quadrimestre del 2010). Segue La Repubblica, che guadagna 60mila lettori giornalieri 3.269.000. Sul terzo gradino del podio, Il Corriere della Sera, che perde però 145mila lettori e si ferma ora a quota 2.725.000.

La Stampa mantiene la quarta piazza, facendo registrare l'incremento maggiore in termini assoluti (+215mila lettori) e ottenendo 1.908.000 lettori complessivi. L'altro quotidiano sportivo, Il Corriere dello Sport-Stadio ha 1.669.000 lettori quotidiani. A seguire Il Messaggero con 1.346.000 e Il Resto del Carlino con 1.282.000.

Da segnalare la performance de La Gazzetta del Mezzogiorno, che fa segnare un rialzo di 102mila lettori, portandosi a quota 712mila.

Male Il Giornale (705mila lettori, meno 62mila lettori) e Libero (388mila, meno 28mila) e "bene" L'Unità che vede crescere i suoi lettori a 389mila (+30mila), ma che vende comunque meno di Il Secolo XIX°, de Il Tirreno e del La Sicilia, per esempio.

Non sono noti i dati su Fatto e Manifesto.

domenica 26 settembre 2010

Montezemolo all'attacco della Lega, Fini all'attacco sulla legalità. E la sinistra dorme

Dopo il discorso di Fini di ieri, oggi tocca alla fondazione di Montezemolo attaccare la Lega Nord con un semplicissimo discorso: la Lega è corresponsabile del "disastro italiano", dato che negli ultimi 16 anni ne ha passati ben 11 al governo, senza contare l'amministrazione locale.

Il PD tace.

Oltre alla disastrosa gestione del territorio da parte del PD, di cui ho parlato qui, c'è una assenza totale di qualsiasi buonsenso politico e di parole d'ordine. C'è un vuoto pneumatico che dipende in larga parte anche dalla totale assenza di una linea guida. I Montezemolo e i Fini sono alfieri di una destra liberista e capitalista, perfettamente a loro agio in un mondo capitalista; non hanno bisogno di formulare un'alternativa o di "convertirsi": la loro offerta politica è un mondo uguale a questo ma più pulito, in cui la legalità e il razzismo non devono trovare posto. Mentre il PD e i partiti dei centrosinistra di tutta Europa sono in crisi perché questo mondo stride pesantemente con il modo di pensare del loro (potenziale) elettorato, che, indipendentemente dal fatto di avere creduto o meno nel "sogno comunista", non accetta che i valori socialdemocratici e sindacali siano stati di fatto svenduti. E come già ho avuto occasione di dire, tra una destra vera e una imitazione insicura, l'elettore "moderato" sceglie naturalmente l'originale.

Questo spiega perché, ad esempio, un partito come il PD si trovi in difficoltà nell'attaccare Marchionne, la Fiat, difendere i diritti sindacali, attaccare il sistema finanziario, contestare guerre e imperialismo economico e politico del mondo occidentale. Non spiega però la mancanza di polso su temi pertinenti a ogni persona onesta e che non dovrebbero essere appannaggio di alcun partito politico (né, a onor del vero, essere un tema di discussione in uno stato civile).
L'unica cosa che lo spiega è una mancanza di strategia base, soprattutto sul come entrare in futuro nel governo.

Il fatto è che attualmente il PD è in una fase dominata dalle manovre dalemiane. E con dalemiane uso un aggettivo riferito al "modo" di operare queste strategie, senza sapere quanto Massimo d'Alema stesso rientri nel gioco. Il PD ha abbandonato la "vocazione maggioritaria" di veltroniana memoria, e ha deciso di entrare al governo tramite le strategie di palazzo. Né più né meno di quanto abbia fatto nella Regione Sicilia (si veda l'eccellente articolo di Alessandro Tauro per Alla-fonte).

Per questo motivo il PD tace su quasi tutto: non ha intenzione di esporsi. La mancanza di un attacco generale sui temi della politica leghista è dovuto proprio a questo: il PD non ha ancora deciso se la Lega possa essere un possibile alleato con cui governare il paese, magari con una desistenza che consenta alla Lega di portare a casa ulteriori benefici fiscali e autogovernativi delle "regioni verdi" Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, in cambio di un supporto in Parlamento. Ricordiamo che fin dal 1996 D'Alema, per esempio, ha sempre considerato la Lega un possibile interlocutore.

Questa mancanza di una posizione chiara nei confronti della Lega, di UDC, di FLI, delle sinistre, di Di Pietro, è dovuta appunto al fatto che il PD, conscio di essere al palo del 25% nazionale in caso di elezioni, preferirebbe o appoggiare un nuovo governo in questa attuale legislatura, oppure potersi presentare con le mani libere e potere entrare in una qualsiasi maggioranza di governo futura. L'unico requisito posto dal PD è che la maggioranza non comprenda Berlusconi.

giovedì 23 settembre 2010

Leghista rimane senza bonus bebè. "Colpa" della moglie ucraina

(di Manuel Sgarella, da qui)

«Mi sento come tra due fuochi o, peggio, su una mina, con un piede sul detonatore e uno no». Stefano Bottaccioli è un tradatese simpatizzante della Lega Nord e non ha problemi ha raccontare la propria storia: non ha avuto il bonus bebè perché sua moglie è ucraina e non ha ancora avuto la cittadinanza italiana. «Ma per me non è un problema, non sono 5mila euro che potrebbero anche cambiare la vita, sono 500 euro – racconta –. E poi sono un simpatizzante della Lega da oltre 20 anni, ci credo in quel che fanno e li sostengo». Una storia strana, emersa in attesa della sentenza sul provvedimento comunale giudicato discriminatorio dal giudice del lavoro e sul quale, dopo il primo ricorso del comune, dovrebbe pronunciarsi a breve il Tribunale collegiale.
Stefano è conosciuto in città come il “tuttofare”, effettua diversi lavori di manutenzione e da poco è diventato autonomo. «Tempo fa ho bussato alle porte del comune dopo che avevo perso il lavoro, mi hanno subito aiutato. E come me, tanti altri hanno ricevuto aiuti: le porte del comune, per quel che posso dire io, sono sempre state aperte per chi aveva bisogno, soprattutto in questo periodo di crisi».
Il figlio nato dall’unione con Natalia, la moglie 30enne che è in Italia dal 2004, si chiama Maxim ed ha circa due anni. «Da quando ci conosciamo, io e Natalia, non abbiamo mai litigato – racconta Stefano -, nemmeno sulla questione del Bonus Bebè. Lei ha una visione diversa dalla mia: sostiene che il figlio è totalmente italiano, che non è giusto sia discriminato perché ha una madre che non ha ancora la cittadinanza italiana. Io le rispondo che non è questo che caratterizza il comune. Magari il provvedimento si può sistemare, ma sono tante altre le cose buone, e più importanti, che sono state fatte in questi anni, soprattutto per chi è in difficoltà. Come anche tutta l’attenzione che è stata data ai rifiuti e alla raccolta differenziata, un grande passo avanti».
Stefano non sembra volersi sbilanciare troppo sul bonus bebè, ma spiega ridendo che «mi trovo tra due fuochi, anche emotivamente: da una parte credo sia giusto darlo solo agli italiani, dall’altra ho mia moglie come esempio. Sono diviso al 50 per cento».

mercoledì 22 settembre 2010

Spara alla figlia di 3 anni poi si uccide

(da qui)

BRESCIA - Un uomo ha ucciso la figlia e poi si è tolto la vita, a Lonato (Brescia). Accanto ai due cadaveri c'era anche la carcassa di un cane, sempre ucciso dall'uomo. Alberto Fogari, 42 anni, l'uomo che ha compiuto la strage pare fosse rimasto molto turbato dalla sentenza del Tribunale che giovedì scorso 16 settembre aveva disposto che la figlia restava affidata alla madre e lui poteva vederla solo un giorno alla settimana. Inoltre due settimane fa la mamma di Nicole si era risposata. Potrebbe essere in questi due eventi l'origine dell'attimo di follia e disperazione che ha portato Fogari all'omicidio-suicidio. Secondo alcune testimonianze l'uomo non aveva preso molto bene la decisione del giudice, anche se non pare ci fossero mai stati problemi nè litigi in precedenza con la madre di Nicole. La loro storia (i due non si erano mai sposati) era finita un anno dopo la nascita della bambina. Con la mamma di Nicole i rapporti erano rimasti buoni e lui trascorreva regolarmente alcuni giorni con la figlia. Entrambi poi si erano rifatti una vita. Lei con l'uomo che ha appena sposato. Lui con un'altra donna, con la quale, pare, avesse intenzione di aprire un asilo infantile. Dal suo profilo su Facebook, emerge anche che Fogari aveva un altro figlio di 13 anni, Nicola.

UN BIGLIETTO IN AUTO - Prima di mettere in atto il suo folle gesto Fogari ha lasciato un biglietto di addio e di scuse sul cruscotto dell'auto. Sul biglietto ci sarebbero delle frasi generiche per giustificare il gesto e qualche parola di commiato: «Da lassù - avrebbe scritto l'uomo - vi proteggerò».

appello per gli eritrei in Libia

Vi invito, come chiesto in un appello lanciato, fra gli altri, dal blog NoirPink, che questa Piccola Bottega si fregia di seguire, a inviare il testo della seguente lettera alle persone indicate in calce al blog (via mail e/o via posta tradizionale). E' un appello a una azione internazionale per fermare la persecuzione di richiedenti asilo eritrei respinti da Italia e Malta.

An urgent appeal to the international institutions asking them to prevent the deportation and stop the persecution of the Eritrean refugees in Libya.

Eritreans refugees in Libya, who were originally “pushed back” by Italy and Malta, are being still subjected to the risk of imminent deportation from Libya. We are launching an urgent appeal to the United Nations and the European Union.

After learning through the websites of EveryOne Group, Agenzia Habeshia, the Italian Radical Party and NoirPink of the situation of neglect the over 200 Eritreans in Libya now find themselves in,

I, [NAME AND SURNAME / NOME E COGNOME], [DATE AND PLACE OF BIRTH / DATA E LUOGO DI NASCITA], living in [COUNTRY / STATO], [ADDRESS / INDIRIZZO], e-mail [E-MAIL], Tel. No. [TELEPHONE NUMBER / NUMERO TELEFONICO],

wish to join the appeal for urgent intervention from the EU and UN institutions and authorities to prevent the imminent deportation from Libya of the Eritrean refugees, most of whom were originally pushed back from Italy and Malta towards the end of July 2010.

In spite of the promises made, the Italian Government is doing nothing to ensure the Eritreans are not sent back to Eritrea, where they would face certain persecution. So today we are forced to issue yet another urgent appeal. Time is running out, we have to take action as soon as possible if we are to save these people.

We are asking you to take urgent action to prevent this humanitarian tragedy deteriorating over the next few hours and to stop, once and for all, with urgent measures, the imminent deportation of these people back to Eritrea. As well as the 200 refugees awaiting deportation, there are many others in the Kuifia detention centre in Libya who may well be entitled to apply for asylum in the European Union.

Together with EveryOne Group, Agenzia Habeshia and NoirPink, we are renewing our appeal for the asylum seekers blocked in Libya. We are asking that a proper and lasting solution be found to this problem, with a project of resettlement in Europe for refugees in need of international protection.


INDIRIZZI E-MAIL

Alto Commissario ONU Diritti Umani
infodesk@ohchr.org
Urgent-action@ohchr.org
Migrant@ohchr.org

Alto Commissariato ONU Rifugiati
stefanak@unhcr.org
Guterres@unhcr.org
Boldrini@unhcr.org

Consiglio d'Europa
commissioner@coe.int

Commissione europea contro razzismo e intolleranza
combat.racism@coe.int

Commissione europea
jose-manuel.barroso@ec.europa.eu



INDIRIZZI POSTALI

Hon. Ban Ki-moon
Secretary-General of the United Nations
Office of the Spokesman for the Secretary-General
 United Nations
S-378
New York, NY 10017


Hon. Navanethem Pillay
United Nations High Commissioner for Human Rights
Office of the United Nations High Commissioner for Human Rights (OHCHR)
Palais des Nations
CH-1211 Geneva 10, Switzerland


Hon. António Guterres
United Nations High Commissioner for Refugees
Case Postale 2500
CH-1211 Genève 2 Dépôt
Suisse


Hon. Jerzy Buzek
President of the European Parliament
Paul-Henri Spaak building, Rue Wiertz, 60
Brussels
Belgium


Hon. Thomas Hammarberg
Commissioner for Human Rights at the Council of Europe
Avenue de l’Europe
67075 Strasbourg Cedex
Tel +33 (0)3 88 41 20 00


Hon. José Manuel Barroso
President of the European Commission
Berlaymont building, 200 rue de la Loi (Wetstraat)
Brussels
Belgium


Hon. Jacques Barrot
European Commissioner for Justice, Freedom &
Security
European Commission - DG Justice, Freedom and Security
B-1049 Brussels
Belgium

martedì 21 settembre 2010

l'ultima Lega

Questo è un video che dovrebbero vedere con molta, moltissima attenzione tutti gli attivisti e i dirigenti del PD e dei vari partiti della sinistra. Un video che spiega perfettamente lo stato di totale abbandono ideologico e politico in cui si è lasciata una buona fetta di nord, lasciando che la Lega potesse fare incetta di voti e persone.

lunedì 20 settembre 2010

Afghanistan: militari americani "uccidevano civili per divertimento"

(da qui)

WASHINGTON - Hanno ucciso civili afgani per divertimento. Diversi soldati americani della quinta brigata di combattimento Stryker sono sotto inchiesta per aver costituito un vero e proprio "squadrone della morte" soltanto per ammazzare il tempo. Sulla base di documenti relativi all'indagine delle forze armate Usa e delle testimonianze di persone vicine al dossier, il Washington Post fornisce un'agghiacciante ricostruzione di quello che è uno dei casi più macabri che abbiano mai coinvolto le truppe statunitensi dall'inizio dell'operazione in Afghanistan nel 2001. Quegli omicidi, scrive il giornale, "sono stati compiuti essenzialmente per sport da soldati dediti all'hascisc e all'alcol".

I militari, tutti componenti della quinta brigata di combattimento Stryker, hanno meditato per settimane sull'idea. Avevano cominciato a parlare della creazione di un "kill team" nel dicembre scorso. E hanno messo in atto il loro progetto il 15 gennaio nel villaggio di La Mohammed Kalay, nella provincia meridionale di Kandahar: la folle sequenza di morte è iniziata quando un afgano si è avvicinato a un soldato statunitense che ha simulato un attacco e gli altri effettivi Usa hanno aperto il fuoco uccidendo il civile. "Soddisfatto" del gioco, lo "squadrone della morte" ha proseguito nei giorni e nelle settimane seguenti, fino a maggio.

Ma togliere la vita a dei civili inermi non era abbastanza. Quei soldati, tra i quali un sergente, smembravano i cadaveri delle loro vittime, li fotografavano, ne conservano delle parti come souvenir. Tutto questo mentre avevano il compito di garantire la sicurezza dei partecipanti a un incontro tra ufficiali americani e un capo tribale.

L'inchiesta delle forze armate americane vuole accertare anche le responsabilità dei superiori: il padre di uno dei soldati ha raccontato di aver ripetutamente cercato di avvisare le autorità militari dopo che il figlio gli aveva raccontato del primo omicidio. Ma le sue segnalazioni sono cadute nel vuoto.

Cinque soldati sono già stati incriminati per tre omicidi. Altri sette sono indagati per aver tentato di ostacolare l'inchiesta, aver aggredito un soldato che aveva allertato le gerarchie militari, oltre che per possesso e assunzione di hashish. Tutti hanno respinto le accuse.

venerdì 17 settembre 2010

del boicottaggio (non solo dei libri)

Un secondo giro di discussione sul boicottaggio dei libri appare necessario, a qualche distanza di tempo dalla fine della polemica innescata dal teologo Vito Mancuso, che ha deciso di lasciare Mondadori/Einaudi dopo la scandalosa legge ad personam varata da Berlusconi per far risparmiare un trecentocinquanta milioni di euro di multa alla propria ditta.

Soldi che sarebbero potuti tornare buoni per contratti da cinque anni in università o scuola pubblica, con dodici mensilità e nessuna tredicesima, per 3500 persone. E che lo stato italiano rinuncia a incamerare perché Berlusconi ha deciso di non fare un torto a Berlusconi.

Non è la prima pietra dello scandalo. Per alcuni, come Vito Mancuso, è la goccia che fa traboccare il vaso. Per molti, la conferma della necessità di boicottare Mondadori e la correlata Einaudi.

Non starò qui a riprendere i discorsi fatti da tanti autori delle due case editrici interpellati: alla fine, come diceva un soldato nel bellissimo "Platoon" di Oliver Stone, "le scuse sono come il buco del culo, ognuno ne ha una". Vorrei invece soffermarmi sull'utilità del boicottaggio, da un lato, e sulla difficoltà presentata dal tentativo di offrire un atteggiamento coerente al resto del mondo dall'altro.

Per fare questo, farò alcune domande.

1) La FIAT e il suo atteggiamento scandaloso sulla questione sindacale richiedono il boicottaggio della stessa. Lo scopo del boicottaggio è di incidere sui suoi profitti in modo che la FIAT torni sui suoi passi? Un boicottaggio che abbia successo non rischierebbe di vedere invece ancora più licenziamenti con conseguenze pesanti sugli operai FIAT? Qual è la posizione di un operaio FIAT a riguardo?

2) Se io regalassi una copia nuova di "Se questo è un uomo" di Primo Levi, pubblicata da Einaudi, a un ragazzo di dodici anni per il suo compleanno, sarei colpevole di contribuire all'arricchimento di Berlusconi? Sarei in contraddizione con gli ideali di cui vorrei farmi portavoce cercando di diffondere il messaggio di Primo Levi? Quanto sarebbe grave la mia colpa, qualora ritenessi che il valore simbolico del mio gesto sia talmente più importante del contributo economico che ne viene a Berlusconi da esimermi dal cercarne una copia usata in condizioni decenti? Se vivessi all'estero e avessi un figlio, mi sarebbe concesso di acquistarne una copia online per lui, o dovrei aspettare per farglielo leggere a tornare in Italia e, se avessi tempo e fortuna, procurarmene una copia nella bancarella dell'usato di cui sopra?

3) Molte altre ditte (e case editrici tra queste) si comportano male, per dirla in termini riduttivi. Il boicottaggio di Mondadori, Einaudi e Fiat è giustificato dal loro ruolo particolare nella politica italiana, o tutte quante le ditte devono essere trattate in base allo stesso metro? Ritenete giusto, alla luce del boicottaggio di Mondadori/Einaudi, continuare a leggere e comprare Repubblica, l'Espresso e l'Unità nonostante le colpe acclarate dei loro padroni/editori? Ritenete giusto fumare sigarette Marlboro? Ritenete giusto utilizzare aspirine? Possedete medicine della Bayer o della Roche o della Novartis?

Voglio fare presente che non si tratta solo di un intervento polemico: la questione è spinosa e complessa. Credo sia giusto provare a fare ciò che si può per migliorare la situazione. Però continuo a pensare che nel caso della proposta culturale le cose siano un po' differenti. Il plusvalore che proviene dal possedere un libro come "Se questo è un uomo" è assai maggiore del fatto che qualche euro di quei 10 o 12 che costa entreranno nelle tasche di Silvio Berlusconi. Sicuramente lo trovo un marchio più piccolo per la mia coscienza che fumare una sigaretta Marlboro o mangiarsi una banana Chiquita. E magari può davvero uscirne fuori qualcosa di buono. Non tutto si può ottenere con i prestiti dalla biblioteca o dagli amici. A volte si regala un libro a una persona senza aspettarsi che lo legga subito (specie se stiamo cercando di passare qualcosa di coscienza civica a una persona che, per età, cultura o interessi, non è sufficientemente formata), aspettando che sbocci in lei la curiosità spontanea di avvicinarsi a quel testo.

Insomma, è un bel casino. Naturalmente non sto dicendo che non si debba fare niente, anzi. Ma credo che a volte valutare quale sia la cosa migliore da fare non sia facile. Un po' come quando si va a votare e si cerca il minore dei mali.

PS: rileggendo vecchie discussioni sull'argomento salta fuori l'idea del boicottaggio mirato ai simboli del "male" (vedi "No Logo"). Ma non rischia di essere anche questo solo un modo per scaricarsi la coscienza? Di nuovo: non lo dico provocatoriamente, qui siamo al vulnus :p

martedì 14 settembre 2010

Como, si uccide davanti all'ospedale: a terra la tessera per donare gli organi

(di Massimo Pisa, da qui)

Aveva preparato tutto con cura. Casa riassettata e lustra, frigo vuotato, spazzatura buttata via, la divisa da guardia giurata stirata e piegata nell'armadio. Aveva deciso di non dormire l'ultima notte e di andare in borghese sul posto dove si sarebbe tolto la vita. E nel taschino della camicia aveva infilato il suo tesserino dell'Aido, l'Associazione italiana donatori d'organi, un documento che si ottiene compilando un semplice modulo, senza versamenti né visite: era sicuro che sarebbe stato il primo posto dove avrebbero cercato.

Ed era altrettanto sicuro che avrebbero espiantato il suo cuore, i reni, forse i polmoni, insomma che avrebbe continuato a vivere in qualche modo nel corpo di un malato in attesa di trapianto. È arrivato davanti ai giardini dell'ospedale Sant'Anna di Como, ha posteggiato, si è fermato in mezzo a una delle due grandi aiuole vicine all'ingresso, ha puntato la pistola d'ordinanza sotto il mento e ha fatto fuoco.

Gli è andata male, due volte. Perché l'uomo, un metronotte 37enne dipendente dell'istituto Vedetta 2 di Como (non è quella che fa la vigilanza all'ospedale), originario di Gallarate ma residente nel capoluogo in riva al Lario, si è effettivamente suicidato, è morto sul colpo. Ma il suo cadavere è stato ritrovato solamente alle 8, più di tre ore dopo lo sparo fatale. "Ci era sembrato un petardo, al momento - hanno spiegato gli infermieri del pronto soccorso ai carabinieri della compagnia di Como, guidati dal maggiore Donato Di Gioia - e non ci avevamo fatto caso. Soltanto stamattina lo abbiamo visto supino sul prato, abbiamo visto la pistola e abbiamo capito".

E a quell'ora, l'espianto di organi, di quelli almeno rimasti intatti, non era più possibile. Ai militari è toccato ricostruire la storia del suicida: sofferente di depressione fin dall'adolescenza, senza genitori né compagna, viveva da solo e aveva riallacciato soltanto da pochi mesi i contatti con l'unica sorella, dopo anni di distacco. A lei era indirizzato l'unico biglietto trovato in tasca al suicida. E quel tesserino Aido, l'altro messaggio per l'ospedale, rimasto lettera morta.

domenica 12 settembre 2010

Non più lavoro, solo schiavismo

(di Luigi de Magistris, da qui)

Il braccio di ferro che vede la Fiom contrapporsi alla Fiat, alla Federmeccanica e alla Confindustria non è questione che riguarda esclusivamente il mondo delle tute blu e non si consuma sul solo terreno del rinnovo del contratto, ma coinvolge l’intero universo del lavoro chiamando in causa la società e le future relazioni fra ‘classi’ che la caratterizzeranno in futuro. Questo spiega il clima da ‘resa dei conti’ finale, la virulenza dello scontro, la determinazione nel chiuderlo. E’ in atto un tentativo da parte della realtà confindustriale, benedetto anche dal Governo dei Sacconi e dei Tremonti, di estendere il modello Pomigliano d’Arco – meno diritti (mensa, malattia, manifestazione del pensiero, sciopero) a fronte di un’occupazione massimamente flessibile – a tutto il settore metalmeccanico, prima, e produttivo poi.

Un tentativo che ha trovato sponda nei sindacati ad eccezione – coraggiosa – della Fiom. Un tentativo che si condensa in un vero e proprio ricatto: disoccupazione oppure schiavitù. Emblematico il comportamento Fiat: investimento in Italia, alle condizioni imposte da Marchionne, oppure delocalizzazione della produzione all’estero (Est Europa), con conseguente ecatombe occupazionale nostrana (da Pomigliano a Mirafiori, tutti in mezzo ad una strada). Lo abbiamo visto in occasione della consultazione presso lo stabilimento campano. E’ il capitalismo bellezza, quello che dopo aver vissuto per decenni degli aiuti di Stato non si sente minimamente in debito verso i cittadini che lo hanno foraggiato. E’ colpa del dumping sociale, bellezza, che va combattuto importando il modello cinese: lavorare lavorare lavorare, privati dei diritti e del sindacato. Facciamoci cinesi, insomma, è la risposta che Marchionne&co. oppongono alla concorrenza che proviene dai paesi in via di sviluppo, dove non esiste rappresentanza del lavoro e il ritmo produttivo è quello delle “24h24”. E se a tutto questo si fa resistenza, ecco che la reazione è punitiva ed educativa al tempo stesso. Vedi il caso dei tre operai licenziati dalla Fiat per aver preso parte allo sciopero nei giorni caldi di Pomigliano e che, nonostante un giudice del lavoro ne abbia decretato il reinserimento condannando l’azienda per comportamento anti sindacale, vengono mortificati con l’esclusione dal lavoro (Fiat li paga ma non consente loro di riprendere l’occupazione, concedendogli di fare solo capolino in fabbrica e solo nei locali sindacali). L’ultimo atto di tale braccio di ferro si è consumato con la scelta della Federmeccanica di seppellire il contratto nazionale di lavoro delle tute blu del 2008 (che non prevedeva deroghe), sottoscritto da tutti i sindacati e approvato con referendum dai lavoratori. L’unico contratto valido per questi signori (padroni?) è quello del 2009, non firmato dalla Fiom e non votato dai diretti interessati, e che per altro è già al centro di una trattativa di deroga (che vede esclusa, ovviamente, sempre la Fiom, e che serve a favorire accordi territoriali).

In cosa si traduce tutto questo è evidente: la fine del contratto collettivo nazionale, a favore di quello aziendale, e la sterilizzazione del ruolo storico del sindacato. Il lavoratore sarà costretto a trattare salario e ritmi di lavoro in un corpo a corpo solitario con il datore di impiego. Si può capire cosa significherà, in termini di forza contrattuale, per il lavoratore: il solito ricatto. Cioè: o mangi questa minestra o salti dalla finestra, per usare un motto popolare. Una giungla contrattuale dove non troveranno spazio i diritti e che porterà al ricorso alla magistratura, come giustamente preannunciato dall’organizzazione delle tute blu della Cgil. Una giungla contrattuale che è stata voluta da tutti –da Confindustria a Federmeccanica- per accontentare Marchionne e la Fiat (che minacciavano di non investire in Italia, in particolare a Pomigliano), ma al contempo anche se stessi. Un coro unanime infatti celebra l’avvento di un mercato occupazionale senza regole, tranne quelle a garanzia del più forte giustificandolo con lo spauracchio della concorrenza dall’Est del mondo. In questo vociare sono esclusi temi importanti come quello della necessità di ridefinire le relazioni fra capitale e lavoro in senso democratico (pensando, per esempio, ad una legge sulla rappresentanza che consegni a chi lavora l’ultima parola in merito alla sua occupazione) oppure l’urgenza, nella crisi finanziaria globale, di una riflessione in merito al mito di un capitalismo senza freni che ha mostrato la sua fragilità. Si tratta semplicemente di un assalto firmato esecutivo Berlusconi e associazioni industriali, indirizzato anche alla Costituzione e alle sue tutele in difesa dei lavoratori. Assalto che va respinto ma soprattutto interpretato per ciò che è realmente: un tassello del nuovo autoritarismo ‘made in’ Governo e poteri forti, quello che spazia dalla politica al welfare (servizi pubblici) fino alle relazioni industriali, e quindi sociali. Un autoritarismo che propone/impone un sistema politico accentratore di potere, populista e plebiscitario, e un modello di società dove i più deboli sono cannibalizzati, privi del sostegno che anche lo Stato dovrebbe garantire per essere giusto. E i più deboli, attenzione, siamo e saremo tutti noi. Non solo gli operai di Melfi, Pomigliano o Mirafiori.

sabato 11 settembre 2010

Il branco violenta una ragazza a Casoria

(da qui)

Una 29enne violentata il 25 agosto scorso a Casoria: all'alba cinque giovani tra i 20 e i 25 anni, studenti o lavoratori, sono stati arrestati tra Casoria e Afragola I protagonisti della vicenda sono tutti del Napoletano, vittima e aguzzini.

La vicenda avviene in due tempi: quando le giovane conosce, nelle notti della movida napoletana, un ragazzo più giovane di lei. Si fida e va a un secondo appuntamento. Il ragazzo va a prenderla con una Smart e a sua insaputa la porta in un luogo appartato dove sono in attesa quattro amici. E' nella vettura che avvengono le violenze. Poi viene abbandonata sul ciglio di una strada. La 29enne viene portata all'ospedale Cardarelli di Napoli e curata.

Poi la denuncia ai carabinieri e l'avvio delle indagini. La vittima fornisce delle indicazioni agli investigatori utili alle indagini: il tipo di macchina, la fisionomia dei cinque in particolar modo del ragazzo che aveva conosciuto e con il quale si era vista due volte. In 15 giorni di indagini i carabinieri identificano i presunti autori dell'odiosa violenza. I cinque indagati per violenza sessuale e sequestro di persona sono stati rinchiusi nel carcere di Poggioreale. Prima di allora non avevano mai avuto problemi con la giustizia.

venerdì 10 settembre 2010

Bonanni non è Lama. Purtroppo

(di Mario Agostinelli, da qui)

Fossi Bonanni, prenderei molto sul serio l’episodio di contestazione – senza dubbio inammissibile e in rottura con la pratica democratica e non violenta del movimento operaio – subìto alla festa nazionale del PD. Grandi dirigenti sindacali come Lama all’Università di Roma o Trentin alle prese con il lancio di bulloni nella piazza di Torino reagirono nell’immediato non defilandosi, ma reggendo dall’alto della loro statura morale la drammaticità del confronto. Non si fermarono, però ai fatti e, in seguito, si misero a riflettere sugli elementi di crisi che si aprivano tra la rappresentanza generale del loro sindacato e le esigenze che quegli studenti e quegli operai pretendevano, contestando, di portare all’attenzione del Paese. L’uno e l’altro credevano nella democrazia e nell’autonomia del movimento che guidavano e sapevano che l’unità necessaria aveva bisogno del confronto con tutti, fossero anche i contestatori più irriducibili.

Il contrario di quanto pensa Bonanni, attore di primo piano della rottura sindacale di fronte al pugno di ferro della Fiat e sponda cosciente della deriva che spinge la nostra classe dirigente a sostenere che alla competizione globale si possono sacrificare i diritti dei lavoratori.

Al culmine di una fase ventennale in cui i salari hanno perso 130 miliardi di euro a vantaggio dei redditi da capitale, la diffusione del precariato ha consentito, nei fatti, mano libera degli imprenditori sulla manodopera assunta. Ne sono un esempio i “campioni nostrani” della competizione globale – Marchionne, Marcegaglia e Sacconi in primis – che non trovano di meglio della disdetta del contratto dei metalmeccanici e della demonizzazione della FIOM, il sindacato che democraticamente vorrebbe che fossero i lavoratori a decidere le proprie condizioni, liberamente e non sotto ricatto.

Mi chiedo: Bonanni, che si fa complice di un ricatto, non si pone il problema di una sua difficile presentabilità in un dibattito pubblico non presidiato dalle forze dell’ordine? E ancora: Enrico Letta, sponsor “leggero” della linea Marchionne, che lancia, comprensibilmente, parole durissime sulla contestazione, come può contemporaneamente tacere sul fatto mostruoso di una disdetta che riguarda un milione di lavoratori e che lui non esiterebbe a bollare, se fosse riferita a un qualsiasi contratto di affitto?

Si provi, in questa Italia diventata così violenta nei suoi gruppi dirigenti verso i diritti dei lavoratori, a disdettare impunemente un contratto con una banca o con una società immobiliare! Ma la grancassa è irrefrenabile.

Dario Di Vico sul Corriere si chiede quanto i dirigenti FIOM siano dannosi in una società della competizione e auspica che l’arrivo della Camusso riporti la CGIL sulla retta via. Pietro Ichino compare al TG1 auspicando che nel maggior sindacato italiano vinca la linea della modernità (?!). Uno sconosciuto presidente di Federmeccanica assicura che la sua idea di far saltare unilateralmente il contratto è ispirata dall’interesse del Paese e non dal timore di perdere le quote versate dalla FIAT alla sua associazione.

Nessuno che dica che un milione di lavoratori ha approvato liberamente quel contratto, dopo assemblee, manifestazioni e scioperi pagati con ritenute sulle magre buste paga. Ripeto: fossi Bonanni, rifletterei su una contestazione che è spia di un malessere ben più vasto e cercherei di capire che solo i miei rappresentati, lavoratrici e lavoratori che faticano duramente notte e giorno, sono i veri detentori della popolarità, del mio successo e di un consenso che batte qualsiasi protesta. Questi semplici operai, ai quali oggi è stata tolta la parola, e non i “potenti” di una politica in crisi e di un’economia che non prospetta futuro. Questo facevano i Lama e i Trentin ed anche i dirigenti CISL che ho conosciuto nella mia lunga esperienza sindacale. Questo mi piacerebbe che fosse l’aspetto non irrilevante che i protagonisti contestati a Torino provassero a esplorare.

mercoledì 8 settembre 2010

Ventunenne stuprata dal «bravo studente» conosciuto in rete

L'ha corteggiata per un mese tra pc e telefonino.
Poi la trappola con altri due amici, uno filmava tutto

VAREDO (Milano) - Doveva essere un appuntamento al buio col principe azzurro conosciuto sul web. Invece c'è stato solo il buio: ed è finita con una Cenerentola stuprata da due mentre un terzo filmava la scena. Loro per fortuna arrestati tutti e tre la mattina dopo, incastrati proprio dalla Rete: tutti italiani, uno minorenne. Lei sotto choc, chissà per quanto. Storia tutta lombarda, tra la Brianza e Pavia. E dire che lei di quel ragazzo si fidava ciecamente, per quanto non lo avesse mai visto se non in una foto scattata col cellulare e poi inviata come mms. E del resto anche le (tante) parole che lei gli aveva detto per un mese, così come lui a lei, se le erano sempre scambiate sul telefonino. O sulla tastiera del pc.

Eppure quell'universitario pavese di 23 anni, dalla voce profonda e così sicuro di sé, e quella studentessa brianzola di due anni più giovane, bionda, minuta, molto carina, erano diventati grandi amici quasi subito dopo il loro primo incontro in chat-line. Perché è lì che si erano conosciuti, in un social network. Come ipnotizzati avevano trascorso tutto il mese d'agosto davanti al computer, anche dodici ore di fila a chattare senza sosta. Lui che da Pavia si divertiva a corteggiarla riempiendola di complimenti. Lei che dalla sua piccola Varedo, un paesino tra Monza e Seveso, giorno dopo giorno si era accorta di non poter più stare senza la frequentazione virtuale di quel giovane così galante, spiritoso, gentile.

Pronta a dargli informazioni riservate come il numero di telefono e l'indirizzo di casa, a raccontagli tutto sulla sua famiglia e sulla scuola e a inviargli le foto di quando lei era una bambina. «Mi fidavo di lui così tanto - ha poi raccontato in lacrime ai carabinieri di Desio - che gli avevo confidato perfino tanti aspetti della mia intimità, di cui non avevo mai parlato neppure coi miei genitori o con la mia migliore amica». E alla fine, l'altra sera, aveva accettato di vederlo.

Lui si è presentato sotto casa sua con altri due amici, anche loro studenti: 18 e 17 anni, di Lodi e Pavia. Lei lì per lì non l'aveva presa bene: «Sono stata ingenua - ammette ora - e solo adesso mi accorgo che di lui non sapevo quasi niente. Avevamo parlato tanto ma era un perfetto sconosciuto». Con la scusa di andare a bere qualcosa in amicizia, i tre alla fine sono riusciti a vincere la titubanza della ragazza e a farla salire in macchina. Dove appena chiusa la portiera si è ritrovata in trappola: partiti a tutta velocità l'hanno portata alla periferia di Varedo, l'hanno zittita quando piangendo li ha implorati di riaccompagnarla a casa, quindi l'hanno tirata fuori dall'auto. Poi in due l'hanno violentata, mentre il terzo complice filmava la scena col cellulare, forse con l'intenzione di metterla su Internet o di inviarla agli amici. Infine hanno abbandonato la ragazza su uno sterrato e se ne sono tornati da dov'erano venuti: rincasando tranquilli, come dopo una serata tra amici.

Forse si erano convinti che lei non avrebbe raccontato nulla a nessuno. Ma non è stato così. Poche ore dopo, accompagnata dai genitori, la giovane si è presentata alla stazione dei carabinieri di Varedo e, piangendo, ha raccontato tutto quello che le era successo. Il maresciallo ha raccolto con delicatezza la sua deposizione. E ai militari è bastato risalire ai tabulati telefonici per scoprire l'identità dei violentatori. Quando ieri mattina i carabinieri si sono presentati nelle loro case i tre hanno provato a far quelli che cadevano dalle nuvole. Ma poi le prove sono risultate schiaccianti. I militari hanno sequestrato i computer dei ragazzi e ora sottoporranno ad analisi i contenuti delle comunicazioni via chat che si sono scambiati per tutto il mese di agosto. La ragazza è stata ricoverata nella clinica Mangiagalli di Milano. I medici hanno confermato la violenza. Profondamente turbata, sarà affidata alle cure di un team di psicologi.

lunedì 6 settembre 2010

Milano, trentenne uccisa in cortile, la polizia trova e ferma l'ex marito

(da qui)

Tre colpi di calibro 22 per uccidere la donna che gli aveva dato tre figli. Ed è stato con tutta probabilità al culmine di una lite per l'affidamento dei piccoli che Giuseppe Di Stefano, 28 anni, ha freddato la moglie dalla quale si stava separando, Teresa Patania, 30 anni, casalinga, nel cortile di un palazzo popolare di via Barrili, nel quartiere Stadera a Milano.

Di Stefano ha prima affrontato la moglie in cortile sparandole un colpo. Gli altri due li ha esplosi dal balcone dopo che era risalito in casa. I vicini hanno avvertito la polizia: quando gli agenti sono arrivati, l'operaio aveva ancora in pugno la Beretta calibro 22 con matricola abrasa e ha cominciato a minacciarli, puntando l'arma contro di loro. La tensione ha rischiato di esplodere quando i parenti della vittima, che abitano numerosi nello stabile, hanno cominciato a inveire contro Di Stefano con intenzioni minacciose. Sono intervenute parecchie pattuglie della questura e anche uomini del Reparto mobile, oltre ai volontari del 118, che non hanno potuto fare nulla, perchè Teresa era stata colpita al torace e alla testa.

Gli agenti hanno anche indossato giubbetti antiproiettile, qualora Di Stefano avesse ricominciato a sparare. L'operaio, che si era barricato in casa, dopo un po' si è arreso, ha gettato la pistola in cortile e si è consegnato ai poliziotti. La coppia, di origine catanese, aveva deciso di separarsi qualche tempo va e si era già rivolta al giudice. Marito e moglie avevano stabilito di andare a vivere in due case diverse, anche se sempre nello stesso stabile. Ultimamente le discussioni erano diventate sempre più animate, per via dell'affidamento dei tre figli piccoli. Le settimane di tensione che hanno preceduto la tragedia sono state ripercorse dai nonni materni dei bambini. Fino a quando Di Stefano ha scatenato la sua furia omicida, uccidendo la moglie.

domenica 5 settembre 2010

Rene e ovuli in vendita sul web per pagare il mutuo della casa

(di Melissa di Sano, da qui)

Non riuscivano più a far fronte ai debiti. C’erano le finanziarie da pagare per l’auto e i mobili, le rate del mutuo della casa, le bollette, e la certezza di perdere il lavoro di lì a poco.
I coniugi, entrambi di 35 anni, con due bambini piccoli, si sono visti senza speranze e hanno inserito sul sito i due annunci.

«Vendo rene. All’acquirente vanno caricate tutte le spese di viaggio e soggiorno, anche per un familiare, info 393...solo sms. No perditempo», e poi ancora uno, sempre dello stesso tenore: «Vendo ovuli per fecondazione assistita. Disponibilità a viaggiare all’estero con spese a carico dell’acquirente, anche per un familiare. Info 393...solo sms. No perditempo».

Poche righe in mezzo a migliaia di altre proposte, che hanno però destato l’attenzione del nucleo di polizia postale e della comunicazione di Pescara.

Dai primi controlli è emerso che a pubblicare gli annunci era stata una donna, residente in un piccolo centro del vastese. Ulteriori verifiche hanno accertato che in paese c’era una signora che rispondeva in pieno ai dati obbligatori lasciati dal titolare dell’offerta per la tracciabilità del venditore.

Nel corso di un doloroso colloquio con gli agenti della postale, la donna ha ammesso tra le lacrime di aver inserito gli annunci in un momento di sconforto. Ha spiegato che sia lei che il marito, entrambi titolari di una sub agenzia che presto avrebbe chiuso i battenti, sarebbero rimasti senza lavoro, e che tutti i tentativi fatti per trovare un’alternativa erano stati vani.


A nulla era servito mettere in vendita la casa. Non si era fatto vivo nessuno interessato all’acquisto. La disperazione e la paura di ritrovarsi senza un tetto per i propri figli, hanno fatto il resto.

La donna ha deciso di vendere un rene e gli ovuli. La proccupazione per un presente difficile e un futuro ancora più nero, le hanno fatto superare il limite. Ha pensato di commercializzare la salute, come unica soluzione ai guai della sua famiglia.

Ma la polizia, con la collaborazione di Ebay Europe, ha rimosso gli annunci prima che qualcuno, interessato agli “articoli” in vendita, potesse contattare i coniugi.

Sul sito di annunci gratuiti si vende e si acquista di tutto, dalle scarpe ai telescopi, migliaia di prodotti nuovi e usati, all’a sta o a prezzo fisso. «Offerte imperdibili», si legge sulla pagina iniziale, ma mai finora se n’era vista una così.

Gli agenti, colpiti dalla drammaticità dei fatti, si sono resi disponibili a seguire la vicenda, tornando a sentire i protagonisti nelle prossime settimane.

sabato 4 settembre 2010

Razzismo, dodicenne cubano picchiato da coetanei italiani per il colore della pelle

(da qui)

Aggressione a sfondo razzista ai danni di un 12enne cubano, preso a pugni, spintonato e insultato pesantemente per il colore della pelle da tre coetanei italiani. E' successo in un parco di Zelo Surrigone, un piccolo comune vicino ad Abbiategrasso, nel Milanese. Il giovane ha riportato una contusione ossea nasale ed è stato trasportato al pronto soccorso dell'ospedale di Abbiategrasso.

In base alle ricostruzioni dei carabinieri, la piccola vittima si trovava al parco con due amici italiani della stessa età, quando si sono presentati altri tre coetanei, che hanno incominciato a prendere in giro il cubano per il colore della pelle. Dagli insulti - "sporco negro", "nero di merda" - sono poi passati agli spintoni e ai pugni, che hanno ferito il 12enne al naso. I tre giovani aggressori si sono allontanati e la vittima è stata soccorsa dal personale del 118 prima di tornare a casa.

La madre ha sporto denuncia ai carabinieri di Abbiategrasso, che stanno ancora effettuando accertamenti sugli aggressori. Come spiegato dagli inquirenti, il 12enne cubano frequenta la stessa scuola dei tre aggressori, che già in altre occasioni lo avevano insultato.

venerdì 3 settembre 2010

Di Pietro vs Marini alla Festa Democratica a Torino

Che poi già a chiamarla festa democratica mi viene la tristezza. Aridatece la festa dell'unità, alimortaccivostra!



Comunque, ecco quello che dice il signor Casini oggi (da qui).

Una risposta al Pd: terzo polo o alleanza con Bersani?
"Ad oggi rispondo terzo polo. Zittire Dell'Utri, una pagina nera. L'avversario politico, persino il condannato, hanno diritto di parola. E' una regola della democrazia. E su questo voglio essere molto chiaro. La mia posizione l'ho spiegata in un'intervista a Repubblica. Bersani fa bene a dare ordine e chiarezza programmatica all'area. Ma io sono fuori da questo processo, l'Ulivo vecchio o nuovo non mi interessa. Ma sono un interlocutore, seguo Bersani con interesse. Ma se devo imbarcarmi in alleanze in stile Prodi, no grazie". [...] "Col Pd? Se lascia Idv e sinistra estrema discutiamo".

Un grazie a Fabio per la segnalazione.

giovedì 2 settembre 2010

Cerignola: si è costituito l'uomo che uccise donna con figlioletta in braccio

(da qui)

Si è costituito nel commissariato di polizia di Cerignola l'uomo ricercato per l'uccisione di Anna Perrucci, 33 anni. La donna assassinata per strada con vari colpi di pistola nella tarda serata del 28 agosto scorso, a Cerignola mentre teneva in braccio la figlioletta di un anno e mezzo.

Cosimo Cucchiarale, 50 anni, è arrivato in commissariato accompagnato dal suo avvocato. Secondo la ricostruzione fatta nei giorni scorsi dagli inquirenti, l'uomo - parente acquisito della donna - avrebbe sparato per rancori accumulati negli anni tra la propria famiglia e quella di Anna Perrucci.

La donna, nell'agguato, fu colpita al cuore e all'altezza del collo e della testa. La bambina che teneva in braccio venne colpita all'addome, sottoposta ad un intervento chirurgico: le sue condizioni ora non sono preoccupanti.

Illesi il marito della donna e l'altro figlio della coppia, di cinque anni, che quando l'uomo sparò erano a pochi passi di distanza dalla donna.
L'agguato avvenne quando Anna Perrucci, con marito e figli, stava uscendo dal portone della palazzina dove abitano i suoceri della donna e dove la famiglia aveva trascorso la serata

mercoledì 1 settembre 2010

Picchia e accoltella la fidanzata: la ragazza perde il bambino

(da qui)

Ha picchiato la sua fidanzata. Poi, l'ha accoltellata. Lei, una 25enne bergamasca, incinta di tre mesi, ha perso il bambino. È avvenuto a Bergamo sabato sera e ora gli uomini della questura stanno indagando su un marocchino.

È stata la stessa vittima, subito dopo l'aggressione, a indicare alle forze dell'ordine il suo fidanzato, quarantenne, come responsabile della violenza. Sulla vicenda le forze dell'ordine mantengono al momento il più stretto riserbo, limitandosi a confermare che sull'episodio è stata aperta un'indagine.

La polizia sta cercando il marocchino da due giorni, ma l'uomo si è reso irreperibile. Secondo quanto è stato ricostruito finora, sabato sera i due giovani si trovavano nell'abitazione di lui, a Bergamo, quando tra i due è nata una lite. A un certo punto il magrebino ha iniziato a picchiare la sua fidanzata, colpendola con calci e pugni, poi ha afferrato il coltello e l'ha ferita all'addome. Il marocchino ha tentato di trattenere la vittima nell'appartamento, ma la ragazza è riuscita ad aprire la porta e a scappare per strada, dov'è stata soccorsa.

La 25enne è ora ricoverata in gravi condizioni agli Ospedali Riuniti di Bergamo. Sottoposta a un'operazione chirurgica, non è più in pericolo di vita, ma le ferite riportate hanno causato la perdita del bimbo.
 
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