martedì 10 giugno 2008

ah, questi rumeni nel nord-est...

Romeno ucciso per l'assicurazione: arrestata una coppia di italiani

VERONA - Hanno ucciso un loro dipendente romeno per incassare un milione di euro dall'assicurazione. Con l'accusa di omicidio volontario premeditato e occultamento di cadavere, è finita in cella una coppia trentenne di Verona: era lei la beneficiaria dell'assicurazione.

Titolari di un'impresa di autotrasporto, Tancredi Valerio Volpe e Cristina Nervo hanno ucciso Adrian Joan Kosmin, 28 anni, assunto in nero presso la loro ditta da un paio d'anni. In cambio della regolarizzazione del contratto, i suoi datori di lavoro lo avevo convinto a indicare come unica beneficiaria dell'assicurazione sulla vita la titolare dell'azienda.

Il corpo del romeno era stato trovato carbonizzato sabato scorso nella sua auto, a Cavaion Veronese, vicino al casello autostradale di Affi. Doveva sembrare un suicidio, ma l'autopsia ha dimostrato che nei suoi polmoni non c'erano tracce di fumo. L'uomo era stato narcotizzato altrove, composto sul sedile della Rover per inscenare un suicidio, e cosparso di benzina. Per rendere ancor più verosimile la messinscena, nell'auto era stata abbandonata una bomboletta di gas di quelle usate normalmente per cucinare in campeggio.

Dopo un lungo interrogatorio in caserma, sembra che la donna sia crollata e abbia ammesso la responsabilità dell'omicidio. L'uomo arrestato, 34 anni, è detenuto in carcere, mentre alla sua convivente, 31 anni, madre di un bambino di pochi mesi, sono stati concessi gli arresti domiciliari.

(10 giugno 2008)

lunedì 9 giugno 2008

Omicidio volontario e truffa al Sistema Sanitario Nazionale

MILANO - Truffa al Sistema Sanitario Nazionale ma anche omicidio volontario aggravato da crudeltà e lesioni personali gravissime: con queste accuse la guardia di finanza di Milano ha eseguito quattordici ordinanze di custodia cautelare nei confronti di primari, ex primari e altri medici della clinica privata convenzionata Santa Rita.

Tredici i medici che hanno ricevuto l'ordinanza, insieme al rappresentante legale della casa di cura. Due di loro adesso si trovano in carcere, mentre gli altri dodici sono agli arresti domiciliari. Secondo le prime rivelazioni, diciotto persone sono accusate di truffa aggravata e falso in atto pubblico, tra di loro tre medici accusati anche di lesioni gravissime e omicidio volontario. Anche la clinica Santa Rita deve rispondere in qualità di ente giuridico in base alla legge sulla responsabilità amministrativa degli enti.

Sono novanta gli episodi di lesioni gravi e gravissime contestati agli indagati. In cinque casi il reato sarebbe l'omicidio volontario. Secondo l'accusa i medici avrebbero condotto decine di operazioni con l'unico scopo di ottenere un rimborso, per gli anni 2005 e 2006, dal Servizio Sanitario Nazionale e dalla Regione Lombardia. Rimborso che sembrerebbe ammontare a due milioni e mezzo di euro circa. I pazienti operati inutilmente non venivano messi al corrente dei rischi che correvano e in cinque casi gli interventi si sarebbero rivelati fatali. I medici che lavorano nella struttura, secondo quanto rivelato dalle indagini, sarebbero stati scelti per la loro disponibilità a compiere operazioni "avventate". E questa disponibilità avrebbe fatto lievitare il loro compenso mensile da 1.700 a 28.000 euro.

Agghiaccianti i particolari. Si parla di polmoni rimossi anche in caso di tubercolosi, mammelle asportate senza motivo a donne in giovane età, anche a una diciottenne, quando sarebbe bastato togliere i noduli. Una donna di 88 anni colpita da tumore, a cui bastava una sola operazione è stata operata tre volte in tre mesi (con un rimborso di 12 mila euro per ogni intervento). Ci sarebbero stati anche interventi eseguiti senza il consenso firmato dai pazienti, che erano prevalentemente anziani, oppure contro il parere del medico curante.

I pm e la Guardia di finanza hanno sostenuto che l'uso delle intercettazioni è stato "fondamentale" per lo svolgimento dell'inchiesta, inserendosi così nella polemica sull'uso di questo strumento giudiziario seguita alle parole del premier Berlusconi, che ha parlato di un provvedimento per limitarle. "Proprio le intercettazioni - ha sottolineato il colonnello della Guardia di Finanza Cesare Marangoni - hanno consentito di accertare i cinque casi di omicidio volontario di cui sono accusati tre medici del reparto di Chirurgia toracica del Santa Rita". "L'utilizzo delle intercettazioni è stato fondamentale perché gli indagati parlano in modo esplicito della necessità di operare per guadagnare", hanno aggiunto i magistrati. L'inchiesta che riguarda la clinica, coordinata dai pm della Procura di Milano Grazia Pradella e Tiziana Siciliano, è cominciata nella primavera del 2007. Le fiamme gialle avevano sequestrato 4.000 cartelle cliniche su richiesta dei pm, ritenute non veritiere o comunque alterate per avere rimborsi gonfiati. Nessun commento giunge dai rappresentanti della clinica, che precisano di "esser venuti a conoscenza dei fatti esclusivamente dai mass media".

(9 giugno 2008)

domenica 8 giugno 2008

due al prezzo di uno

Presa a schiaffi perché troppo bella: ragazze aggrediscono studentessa

ROMA - Sei studentesse hanno approfittato della festa di fine anno per aggredire la più bella della scuola. E' avvenuto questa mattina davanti al liceo artistico Mario Mafai di via dell'Oceano Indiano nel quartiere Eur di Roma.

Sei ragazze hanno insultato e picchiato una loro compagna di 16 anni, perché "gelosa e troppo carina", mentre gli altri studenti festeggiavano la fine delle lezioni con i consueti lanci di gavettoni e di uova. La giovane vittima è stata medicata successivamente al pronto soccorso dell'ospedale Sant'Eugenio, i medici le hanno riscontrato delle escoriazioni a una spalla giudicate guaribili in 4 giorni.

I carabinieri della compagnia Eur, per ora hanno identificato e denunciato due delle responsabili dell'aggressione, si tratta di due quindicenni, denunciandole per lesioni personali. Sono in corso le indagini per identificare le altre quattro del gruppo.

(7 giugno 2008)


Bimbo ferito tra la folla a Melito: "Tra i presenti trionfa l'omertà"

MELITO PORTO SALVO - Ha sparato in mezzo a centinaia di persone, ma nessuno ha visto niente. Non ci sono testimonianze nel fascicolo aperto dopo l'agguato di venerdì pomeriggio a Melito Porto Salvo. Neppure una telefonata anonima. Certo, i carabinieri hanno una pista precisa, ma non grazie ai tanti presenti alla sparatoria. Il killer che ha fatto fuoco alla festa dei bambini dell'asilo, ferendone uno di tre anni in maniera grave e colpendo ad una gamba Francesco Borrello (obiettivo dell'agguato), avrebbe le ore contate. Tuttavia gli investigatori non hanno potuto contare su alcuna testimonianza. Troppa paura tra le gente di Melito, omertà. C'erano un sacco di persone alla recita di fine anno della scuola, e lo stesso sul lungomare. Nessuno ha però collaborato.

"E' vero - ammette il colonnello Leonardo Alestra, comandante provinciale dell'Arma - non ci sono testimonianze, non ci hanno aiutato". Spiega ancora: "Se questo è comprensibile per un genitore che in certi momenti pensa solo a proteggere i propri figli, lo è di meno per le persone che, presumibilmente, passeggiavano sul lungomare". Il tono dell'ufficiale è pacato. Sa che in certe realtà è difficile "parlare". Chi collabora non ha vita facile, è marchiato. Qualche sfogo è possibile coglierlo invece tra gli investigatori del posto: "Lo prendiamo lo stesso, non c'è problema. Ma è una vergogna che nessuno abbia pensato di aiutarci, neppure informalmente".

Chi ha sparato tra i bambini non ha ancora ufficialmente un volto. Dopo una prima ricostruzione i carabinieri hanno messo nero su bianco la dinamica dei fatti. Alle 18,45 un uomo alto e magro è piombato sul suo obiettivo in sella ad uno scooter nero. Un casco integrale a proteggere il viso. Ha estratto la pistola, una 7,65, ed esploso cinque colpi. Uno ha colpito alla gamba Borrello, un altro un bambino, in faccia. La vittima predestinata ha schivato i colpi e tentato una reazione. Ha sorpreso il killer, che fuggendo ha lasciato cadere la pistola.

Il bambino ferito, ricoverato in rianimazione all'ospedale di Reggio Calabria, "non è in imminente pericolo di vita". La prognosi resta riservata, ma gli accertamenti hanno stabilito che il proiettile ancora conficcato alla base della nuca non ha provocato danni al cervello, né compromesso organi vitali.

Dall'ospedale la mamma Stefania Gurnari ha invitato l'autore della sparatoria a costituirsi: "Se hai una coscienza, non devi avere paura della giustizia terrena ma di quella divina". Aggiungendo: "Questo animale se vuole dimostrare di essere un uomo si deve presentare alla giustizia ed assumersi le sue responsabilità". Sul fronte delle indagini, gli inquirenti puntano molto sui rilievi fatti dal Ris di Messina. Oltre all'arma del killer gli esperti stanno analizzando anche le tracce sullo scooter, trovato abbandonato poco lontano, ma soprattutto sul casco lasciato cadere vicino alla moto.

(Giuseppe Baldessarro, 8 giugno 2008)

giovedì 5 giugno 2008

Marocchina stuprata a Milano

MILANO - Aveva il vizio di adescare le ragazze delle scuole medie milanesi, trascinarle con una scusa a casa sua e stuprarle. Gaetano Calicchio, un italiano di 30 anni, è stato arrestato all'alba nella sua abitazione dagli agenti della Squadra mobile di Milano. Dovrà rispondere di violenza sessuale aggravata su una ragazza marocchina di 14 anni che è rimasta incinta.

Tutto ha inizio nel febbraio scorso quando l'uomo, davanti a un istituto in zona Gratosoglio, ha avvicinato la minorenne presentatagli da una comune amica. Poi il tragitto in tram insieme fino all'appartamento di lui, dove alla ragazza era stato fatto credere che avrebbe trovato la madre e il fratello. Infine lo stupro.

Per la paura e la vergogna la vittima non ha denunciato la violenza fino a quando non ha scoperto di essere rimasta incinta del suo aggressore. A capire che qualcosa era cambiato è stata la madre, una donna di 42 anni che lavora come colf, che ha deciso di portare la figlia in un consultorio. I medici hanno così scoperto la gravidanza, mentre una relazione degli psicologi ha subito fatto luce sul trauma. La giovane non ha voluto portare a termine la gravidanza.

Immediate le indagini, che hanno portato alla scoperta di altri due abusi di cui l'uomo si sarebbe reso colpevole, sempre su adolescenti. Due ragazzine italiane, di quattordici e quindici anni, cadute nella stessa trappola. Sembrerebbe che per attirare le sue vittime l'uomo usasse come "esca" anche dell'hashish.

Ora l'uomo è agli arresti e dovrà rispondere di violenza aggravata su minori.

(5 giugno 2008)
 
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