(di STEFANO ORIGONE, da qui)
Soffriva di disturbi psichici Carlo Trabona, 74 anni, ex muratore, che nel '59 era stato arrestato per aver partecipato a un duplice omicidio in contrada Casabella di Cammarata di Agrigento. Condannato a 20 anni, era stato assolto per insufficienza di prove. Le sue vittime erano originarie del suo paese Vallelunga Pratameno, in provincia di Caltanissetta. La moglie Antonina Scinta, 72 anni, Loreto Cavarretta, 68 anni, il vicino di casa, e suo fratello Angelo, di 76, si conoscevano fin da ragazzi e sembrava ci fosse un'amicizia. Invece, gelosia ha cancellato ogni briciolo di ragione e stamane, alle 10.30, in un bar di via Piacenza, la follia è esplosa.
La ricostruzione. Trabona esce di casa alle 10.20. Percorre a piedi 300 metri armato di una Smith&Wesson calibro 38 (che risulta rubata nel 1979 a Genova) e raggiunge i due fratelli Cavarretta davanti al Carrefour Espress di via Piacenza. "Bastardo, ora te la faccio pagare", urla a Loreto Cavarretta. Poi estrae l'arma e fa partire quattro colpi: Angelo viene colpito al torace e stramazza al suolo dietro i bidoni della spazzatura, Loreto ha due buchi in pancia, ma riesce a scappare verso la sede della Croce Verde dio San Gottardo. Un uomo sentendo i colpi si affaccia alla finestra e vede Trabona che apre il tamburo della pistola: si è inceppata e non riesce a finire il suo rivale. Loreto scappa verso il supermercato Lidl lasciandosi alle spalle una scia di sangue. Il suo carnefice lo insegue per trenta metri deciso a finirlo, poi cambia idea e torna verso casa. Loreto e il fratello vengono portati al pronto soccorso del San Martino e del Galliera. Angelo muore per strada, Loreto alle 11.30 un'ora dopo un impossibile intervento.
Trabona entra nel palazzo. Sale al secondo piano e apre la porta. La moglie gli va incontro. Lui l'abbraccia e le spara un colpo in testa. Subito dopo suona alla porta di Loreto, che abita a fianco. Apre la moglie della vittima. "Ho ucciso tuo cognato e ho sparato a tuo marito. Ora tocca a tuo figlio". La donna fa in tempo a chiudere la porta e chiama il 113. L'assassino copre il cadavere della moglie con una coperta e chiama con il cellulare la figlia Esterina. "Ho fatto quello che dovevo fare da tempo, ho ammazzato tua madre perché mi tradiva".
Trabona rimane un'ora sul pianerottolo. Si punta la canna della pistola alla gola e minaccia di spararsi. Gli agenti sono tenuti sotto tiro. E' impossibile intervenire. Le scale sono bloccate, non possono tentare un blitz usando l'ascensore perché ha le pareti di vetro. Inizia una lunga trattativa. Un vicino si offre di collaborare, così' gli agenti con una scala raggiungono il suo poggiolo per essere pronti a intervenire. Non c'è più tempo. Alle 12.56, Trabona si spara alla tempia l'ultimo colpo. Muore mezz'ora dopo in ospedale.
Gli amici. Un amico delle famiglie, Claudio Pigella, ora dice: "Sono incredulo, erano tra loro persone molto legate, anche perchè venivano dallo stesso paese. Facevano spesso passeggiate insieme. Giocavano a carte al circolo della Concordia. Facevano interminabili partite. Nessuno poteva immaginare una cosa del genere. Quasi non ci credo".
Maltattava la moglie. Dietro l'apparenza di uomo bonaccione e sereno, però, covava un'ossessione che lo tormentava da tempo. Era geloso della moglie, convinto che la sua Antonina fosse l'amante del vicino di casa. Spesso in casa scoppiavano liti e Antonina Scinta si era confidata con le figlie raccontando che veniva maltrattata.
I maltrattamenti non erano stati mai denunciati ma sono emersi grazie al racconto delle figlie alla polizia. Trabona era convinto che la moglie se la intendesse con il dirimpettaio Loreto Cavarretta. Sarebbe stato proprio questo tarlo ad armare la mano dell'uomo che oggi ha scatenato un inferno nel popoloso quartiere di Molassana a Genova.
(09 gennaio 2011)
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