giovedì 22 luglio 2010

I debiti di Bertolaso prosciugano L'Aquila

(Eleonora Martini, da qui)

«Non ci sono più soldi per coprire i debiti contratti durante il periodo dell'emergenza terremoto». Proprio così. Il capolavoro di efficienza che ha reso il capo della Protezione civile Guido Bertolaso famoso nel mondo a rischio di esportabilità, il primo e più consacrato dei miracoli aquilani, ha lasciato in eredità agli abruzzesi un mare di debiti. E un problema non da poco nelle mani del commissario straordinario Gianni Chiodi, presidente della regione Abruzzo e fedele berlusconiano succeduto al sottosegretario più potente d'Italia, che ieri - dopo l'ennesimo Sos lanciato dal sindaco Massimo Cialente che minaccia lo sciopero della fame e anche le dimissioni «perché la situazione è insostenibile» -ha dovuto scaricare la patata bollente. E ammettere: «Non ci sono più fondi, per questo ho chiesto per venerdì al ministro Tremonti un incontro sui debito contratti nella fase emergenziale» gestita dal Dipartimento di Protezione civile.
Albergatori infuriati sul litorale abruzzese che minacciano di buttare fuori entro la fine del mese i 3.127 sfollati aquilani (secondo i dati ufficiali diffusi ieri dalla struttura commissariale) ospitati finora, come è successo ad Alba Adriatica dove un operatore che ha accumulato debiti per oltre 500 mila euro chiede ora l'immediato saldo pena lo sfratto dei terremotati (ma non ha ottenuto l'appoggio della Federalberghi). Piccole ditte edili in bancarotta, alle prese con i pignoramenti per i mancati pagamenti dei puntellamenti e delle opere di messa in sicurezza; migliaia e migliaia di persone (29.179) a rischio di un secondo esodo perché da più di sette mesi non ricevono il contributo statale per l'autonoma sistemazione. Un buco di ameno 350 milioni di euro che Chiodi rischia di dover coprire prelevando dai fondi destinati alla ricostruzione (stanziati due milioni di euro, ma ancora non disponibili). Un disastro. Ma non per tutti: i soldi non mancano per le imprese che hanno lavorato al progetto C.a.s.e., nei villaggi di Map (Moduli abitativi provvisori), e nell'assemblamento dei Musp (gli equivalenti moduli in legno adibiti ad aule scolastiche). «Al loro pagamento pensa direttamente il Dipartimento di Protezione civile», spiegano i funzionari della Regione. Un osso - uno dei più grossi giri d'appalti senza gara degli ultimi anni in Italia - che ovviamente Bertolaso non molla, dopo le inaugurazioni in pompa magna, le passerelle, gli applausi, la gratitudine.
Ma per l'albergatore "ribelle" di Alba Adriatica la colpa è degli enti locali perché «fin quando c'era la Protezione civile i soldi arrivavano». «Non è vero - ribatte Cialente - la realtà è che gli stanziamenti sono fermi: dal mese di novembre non è arrivata più una lira, poi solo una tranche da 122 milioni di euro con cui abbiamo dovuto pagare una marea di debiti pregressi, perciò oggi con gli albergatori abbiamo ancora un buco di 70 milioni di euro».
Il sindaco Pd, sull'orlo di una crisi di nervi per «un consiglio comunale tenuto sotto scacco da un'opposizione fatta di guerriglia e trabocchetti» - accusa - minaccia le dimissioni perché «una città in una condizione così drammatica ha bisogno di un sindaco ma anche di un governo consiliare. Che non c'è». La sua giunta ha subito numerosi rimpasti, per ultimo l'ingresso dell'ex presidente della provincia Stefania Pezzopane che si è aggiudicata ben 12 deleghe. Mentre nelle fila dell'opposizione si è trasferita anche Rifondazione comunista che abbandonò la giunta dopo il terremoto, quando Cialente mostrava tutta la sua debolezza e subalternità alle imposizioni disastrose della coppia B&B.
Eppure il primo dei segretari di partito che ha risposto all'invito del sindaco è stato proprio Paolo Ferrero che ieri si è recato all'Aquila per fare il punto della situazione e incontrare Cialente e i comitati cittadini. Domenica, invece, sarà la volta di Francesco Storace. «Siamo stati a fianco dei terremotati fin dal primo giorno, con le Brigate di solidarietà e offrendo sempre la nostra massima collaborazione nel proporre soluzioni giuste, ma anche nel denunciare gli errori che oggi purtroppo appaiono in tutta la loro evidenza», racconta Ferrero a fine giornata. Di politica, il sindaco Pd e il segretario comunista, non hanno parlato. Solo di come far ripartire la città, «visto che il governo non ha alcuna intenzione di ricostruirla», attacca Ferrero. «Con Cialente e i comitati - continua - è partita l'idea di una legge di iniziativa popolare da portare in parlamento; abbiamo dato la massima disponibilità a collaborare per stendere il testo e per raccogliere le firme in tutta Italia. È l'unico modo di aiutare un processo di partecipazione dal basso». L'opposizione? «Il problema non siamo noi - ribatte Ferrero - ma un Pd spaccato, che a metà è rimasto subalterno ai diktat del governo. È successo anche a livello nazionale: Pd e Idv non hanno avuto il coraggio di contrastare scelte nefaste come il piano C.a.s.e., in piena santificazione di Bertolaso. Ora bisogna avere il coraggio di andare oltre. E la cartina di tornasole sarà questa legge di iniziativa popolare. Vediamo chi la appoggerà».

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