giovedì 26 marzo 2009

contro la controinformazione, a favore dell'irrilevanza

Grazie alle recenti apparizioni di Saviano in tv e manifestazioni, torna alla ribalta il dibattito sulla controinformazione e sul narcisismo dei suoi protagonisti. Come abbiamo visto nell'articolo sottostante su Paolo Barnard, la lotta sulla controinformazione non oppone solo l'informazione "tradizionale" alla "controinformazione", ma anche i "controinformatori" gli uni agli altri, impegnati a delegittimarsi o legittimarsi solitamente in base alle proprie opinioni invece che in base al diritto di esprimere le proprie opinioni sui fatti - una volta che si sia stabilito quali siano i fatti.

Saviano è stato bersaglio di numerosa critica sia all'interno che all'esterno del mondo della "controinformazione". Lo si è criticato per essersi arricchito e per avere avuto successo, cosa che non avviene mai per giornalisti che sono vicini alle idee di chi critica; o cosa che avviene da persone piene di risentimento per non averne la stessa esposizione mediatica.

Lo si è criticato perché nella sua descrizione della camorra parla della vita quotidiana e dimentica i grandi responsabili, i politici, i capi, le manovre economiche e politiche dietro la camorra, spesso paragonandolo a personaggi quali Lirio Abbate, giornalista scortato anch'egli ma non altrettanto visibile, dimenticando due cose importantissime: la prima, che a Saviano è consentito apparire in video ed avere successo proprio perché le sue critiche sono rivolte in primo luogo a gente "quotidiana", senza faccia, e non a politici impelagati con la mafia, e che dipende da questo e non da una qualche colpa di Saviano il fatto che di Abbate non si parli ai telegiornali e che non lo si ospiti da Fabio Fazio; la seconda, che la criminalità opera a diversi livelli e che rifiutarsi di accettare l'opera di Saviano equivale a rifiutarsi di criticare un fondamentalista islamico come fondamentalista scusandolo per il retroterra culturale dal quale proviene.

Oltre al caso di Saviano, sono abbastanza emblematici i casi di Grillo e Travaglio. Qui la questione non è discutere dell'utilità o meno delle loro iniziative, quanto del modo in cui tali iniziative vengono recepite dai "contro-controinformatori". Costoro, infatti, sostengono che le iniziative suddette si riassumono in fin dei conti in qualche manifestazione inoffensiva come i vari Vaffa-Day, Piazza Navona oppure nell'acquisto di libri e dvd, ma che l'italiano medio si nasconde dietro a questi atti per una forma di autoassoluzione civica, consentendosi poi di far male e far peccato e contribuendo al declino del paese. Chiedono a gran voce che l'italiano sfoghi in ben altra, più costruttiva maniera le sue indignazioni, dimenticandosi naturalmente che il problema non risiede negli italiani che manifestano in maniera poco appropriata, quanto nella mancanza di una classe politica che li rappresenti e, soprattutto, nella parte di italiani che non manifesta mai soprattutto in quanto se ne frega.

La domanda che ci si pone, allora, e che a costoro non si pone mai, è questa: ma come fare di più?
Con manifestazioni organizzate da un partito istituzionale, che so, il PD, invece che da Grillo o Travaglio? E se a organizzare la manifestazione è un partito della sinistra radicale o l'Italia dei Valori, disertarle perché i primi son fuori dal parlamento e Di Pietro si appoggia a Travaglio e Grillo? E se le manifestazioni vengono da persone autonome, tipo quelle della scuola? Centinaia di migliaia di studenti, genitori, insegnanti, universitari hanno protestato per mesi e non hanno ancora smesso di protestare. In che modo si inquadrano queste proteste nell'ottica dei contro-controinformatori? Che cosa possono fare di più le persone, oltre a manifestare il dissenso? Votare diversamente alle elezioni, certo. E non mi si dica che, se non sono rappresentate, possono fare politica attiva. Chi crede davvero che una qualsiasi lista civica non supportata da un partito o un nome famoso abbia la minima speranza di avere un minimo successo in Italia è caldamente invitato ad entrare nel team elettorale di Ralph Nader (se davanti a questo nome il vostro primo pensiero è: "chi cavolo è Ralph Nader?", allora ho dimostrato in pieno la mia argomentazione).

Altra obiezione dei contro-controinformatori è: non si parla dei problemi importanti ma si parla di cose non importanti che però soddisfano il ventre delle persone rancorose, del ceto medio che ha bisogno di un colpevole. Dicono: "sì, Travaglio parla di Berlusconi mentre il signoraggio bancario ci taglia le gambe". Dicono: "sì, Grillo se la prende coi giornali finanziati dallo Stato quando c'è la crisi economica e falliscono le aziende". E allora? Come se in una casa in cui sono passati i ladri si smettesse di dare da mangiare al gatto perché abbiamo di meglio a cui pensare? E soprattutto, come se le persone potessero risolvere i problemi del signoraggio internazionale e della crisi economica semplicemente pensandoci invece che pensando al fatto che il comune ti ha messo di fianco a casa il termovalorizzatore o la camorra ti vende le mozzarelle di bufala con la diossina.

Beppe Grillo mi sta francamente antipatico, ma mi rimane misterioso dove stia il problema di ascoltare Grillo o Travaglio (o chiunque altro se è per questo) quando parla. L'informazione si fa attingendo a tutte le fonti disponibili, verificandone l'attendibilità e soppesandone l'interpretazione dei fatti per farsi una propria opinione. Avere più voci, sfogare talvolta la propria frustrazione in una manifestazione, sicuramente non può farci male. Anche perché ciò a cui ci vogliono condannare questi contro-controinformatori, quando non è sostituirsi a costoro come nostri feticci, è condannarci all'irrilevanza. Quando non protesteremo più in pubblico, quando non faremo più manifestazioni, quando non scriveremo più sui blog e sui forum, quando invece di cercare un modo, anche viscerale, anche misero, di sfogare la rabbia e l'insoddisfazione per questa Italia, per questa società, rimarremo seduti nella nostra poltrona a covare il risentimento verso il Fondo Monetario Internazionale, ignorando le piccole mafie e i soprusi della nostra quotidianità, sui quali abbiamo il potere di agire.

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