mercoledì 20 aprile 2011
Uccide un amico, con il cadavere prepara dei ravioli e li vende
SIBERIA – Cinghiz Bubeiev, trentenne contadino del luogo, è finito alla sbarra perché il 22 febbraio scorso ha ucciso un amico durante una violenta rissa scoppiata dopo una bevuta. Con l’aiuto di un altro amico, Bubeiev ha fatto a pezzi il morto. E’ riuscito a vendere una consistente quantità del cadavere ai vicini, spacciandola per carne di cavallo. Ma la tragica vicenda non è finita qui. Ha poi tritato le parti più tenere e le ha usate per la preparazione dei pelmeni,deliziosa versione russa degli italianissimi ravioli. Dopo il pasto ha donato quelli avanzati alla mensa della parrocchia del paese.
Il piatto, nonostante il disgustoso ripieno, è stato assaggiato da un ristoratore locale che, ignaro dell’ingrediente “inusuale”, ma stupito dalla bontà e dal sapore di quei ravioli, ha prontamente proposto un incarico da chef nel proprio ristorante a Cinghiz Bubeiev. L’uomo, dopo un’iniziale indecisione, ha rifiutato la proposta affermando che ”il piatto era una specialità della sua famiglia da anni, la nonna gli aveva rivelato l’ingrediente segreto e non intendeva renderlo pubblico.“ ( tratto dalla testimonianza del ristoratore )
mercoledì 13 aprile 2011
Tredicenne violentato in gita da sette compagni di scuola
I suoi aguzzini sono i compagni di classe. Quelli con cui studia e gioca, con i quali va a fare la gita scolastica di fine anno. Tredicenni come lui. L'occasione è un viaggio in Puglia. Due giorni e due notti da incubo. Seviziato da sette compagni che lo usano per rapporti orali. Che lo minacciano, gli dicono di non dire niente a nessuno. E quando uno dei sette aguzzini ha un ripensamento, dice agli altri che è finalmente ora di smetterla, viene minacciato anche lui. Due notti da incubo nell'albergo in Puglia, lo stesso dove alloggiano i professori che hanno accompagnato in gita la terza media.
e che dovrebbero sorvegliarli. Sono loro i responsabili dei minorenni, ben otto docenti. La vittima racconta tutto ai genitori quando torna a casa. E loro, distrutti dal dolore, fanno una denuncia dettagliata alla preside, nero su bianco. Ma una settimana dopo le forze dell'ordine non sanno ancora nulla di quella violenza di gruppo. Saranno i carabinieri a cercare i genitori del ragazzo, grazie alle informazioni ricevute da conoscenti.
Sevizie di bambini su bambini. Tutti lo sanno ma nessuno parla per una settimana. Ma questo non è un ghetto di chissà quale luogo abbandonato dalla civiltà. È Posillipo e i sette aggressori come la vittima sono rampolli di famiglie bene, genitori professionisti. Tutti iscritti alla terza media della scuola Marechiaro, ultimo anno e nessuno che ha ancora compiuto quattordici anni. Tant'è che i carabinieri del luogotenente Tommaso Fiorentino, dopo aver raccolto la denuncia dei genitori, non hanno potuto far altro che consegnare al tribunale dei minori il fascicolo con i sette nomi. Ragazzi che non sono imputabili ma che ora andranno attentamente seguiti. La vittima non è per ora andata più a scuola, mentre lo stesso istituto dovrà necessariamente prendere dei provvedimenti.
Storia raccapricciante accaduta una settimana fa. L'anno scolastico è alla fine, e come sempre c'è una gita per gli alunni della terza media. La partenza per la Puglia e il ritorno sono la fotografia di una scolaresca festosa e scalmanata. Ma in questo caso i sette non pensano a giocare. Fanno sul serio. Il prescelto è il più debole del gruppo, il più mingherlino, quello che ha proprio l'aspetto di un bambino. Durante la prima notte in albergo chi dorme con lui apre la porta agli altri. Lo scuotono nel sonno, anche fin qui sembra un gioco. La vittima teme che i compagni abbiano intenzione di buttarlo sotto l'acqua gelida della doccia, oppure di spingerlo fuori dalla stanza nudo. Ma è molto peggio. Lo bloccano, lo tengono fermo a letto. In sei tutti intorno a lui, e il settimo a turno che lo costringe a un rapporto mentre gli altri lo sbeffeggiano. Inutile dibattersi, cercare di gridare. Quando l'incubo finisce la vittima viene avvertita: "Ora taci altrimenti ti facciamo passare un guaio".
La giornata dedicata alla gita sembra non finire mai, per il ragazzino violentato. Vuole solo tornare a casa, ma non parla con nessuno. Muto a testa bassa, pensa con terrore alla nuova notte che si avvicina. E puntualmente la scena si ripete. Il tredicenne esplode solo quando si ritrova di fronte i genitori, nella sua casa di Posillipo.
Racconta tutto, nei dettagli. E papà e mamma, insieme, si presentano a scuola con il tremendo racconto di quanto è successo al loro ragazzo. Si sparge la voce. Tutti sanno che è successo qualcosa di grave, ma nessuno sa esattamente cosa. È a questo punto che qualcosa si spezza. I genitori si rivolgono all'istituzione scuola, dicono tutto senza remore. Ma la denuncia dettagliata resta in un cassetto. Solo sette giorni dopo i carabinieri si presenteranno a scuola per chiedere spiegazioni. Le ottengono grazie alla divisa. Così il luogotenente Tommaso Fiorentino, con pazienza e delicatezza, contatta la famiglia del ragazzo. Si rifà tutto daccapo, una nuova denuncia che questa volta arriva sul tavolo del magistrato dei minori.
Ucciso mentre difende il figlio: quattro fermati
VENTIMIGLIA (IMPERIA) - Un idraulico di 53 anni, Walter Allavena di Ventimiglia è intervenuto per difendere il figlio da un'aggressione ed è stato ucciso a calci e pugni. L'omicidio è avvenuto nella notte in località Torri, a pochi chilometri da Ventimiglia. Con l'accusa di omicidio preterintenzionale sono stati fermati quattro romeni.
Secondo una prima ricostruzione, tutto è iniziato quando il figlio ventenne della vittima, che si trovava in compagnia di alcuni amici, ha avuto una discussione in un locale della zona - sembra a causa di un cane - con alcuni giovani romeni. Tra i ragazzi ci sarebbe stata una piccola rissa, ma poi si sarebbero allontanati. Una decina di cittadini romeni invece sono tornati indietro fino a pochi metri da casa di Allavena e hanno aggredito il ragazzo picchiandolo. Il padre del giovane, sentendo le urla, è uscito dall'abitazione ed è intervenuto per sedare il pestaggio. A quel punto gli aggressori si sarebbero accaniti contro il cinquatatreenne.
"Sono arrivati in gruppo mentre eravamo ad una festa di paese". All'uscita dal commissariato a parlare è Luigi, uno degli amici di Claudio Allavena, il figlio di Walter. "Volevano attaccar briga. - racconta Luigi - Erano ubriachi. Volevano toccare il nostro cane che si è spaventato e per questo uno di noi lo ha preso in braccio. Poi hanno iniziato a picchiarci. Ce l'avevano soprattutto con Claudio, il figlio di Walter". Poi il pestaggio, senza pietà. "Il papà di Claudio è sceso e allora sono andati addosso a lui e lo hanno picchiato".
Un parente della vittima, Sergio Cortese, racconta gli ultimi attimi: "Ho sentito le urla e mi sono precipitato per vedere cosa fosse successo, ma quando sono arrivato il corpo di mio cognato era già steso a terra". Forse nei giorni precedenti si erano verificati altri alterchi. "Erano ubriachi - dice Cortese - e non sono del paese. Ho saputo che già la settimana scorsa dei romeni avrebbero avuto dei battibecchi con mio nipote Claudio e Walter stanotte era intervenuto per portarlo via".
Tra le altre voci anche quella di Flavio Dario, intervenuto più volte per cercare di sedare la rissa "ho visto che picchiavano selvaggiamente Walter con calci e pugni. Non si fermavano. Walter è caduto a terra. Ho chiamato il 118 ed ho cercato di rianimarlo seguendo le loro indicazioni, ma non c'è stato niente da fare".
Intanto tra gli abitanti di Torri, un borgo medievale di duecento anime, c'è sgomento per quanto accaduto. In molti stamani sono arrivati davanti all'"Osteria del nonno", il locale dove era in corso la festa e fuori dal quale è iniziata l'aggressione che si è conclusa ad un centinaio di metri, sotto l'abitazione degli Allavena.
Polizia e carabinieri stanno interrogando dieci stranieri e cinque italiani, che potrebbero essere coinvolti nel pestaggio. In commissariato, anche il figlio della vittima, visibilmente sotto shock e con un occhio pesto.
I fermati sono Ciprian Marius Meuret, 32 anni; Bordano Andrei Mihut, 23; Aredelean Mihai, 19; e Sebastian Aureliano Mereut, 37, tutti residenti nella zona di Ventimiglia.
Ora, sarà l'esito dell'autopsia, che verrà fissata domani dal pm marco Zocco, a chiarire le cause del decesso.
martedì 12 aprile 2011
Botte ai bimbi e furti di merendine: a giudizio una maestra d'asilo
L'incredibile vicenda giudiziaria ha inizio nell'autunno dello scorso anno. I bimbi della scuola materna fasanese si rifiutano di andare a scuola, "la maestra ci da le botte e ci mette in castigo", raccontano ai genitori fino a quando mamme e papà, preoccupati e increduli, non pretendono di vederci chiaro. Parlano con la maestra che nega indignata ogni accusa, dopodiché chiedono l'intervento del dirigente scolastico.
La situazione rimane invariata, tanto quanto il rifiuto dei bimbi di tornare a scuola, fino a quando un gruppo di genitori non decide di denunciare chiedendo di verificare se i bambini mentano oppure no. E' a questo punto che il pm decide di piazzare in aula una microcamera nel più insospettabile dei posti, esattamente dietro il crocifisso. Le immagini ritratte dalla telecamera per quarantacinque giorni consecutivi, dall'inizio di ottobre fino a metà settembre dello scorso anno, a quanto pare non solo confermano i racconti dei bambini, ma aggravano ulteriormente l'impianto accusatorio fino a svelare le invettive razziste e gli incredibili furti di merendine.
(da qui)
Secondo l'accusa dopo aver messo in castigo i bimbi, rubava le brioche custodite nelle cartelle e le mangiava in aula sotto gli occhi degli scolaretti digiuni. Episodi ripetuti che avvenivano anche quando la 63enne imputata era in aula in compagnia di una collega. La maestra aveva messo a punto una vera e propria tecnica per sottrarre le merendine ai piccoli e ci riusciva senza far notare la cosa all'altra insegnante. Peccato veniale di fronte agli strattoni, pizzicotti e schiaffi, inflitti ai bimbi.
Ce n'è quanto basta per chiedere la sospensione d'urgenza della docente, richiesta formulata a fine novembre dal pm Montinaro, accolta senza indugio dal giudice per le indagini preliminari. Da allora la maestra 63enne a scuola non ci è mai più tornata.
I genitori denuncianti hanno annunciato nell'udienza preliminare di questa mattina che si costituiranno parte civile nel processo che verrà, al fianco dei legali Francesco Gentile e Nicola Matarrese. Il dibattimento inizia a settembre.
lunedì 11 aprile 2011
Tredicenne presa a sassate: in coma - l'ha colpita il fidanzato di 17 anni
REGGIO CALABRIA - Dramma dopo un litigio tra giovanissimi. Una ragazzina di 13 anni è ricoverata in stato di coma nell'ospedale di Reggio Calabria dopo essere stata presa a sassate alla testa dal fidanzato di 17 anni al termine di una lite per motivi sentimentali, avvenuta ieri pomeriggio all'inizio della Strada Gallico - Gambarie, dove i due ragazzi si erano recati in sella a uno scooter. La tredicenne, nel corso della notte è stata operata. Le sue condizioni sono definite molto gravi.
La ragazzina è stata portata in ospedale dal padre, nel tardo pomeriggio di ieri. I genitori della tredicenne hanno informato la squadra mobile che la figlia aveva avuto un incontro col ragazzo. Gli agenti si sono messi alla ricerca del minorenne e lo hanno rintracciato in tarda serata in un casolare lungo la strada che conduce a Gambarie nelle vicinanze della sua abitazione. Portato in Questura è stato interrogato per tutta la notte ed alla fine è stato arrestato con l'accusa di tentato omicidio.
Secondo quanto accertato dalla polizia, il ragazzo ha colpito violentemente con una pietra alla testa la ragazza, quindi le ha messo sopra una lastra di pietra per nascondere il corpo oppure, è una delle ipotesi della polizia, per farle ancora più male o per simulare una piccola frana e quindi un incidente.
La polizia ha definito il giovane un ragazzo "problematico". Era già noto alle forze dell'ordine per piccoli reati e per questo motivo ha trascorso alcuni periodi della sua vita in
alcune comunità. Attualmente vive con la famiglia.
Anche il padre è noto alla polizia, anche lui per piccoli fatti. Gli investigatori hanno comunque escluso che la famiglia del ragazzo, così come quella della tredicenne, sia legata ad ambienti della criminalità. Tramite una delle comunità presso le quali ha vissuto, il ragazzo aveva ottenuto anche un contratto alla Fiat come apprendista.
La tredicenne ed il ragazzo vivono entrambi a Gallico, una frazione a nord di Reggio Calabria. L'aggressione è avvenuta nella stessa zona, lungo la strada che da Gallico porta a Gambarie d'Aspromonte, in un'altra frazione chiamata Pettogallico che i due ragazzi hanno raggiunto a bordo di uno scooter. Le famiglie dei due ragazzi sono definite normali dagli investigatori, che hanno evidenziato come l'accaduto non sia avvenuto in un ambiente degradato.
domenica 10 aprile 2011
Morto in cella dopo il pestaggio: l'ipotesi è di istigazione al suicidio
È morto poco dopo le 13 dopo una lunga agonia Carlo Saturno, il giovane detenuto trovato appeso a un lenzuolo dagli agenti del carcere di Bari. La Procura di Bari vuole sapere con certezza quello che è accaduto in cella: nel fascicolo coordinato dai pm Isabella Ginefra e Pasquale Drago, c'è anche un episodio avvenuto il giorno prima della tragedia e relativo a un pestaggio da parte della polizia penitenziaria.
Nel pomeriggio di oggi sono scattate le perquisizioni nel carcere di Bari da parte della polizia giudiziaria su disposizione della Procura. La polizia giudiziaria sta acquisendo fascicoli e documentazione utili a ricostruire i giorni precedenti a quello che sembra essere un suicidio. Dopo la morte, la Procura ha modificato l'iscrizione del fascicolo d'inchiesta che fino a ieri era a "modello 45", cioè senza indagati nè ipotesi di reato. L'ipotesi di reato ora è per istigazione al suicidio contro ignoti. E' stata disposta l'autopsia e nelle prossime ore sarà affidato l'incarico ad un medico legale.
Da fonti giudiziarie si apprende, inoltre, che il giorno precedente al presunto suicidio, Saturno era stato arrestato in carcere, dove era detenuto per furto, in seguito ad una colluttazione con alcuni agenti di polizia penitenziaria. Nei giorni successivi, durante il coma, l'arresto era stato convalidato dal gip per i reati di resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale.
Nei giorni scorsi, i medici che lo stavano seguendo nel reparto di Rianimazione del Policlinico di Bari hanno manifestato qualche dubbio sul fatto che Carlo sia morto per asfissia dovuta al cappio del lenzuolo, da lui stesso annodato. Ma una perizia disposta dalla Procura ed eseguita dal medico legale Francesco Introna, ha stabilito che i segni intorno al collo sarebbero compatibili sia con un salto nel vuoto che con un eventuale strangolamento da parte di altri.
Le indagini non tralasciano alcun elemento, come l'episodio avvenuto il 29 marzo, quando il giovane reagì male alla comunicazione del cambio di padiglione, aggredendo un agente e ferendolo a una mano, e venendo a sua volta picchiato. A seguito di quella lite, Carlo fu messo in cella di isolamento, dove il 30 marzo si è impiccato.
A seguire il suo caso sarà ora l'avvocato Tania Rizzo, del foro di Lecce, che ha già assistito la famiglia Saturno nel processo contro nove agenti di polizia penitenziaria accusati di lesioni all'interno del carcere minorile di Lecce quando Carlo Saturno aveva solo 16 anni. "Adesso verificheremo quanto accaduto", annuncia, ma non si sbilancia in ipotesi e accuse. "Provvederemo subito a chiedere esternazioni ufficiali alla direzione del carcere di Bari e ci costituiremo nel procedimento che la Procura ha già aperto per poter seguire meglio le indagini".
L'associazione Antigone per i diritti dei detenuti intanto ieri ha fatto sapere alla famiglia Saturno che sosterrà a livello nazionale il caso. Il presidente Patrizio Gonnella aveva chiesto negli scorsi giorni un'inchiesta amministrativa e giudiziaria per accertare "quali siano state le cause del suicidio, se vi siano responsabilità dirette o indirette da parte di coloro che lo avevano in custodia, se vi è un nesso con il processo a Lecce".
Oggi intanto il caso sta suscitando numerose reazioni. Un'interrogazione parlamentare è stata rivolta al ministro della Giustizia Alfano dal parlamentare del Pd Dario Ginefra "perché vengano chiarite tutte le circostanze ed ogni eventuali responsabilità delle autorità competenti". Annunciano un'interrogazione anche i senatori del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante: "Vogliamo chiarezza, vogliamo sapere cosa succede all'interno delle carceri italiane. Non è possibile assistere impotenti ogni giorno al suicidio di detenuti, spesso giovani, che avvengono in circostanze poco chiare. Chiediamo che sia avviata un'indagine amministrativa e giudiziaria che chiarisca le cause del suicidio e accerti le responsabilità di quanti avevano in custodia Carlo Saturno".
sabato 9 aprile 2011
Razzismo, a Como: sputi e insulti su una cestista di colore del Sesto
Alla fine del match, quando le squadre stavano tornando negli spogliatoi, il gruppo di tifosi ha avvicinato l'ala bersagliandola con una raffica di sputi. Solo grazie all'intervento dei dirigenti delle due squadre la situazione non è sfociata in qualcosa di peggio. “Sono dispiaciuta per quanto accaduto, ma sono una sportiva e penso a giocare. Quanto è successo appartiene già al passato”, si limita a dire Wabara. “E' un peccato che una bella partita sia rovinata dalla presenza di gente così becera, che con lo sport non c'entra nulla. La partita andava sospesa. Non farlo è stato un errore”, ribadisce il presidente della squadra milanese.
Per il momento l'episodio è stato segnalato alla giustizia sportiva, ma presto il fascicolo potrebbe finire sulla scrivania della magistratura ordinaria. Nel frattempo sono in corso accertamenti da parte delle forze dell'ordine per individuare il gruppo composto da 15 persone che ha pesantemente insultato la giocatrice e ha poi cercato anche lo scontro fisico.
giovedì 7 aprile 2011
Dodicenne partorisce alla gita scolastica: era incinta di suo padre
Aveva destato grande scalpore in Olanda la vicenda di una ragazzina di appena dodici anni che due settimane fa ha partorito mentre era con i compagni in gita scolastica. Né la giovane studentessa e neppure i genitori si erano resi conto della gravidanza. Ora la rivelazione choc: la ragazzina è stata messa incinta da suo padre.
ANALISI DEL DNA - La ragazzina di Groningen aveva cominciato ad accusare forti dolori al ventre durante una gita con gli insegnati e i compagni di scuola il 22 marzo scorso. Era stata trasportata nell'edificio più vicino dove aveva dato alla luce una bambina. Tra l'incredulità generale. I genitori avevano spiegato di non «essersi resi conto che la figlia era incinta, e che non c'erano segni esterni che evidenziassero la gravidanza». Non se n'era accorta neppure la dodicenne o i suoi amici. La ragazzina aveva appena 11 anni quando è rimasta incinta, avevano comunicato i Servizi locali per la salute pubblica in Olanda. Ora però, la storia si arricchisce di particolari inquietanti: la ragazza, iscritta alla scuola primaria, sarebbe stata messa incinta dal padre.
domenica 3 aprile 2011
Violenza sessuale a figlia: la vittima gira video col telefonino
Per essere creduta dalla madre ha girato con il telefonino un video nel quale riprendeva il padre che commetteva atti sessuali su di lei. Così, oltre a essere creduta dalla madre, una ragazzina di 14 anni ha spedito il genitore in carcere con l'accusa di violenza sessuale su minori. La vicenda è accaduta in un paese della provincia di Reggio Emilia.
La ragazzina avrebbe subito le attenzioni del padre da quando aveva 12 anni. Ne aveva parlato con la madre, ma senza essere creduta, e così avrebbe deciso di fornirle la prova, nascondendo il telefonino nel luogo dove si consumavano le molestie e riprendendo l'atto del padre. A quel punto la madre ha lasciato la casa portando con sè la ragazzina e un'altra figlia e si è trasferita in una città del centro Italia. Il padre ha vagato alcuni giorni per la provincia, cercando anche il modo di farla finita (così almeno avrebbe raccontato agli inquirenti), fino a quando è andato a denunciare la scomparsa di moglie e figlie dai carabinieri. Il suo racconto molto confusionario ha insospettito però gli investigatori.
Nel frattempo la moglie aveva presentato una denuncia in un commissariato di polizia. Le indagini sulla presunta violenza sono quindi partite dalla Squadra mobile di Roma. Quando i carabinieri reggiani sono riusciti a ritracciare a loro volta la donna, hanno appreso il motivo del suo allontanamento. Il pm Maria Rita Pantani ha così ottenuto la misura restrittiva nei confronti del padre, che da ieri si trova nel carcere di Reggio Emilia. Oggi si è svolto l'interrogatorio di garanzia. ( L'uomo, 44 anni, è comparso davanti al giudice per le indagini preliminari Antonella Siri Bentivoglio, al tribunale di Reggio Emilia, assistito dall' avvocato Domenico Noris Bucchi. Ha risposto alle domande del giudice, collaborando, e mostrandosi molto provato. I legali non hanno chiesto la revoca della misura cautelare in carcere.
Carabiniere uccide la moglie con un martello e le forbici
Un carabiniere ha ucciso la moglie nella tarda mattinata di oggi a Baricella, in provincia di Bologna. L'omicidio è avvenuto in un'abitazione di via Savena vecchia. 'appuntato Claudio Bertazzoli, da 25 anni nell'Arma, ha ucciso la convivente Camilla Auciello colpendola ripetutamente con un martello alla testa e al volto. Il corpo della donna, trovato accanto al letto in una pozza di sangue, presentava anche diverse ferite da arma da taglio al torace e all'addome. Accanto al corpo, oltre al martello, c'era un paio di forbici.
Un matrimonio in crisi. La storia tra i due era in crisi da circa tre mesi. Erano anche stati da un avvocato per decidere l'affidamento della figlia di 3 anni. Secondo i vicini la vittima, che lavorava per una ditta di catering, ultimamente era depressa e in difficoltà nella gestione della bambina.
Il delitto. Verso le 6, dopo l'ennesimo litigio, Claudio Bertazzoli, 45 anni, appuntato dell'Arma dei carabinieri, originario di Riolo Terme (Ravenna), in servizio presso l'ufficio comando di Bologna, negli uffici vettovagliamento di via Agucchi, ha ucciso la compagna Camilla Auciello, 35 anni originaria di Acquaviva delle Fonti (Bari), impiegata nella mensa Camst della Rai di Bologna. Dopo averla colpita con un martello ha continuato ad infierire sul corpo di lei con un paio di forbici. Le due armi sono state trovate accanto al cadavere steso per terra in camera da letto al primo piano dell'abitazione. Nella
villetta, ad un primo sopralluogo, non sono state trovate lettere o messaggi.
La fuga. Dopo il delitto Bertazzoli è salito sulla Bmw della compagna e si è allontanato con la bambina che al momento della tragedia dormiva nella sua stanzetta. L'ha consegnata ai suoi genitori e poi si è costituito al commissariato di Faenza (Ravenna) confessando l'omicidio. Sul posto per i rilievi del caso sono giunti i carabinieri del Sis del reparto operativo e i colleghi della stazione di Baricella. Per potere entrare nell'abitazione i militari hanno dovuto sfondare la porta-vetrata d'ingresso. Poco dopo sul posto sono giunte anche la pm di turno Maria Gabriella Tavano e il medico legale.
venerdì 1 aprile 2011
il ministro-diavolo sniffa e poi sbuffa
Salvatore Dama, Libero
“Fini, furibondo, è uscito dall’aula commentando ad alta voce: ‘Fatelo curare’. Poco più in là il finiano Fabio Granata parlottava con alcuni colleghi del Pd che avevano appena bollato La Russa come ‘un vero fascista’: ‘Macchè, ha solo cambiato pusher’”.
Sara Nicoli, Il Fatto Quotidiano
“Fini e La Russa si guardano negli occhi prima di uscire dall’Aula. ‘Non ti permetto… io non ti permetto’ sibila Fini puntando il dito. Poi uscendo ai suoi dice in maniera che tutti sentano: ‘Curatelo’”.
Paola Di Caro, Corriere della Sera
“Il numero uno della Camera, andandosene, aggiunge: ‘Fatelo curare’”.
Anna Maria Greco, Il Giornale
“In Transatlantico fischiano accuse senza rete. Fabio Granata del Fli, alludendo a La Russa, si infila in un terreno scivoloso: ‘Ha cambiato pusher’”.
Ugo Magri, La Stampa
“Nel Pdl c’è chi sostiene di aver sentito dire a Fini anche altro contro il ministro. Ma sono in molti a far riferimento esplicitamente a uno stato alterato di La Russa e all’uso di stupefacenti”.
Francesco Bei, Repubblica