(da qui)
Il reato ipotizzato, per la prima volta in un caso di incidente sul lavoro, è omicidio volontario con dolo eventuale. Chiesti 13 anni e 6 mesi per gli altri quattro dirigenti. La madre di una delle vittime si è alzata in aula e ha detto: "Ergastolo, ci vuole l'ergastolo"
La condanna a 16 anni e mezzo di reclusione dell'amministratore delegato Herald Espenhahn è stata chiesta dall'accusa al processo Thyssenkrupp. Il reato ipotizzato, per la prima volta in un caso di incidente sul lavoro, è omicidio volontario con dolo eventuale. Il pm Raffaele Guariniello ha poi chiesto la condanna a 13 anni e 6 mesi per i quattro dirigenti (Marco Pucci, Gerald Priegnitz, Raffaele Salerno e Cosimo Cafueri), e a 9 anni per un quinto, Daniele Moroni. Questi rispondevano di omicidio colposo. "La richiesta di pena avanzata per Harald Espenhahn è esagerata e assurda perché frutto di una impostazione giuridica sbagliata": così Ezio Audisio legale dell'ad della Thyssen commenta la richiesta. "Noi riteniamo - ha aggiunto Audisio - che il fatto doloso non sia per nulla sussistente e che in ragione dell'organizzazione dell'azienda e delle deleghe conferite l'ad aveva attribuito alla gestione locale responsabilità attinenti alla gestione dello stabilimento e quindi anche con riferimento ad eventuali profili colposi non riteniamo sia lui destinatario di questi profili".
"La pena chiesta è troppo bassa. Spero che i giudici l'aumentino. Gli imputati devono pagare per sette vite". Lo ha detto Grazia Rodinò, la mamma di Rosario, uno dei sette operai uccisi nell'incendio alla Thyssenkrupp. In aula, dopo la richiesta del pm, la signora ha urlato "ergastolo, ci vuole l'ergastolo". "Sono tre anni che quei bastardi si fanno il Natale tranquilli. Noi no. Noi il 24 dicembre siamo al cimitero a piangere i nostri cari - ha detto in aula un'altra parente delle vittime del rogo - se le pene non possono che essere queste bisogna andare a Roma, bisogna rivolgersi a Roma, si devono alzare le pene per chi ammazza le persone".
"Abbiamo chiesto ciò che è giusto in scienza e coscienza": ha detto il procuratore Raffaele Guariniello ai giornalisti dopo avere terminato la requisitoria al processo Thyssenkrupp. "Questa - ha spiegato il magistrato - non è una giurisprudenza nuova. Abbiamo applicato le norme della Cassazione su delle prove che, nei casi di infortuni mortali sul lavoro, in generale non sono mai emerse. La novità in effetti è che siamo davanti a una corte d'assise". Guariniello, a chi fa presente che i familiari delle vittime desideravano richieste di condanna più alte, risponde "abbiamo cercato di fare e di dare il massimo", riferendosi alla tempestività con cui sono state chiuse le indagini (meno di tre mesi) e alla velocità con cui è stato celebrato il dibattimento, che fino a oggi ha richiesto oltre ottanta udienze.
Anche per la società Thyssenkrupp, chiamata in causa come persona giuridica, ci sono state delle richieste di pena da parte del pm Raffaele Guariniello: il magistrato ha proposto una sanzione pecuniaria di un milione e mezzo di euro, l'esclusione da agevolazioni e sussidi nonché la revoca di quelli in corso e il divieto di pubblicizzare i propri prodotti per un anno. Un'altra sanzione è la pubblicazione per intero della sentenza su grandi giornali di risonanza internazionale.
-
2 commenti:
speriamo. e comunque vada non finira' qui.
Se bo ben capito il reato commesso è stato quello di aver trascurato di adeguare i sistemi di sicurezza in quanto la fabbrica doveva essere "delocalizzata" o venduta.
Anch'io penso che la pena sia modesta rispetto a quei morti.
Posta un commento