E' stata la paura di non riuscire più ad arrivare a fine mese a spingere Mario Farisano a farla finita. Da un anno era in cassa integrazione, come tutti i suoi colleghi della Nuova Renopress di Budrio, azienda che produce ricambi per auto, e il futuro lo spaventava. Due figlie da mantenere, una moglie anche lei disoccupata, Mario si arrangiava cantando la sera per i locali attorno a Molinella, ma la prospettiva di un altro anno senza un vero lavoro ieri mattina è diventata insopportabile.
Così, dopo aver accompagnato la sua bambina più piccola all' asilo, è sceso in garage, ha preso la corda per saltare della figlia e si è impiccato. A trovare l' operaio, 44 anni, arrivato dalla Basilicata nella ricca Emilia più di dieci anni fa proprio per lavorare, è stato il suo vicino di casa, altro dipendente in cassa integrazione della Renopress. Lui e il cognato di Mario sono saliti all' ultimo piano del piccolo condominio di via Fratelli Rosselli, a Marmorta, frazione di Molinella, ma non c' era nessuno.
«C' è sembrato subito strano perché la sua macchina e quella della moglie erano entrambe sotto casa. Ho suonato - racconta Gerardo - ma non rispondeva. Siamo scesi in strada e il cognato di Mario ha notato le chiavi attaccate alla serratura del garage. Ho sentito un urlo: "Si è impiccato". Quando mi sono avvicinato lui era lì». A Gerardo è toccato il compito più difficile, prendere in braccio il suo amico e stenderlo a terra. Poi quando è arrivata la moglie, Ida, che stava facendo le pulizie da una signora che abita nella stessa via, l' ha abbracc iata ed è scoppiato a piangere. «Il lavoro, solo il lavoro può aver spinto Mario a fare una cosa del genere. Certo, era preoccupato, come tutti noi, ma non avevo capito fino a questo punto».
Probabilmente, in attesa del via libera del ministero per il nuovo accordo con l' azienda, questo mese e il prossimo, Mario, come altri suoi colleghi, non avrebbe ricevuto nemmeno gli 800 euro della cassa integrazione. «Non capisco. La sua era una famiglia stupenda - continua Gerardo - la moglie lo amava e le figlie lo adoravano. Sabato era andatoa suonare qui vicino, alla "Taverna del Marchese", come fa spesso. Cantava sempre, rideva, scherzava con tutti. Insieme avremmo risolto anche questo problema, perché si è arreso?». Proprio ieri mattina, mentre i carabinieri e l' ambulanza del 118 erano già in via Rosselli, a casa dell' operaio quarantaquattrenne è arrivata una telefonata.
«Ha risposto un familiare di Mario. Era un' azienda della zona che lo contattava per un colloquio di lavoro. Lui, ovviamente aveva spedito diversi curriculum, si stava guardando intorno. E' assurdo, penso che se fosse arrivata prima quella chiamata magari Mario sarebbe ancora qui».
("la Repubblica - Bologna, 17 aprile 2010)
-
4 commenti:
Non ci sono più parole, non si riescono quasi più a contare tutte le vite perse, tutte le vite che non appaiono che non vogliono far apparire che devono stare nell'ombra...
Non si può morire in questa maniera. Rabbia e vergogna!
Storia davvero amara. E tanta rabbia per una morte così triste.
.
Poverino... non ci sono parole :-(
Grazie per il commento, CIAO!!!
Non riesco nemmeno a commentarla una notizia così... non ci riesco proprio.
Posta un commento